Perché Trump chiuderà i rubinetti Usa per l’Ucraina

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Le ultime decisioni degli Stati Uniti sull’Ucraina e gli scenari geopolitici per l’Europa. L’intervento di Francesco D’Arrigo.

Le azioni intraprese dal presidente Donald Trump per negoziare la fine della guerra in Ucraina hanno preso una piega inaspettata e dirompente. Non sono tra coloro che si oppongono al fatto che il presidente americano parli con il presidente russo, Vladimir Putin. Né sono contrario all’incontro del nuovo Segretario di Stato, Marco Rubio, con il suo omologo russo, Sergey Lavrov. Una guerra che non può essere conclusa sul campo di battaglia deve essere conclusa con un negoziato, tuttavia i colloqui di pace non vanno lontano se uno dei combattenti è escluso dalle trattative.

Gli Stati Uniti obbligano l’Ucraina alla resa strategica

Negli ultimi giorni, il presidente Trump, che inizialmente aveva usato toni abbastanza condivisibili sull’avvio delle trattative con la Russia, ha palesato i suoi veri obiettivi, e cioè far capitolare l’Ucraina. Il primo segnale di ciò che stava per accadere si è avuto durante una riunione della Nato a Bruxelles il 12 febbraio, quando il Segretario alla Difesa Pete Hegseth ha dichiarato, tra le altre cose, che: “per l’Amministrazione Trump, il ritorno ai confini precedenti al 2014 è un obiettivo irrealistico”; “gli Stati Uniti non sosterranno l’adesione dell’Ucraina alla Nato come parte di una pace negoziata” e che gli americani non avrebbero fornito garanzie di sicurezza all’Ucraina.

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Dopo l’agguato televisivo organizzato a seguito del rifiuto del presidente Zelensky di firmare l’accordo finale sulle risorse minerarie predisposto dalla Casa Bianca, che dovrebbe assegnare il 50% dei proventi delle risorse statali – tra cui terre rare, petrolio, gas e infrastrutture logistiche agli Stati Uniti, Washington ha deciso di fermare gli aiuti militari all’Ucraina, mentre continua a sferrare attacchi per delegittimare il presidente Zelensky basati sulla disinformazione, la propaganda e la realtà distorta narrata da Mosca.

L’America sta obbligando l’Ucraina ed i suoi alleati europei alla capitolazione, favorendo direttamente un nemico e aggressore, la Russia. L’America sta anche imponendo la propria decisione con la massima opacità e senza alcun coinvolgimento nelle trattative del Paese aggredito e dell’Europa, dissimulando di essere a favore della pace, ma di fatto premiando una guerra di aggressione contro una nazione innocente, negando di continuare a fornire sistemi di difesa all’Ucraina invasa e costringendola ad accettare che l’aggressore tenga il bottino conquistato militarmente. Una strategia per “fare di nuovo grande l’America” (MAGA) che fa uso di una forza eccessiva contro i propri alleati e che ha costretto L’Ucraina a cedere e dichiararsi pronta a firmare “in qualsiasi momento” l’accordo quadro per lo sfruttamento delle sue risorse naturali da parte degli Stati Uniti, malgrado l’annuncio della Casa Bianca della sospensione dell’aiuto militare americano.

Le ambizioni geopolitiche statunitensi stanno mettendo in pericolo la sicurezza europea

Il pericolo di una guerra su larga scala in Europa, con la Russia come attore scatenante, sta diventando sempre più realistico a causa dello stravolgimento della politica estera statunitense operato dal presidente Trump. Dalla fine della seconda guerra mondiale, la presenza militare degli Stati Uniti in Europa è servita sia come garante della pace che come simbolo della leadership globale americana. Tuttavia, l’amministrazione Trump sembra credere che la coesistenza pacifica tra l’Occidente e la Russia sia possibile, ignorando la natura imperiale delle politiche dell’attuale leadership russa.
Le ambizioni strategiche di Mosca mancano di logica economica e sono invece guidate da nozioni geopolitiche di potenza globale storica.

L’attuale politica estera statunitense sembra orientata ad indebolire la fiducia tra gli alleati e portare alla potenziale dissoluzione dell’Unione Europea e della Nato, un obiettivo strategico per Mosca. Crisi di fiducia sulla lealtà statunitense, alimentata anche dalla guerra economica e informativa scatenata contro tutti i propri alleati e partner, che potrebbe innescare una crisi geopolitica e militare nella regione dell’Indo-Pacifico. Mentre la leadership del Cremlino continua a operare seguendo strategie da Guerra Fredda, nutrendo una profonda frustrazione per il crollo dell’Unione Sovietica e cercando vendetta contro la leadership dell’Occidente, tutti i leader europei sono convinti che anche se si raggiungesse un cessate il fuoco con la Russia in Ucraina, Mosca non solo lo violerebbe entro brevissimo tempo, ma estenderebbe anche la sua aggressione nella regione baltica.

L’estrema urgenza imposta alle trattative dal presidente Trump si sta caratterizzando come una “resa strategica”, piuttosto che dei tipici negoziati per porre fine ad una guerra di invasione tutt’ora condotta senza sosta dalla Federazione Russa. E questo, prevedibilmente, rafforza ulteriormente la posizione della Russia. La “resa strategica” è definita come una capitolazione ordinata per ottenere qualche concessione politica dal vincitore di una guerra, di fronte alla sconfitta totale e all’occupazione.

Il motivo per cui l’America del presidente Trump la sta imponendo all’Ucraina e all’Occidente intero rimane profondamente misterioso.



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