Mancato inserimento della carta tachigrafica? È responsabile il conducente, ma anche l’azienda

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La sentenza della Cassazione di oggi (n.1802 del 25 gennaio 2025) si riferisce a un caso che riguarda in realtà un autista di autobus e quindi una società di trasporto persone. E cosa c’entra, direte voi, con l’autotrasporto su gomma? Ebbene, il legame esiste, perché la normativa e i principi espressi dalla Corte Suprema hanno valore generale e possono benissimo essere applicati anche in caso di veicoli pesanti merci.

IL FATTO

Si tratta di un caso in cui la Polizia Stradale di Lucca sanzionò un conducente di un autobus di proprietà di una società di trasporto passeggeri perché, dalle ore 6.18 alle 8.08, aveva circolato senza avere inserito la carta tachigrafica nel tachigrafo digitale, violando così l’art. 179, comma 2, del Codice della Strada. Come sicuramente sapete, tale norma recita: “Chiunque circola con un autoveicolo non munito di cronotachigrafo, nei casi in cui esso è previsto, ovvero circola con autoveicolo munito di un cronotachigrafo avente caratteristiche non rispondenti a quelle fissate nel regolamento o non funzionante, oppure non inserisce il foglio di registrazione o la scheda del conducente, è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 849 a euro 3.396“.

Il tutto quindi in maniera assolutamente identica a quella che vale per l’autista di camion usato per trasporto merci.

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L’azienda però contesta la multa e ricorre al Giudice di Pace di Lucca, affermando che il conducente non era riuscito a inserire la scheda e, a causa dell’anomalia tecnica, aveva compilato la scrittura manuale sostitutiva. Il GdP gli dà però torto e anche il successivo ricorso al Tribunale di Lucca conferma la decisione di primo grado. La società si rivolge allora in ultima istanza alla Cassazione, adducendo quattro motivi. Vediamo quali sono e se la Corte Suprema li ha ritenuti accoglibili.

LA DECISIONE

Sgombriamo il campo subito da illusioni assolutorie. La Cassazione infatti respinge tutti gli argomenti dell’azienda e la condanna al pagamento della somma sanzionata.

Secondo il primo argomento del ricorrente, infatti, il tribunale di Lucca non avrebbe valutato la mancata corrispondenza tra la norma contestata ed i fatti accaduti: il malfunzionamento dell’apparecchio non sarebbe stato imputabile alla società ricorrente; in quanto responsabilità dell’autista, e quindi si sarebbe dovuto applicare il Regolamento comunitario n. 1191/69 (e la legge 122/10), che escluderebbero ogni tipo di responsabilità del proprietario del mezzo. Questo motivo, secondo gli Ermellini, è palesemente infondato. ”Il Tribunale ha esaminato i motivi di opposizione – spiega la sentenza – ed ha ritenuto che il fatto contestato integrasse la violazione dell’art.179, comma 2, del Codice della Strada… La sentenza si sottrae al vizio di carente motivazione in quanto, ancorché in modo sintetico, consente di seguire l’iter logico giuridico che ha condotto all’affermazione della responsabilità… Infine il Tribunale ha confermato la sentenza del Giudice di pace sulla scorta del medesimo motivo”. Tutto regolare, dunque. 

Le altre tre motivazioni vengono affrontate unitariamente dalla Corte Suprema. Secondo la società ricorrente: a) il Tribunale di Lucca non avrebbe valutato la circostanza di un momentaneo malfunzionamento del tachigrafo, causate da un imprevisto non risolvibile da parte del conducente né tanto meno da parte dell’azienda; b) il Regolamento CE n. 561/2006, all’art.10, comma 3, non prevederebbe l’automatica responsabilità dell’azienda in caso di responsabilità del conducente per non aver rispettato le direttive dalla stessa impartite al riguardo; c) sarebbe mancata l’ammissione dei mezzi istruttori, richiesti ed articolati nel giudizio di primo grado e reiterati nel giudizio d’appello.

Ma tutti questi motivi sono stati dichiarati infondati dalla Cassazione, che si è rifatta a tutta una serie di sentenze in materia da parte della Corte Suprema. Esaminiamo il lungo ragionamento.

Innanzitutto è assodato  – dice la Corte – che le violazioni del Regolamento CE n. 561/2006, sia in materia di tutela di lavoratori addetti all’autotrasporto che di sicurezza stradale, sono infrazioni del Codice della Strada. E all’art.10 il Regolamento prevede che le imprese di trasporto sono responsabili per le infrazioni commesse dai rispettivi conducenti. Inoltre l’art. 174 del Codice della Strada prevede per i datori di lavoro dei conducenti sia una responsabilità per fatto proprio derivante dall’inadempimento degli obblighi che gravano su di loro, sia una responsabilità solidale per le violazioni commesse dai propri dipendenti. E questa doppia responsabilità deriva direttamente dalle prescrizioni contenute nel Regolamento CE, di cui l’art. 174 costituisce attuazione. L’obiettivo – spiega il giudice -è quello di armonizzare le condizioni di concorrenza tra i modi di trasporto terrestre, in particolare nel settore dei trasporti su strada, e di migliorare le condizioni di lavoro e la sicurezza stradale delle persone che lavorano in questo campo. È per questo che esiste l’obbligo di dotare i veicoli utilizzati principalmente per il trasporto stradale di un tachigrafo omologato, per monitorare il rispetto dei tempi di guida e di riposo da parte dei conducenti.

In questo contesto  – aggiungono gli Ermellini – si inseriscono gli obblighi che gravano sulle imprese di trasporto. Queste sono tenute, abbiamo detto, a dotare i veicoli di tachigrafo, del cui buon funzionamento sono responsabili unitamente ai conducenti, garantendone in solido il buon uso se digitali e il buon funzionamento se analogici, e anche il buon utilizzo delle carte del conducente e dei fogli di registrazione (art. 32 Reg.).

Ma non basta. Le aziende di trasporto debbono anche organizzare “l’attività dei conducenti… in modo che essi possano rispettare le disposizioni del Regolamento”. Questo significa fornire agli autisti “le opportune istruzioni”;effettuare “controlli regolari per assicurare il rispetto delle disposizioni del Regolamento”; garantire che i propri conducenti ricevano una formazione e istruzioni adeguate sul buon funzionamento dei tachigrafi, digitali o analogici; fare controlli periodici per confermare che i propri conducenti li utilizzino correttamente.

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Nel caso specifico di violazione dell’art. 179 C.d.S., sussiste la colpa del titolare della licenza o dell’autorizzazione al trasporto di cose se il veicolo ha iniziato la circolazione già con il tachigrafo non funzionante, perché appunto il titolare dell’autorizzazione deve vigilare che il veicolo sia messo in circolazione nelle condizioni prescritte dalla legge. Ma è colpa del titolare anche se il fatto che ha reso non funzionante il cronotachigrafo si è verificato nel corso della circolazione, qualora tale fatto successivo sia in qualche modo rimproverabile ad esso.

In altre parole, la circostanza che il cronotachigrafo non sia stato manomesso e che il guasto sia dovuto al caso fortuito non è sufficiente a dimostrare l’assenza della colpa. L’elemento psicologico dell’illecito può infatti esistere per il solo fatto che il conducente, pur essendo o dovendo essere consapevole dell’avaria, facendo uso dell’ordinaria diligenza, abbia ugualmente deciso di mettersi alla guida del mezzo.

L’ignoranza incolpevole è configurabile solo se si dimostra il rispetto dell’ordinaria diligenza, che consiste nel costante controllo del regolare funzionamento del cronotachigrafoe, in ogni caso, nel preventivo controllo tutte le volte che il veicolo venga messo in circolazione.

Va, infine, ribadito che, in tema di sanzioni amministrative, è richiesta la coscienza e volontà della condotta attiva o omissiva, sia essa dolosa o colposasenza che occorra la concreta dimostrazione del dolo o della colpa. Chi ha commesso il fatto è presunto colpevole e sarà lui a dover  dimostrare di aver agito senza colpa.

LE CONSEGUENZE

Sulla base di questi argomenti la Cassazione giudica corretto il lavoro del Tribunale di Lucca. Questo Tribunale aveva accertato che il veicolo aveva circolato per circa due ore senza che fosse stata inserita la carta tachigrafica nel tachigrafo digitale. A fronte di tale accertamento non erano emersi elementi idonei a provare in concreto l’assenza di colpa o il caso fortuito o la forza maggiore.

La società ricorrente – spiega ancora la Cassazione – non ha nemmeno allegato le possibili ragioni del presunto malfunzionamento temporaneo, né che il guasto si fosse risolto da sé o si fosse presentato in altre occasioni, tutte ipotesi – non provate – che avrebbero reso giustificabile la scrittura manuale sostitutiva. E il Tribunale ha sottolineato anche che la società ricorrente non ha nemmeno ipotizzato le ragioni di un’ipotetica registrazione anomala, restando la difesa limitata a mere ipotesi.

È mancata la prova, insomma, da parte dell’azienda di trasporto, di aver vigilato sul fatto che il veicolo fosse stato messo in circolazione nelle condizioni prescritte dalla legge, che il cronotachigrafo fosse funzionante e che la circostanza che lo aveva reso non funzionante si fosse verificata durante la circolazione per fatto a lei non imputabile. E, nei controlli della Municipale, era emerso senza alcun dubbio che – con riferimento all’intervallo di tempo oggetto di controllo – la carta tachigrafica non era inserita.

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Il ricorso è stato dunque rigettato e la società ricorrente condannata a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso.



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