I primi passi della Shock economy europea, finite le illusioni vendute dal Covid

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Prestito personale

Delibera veloce

 


Una terapia dello choc per cambiare l’Unione Europea in un’economia militare manipolando le paure e lo sgomento. È la strategia che ha ispirato la lettera scritta dalla presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen ai capi di stato e di governo che domani si riuniranno in un consiglio di guerra a Bruxelles.

Il primo principio della strategia è: il patto di stabilità che governa l’economia Ue si può cambiare, ma solo aumentare la spesa per le armi. Questo significa che i tagli alla spesa sociale, 12 miliardi di euro ai ministeri e agli enti locali da quest’anno in Italia, resteranno e potranno anche crescere. Tra i cinque punti del piano von der Leyen c’è l’ipotesi di destinare a cannoni e droni una quota dei fondi non assegnati per la coesione e lo sviluppo, quelli erogati alle regioni per le infrastrutture e le politiche sociali.

L’ipotesi è stato giudicata «un errore catastrofico» da Kata Tütto, presidente ungherese del comitato europeo delle regioni. Per von der Leyen è invece la soluzione: produrre armi «promuoverà lo sviluppo regionale e la crescita economica». Anche ieri il vicepresidente addetto alla questione, l’italiano Raffaele Fitto, è rimasto in silenzio. Non è il massimo passare alla storia come quello che ha pagato il pizzo ai militari con i soldi per le scuole e le case.

Finanziamenti e agevolazioni

Agricoltura

 

La Shock economy di von der Leyen rivela, una volta di più, che sono finite le illusioni di un’Europa solidale che erano state vendute durante il Covid. Allora fu varato il sostegno temporaneo contro la disoccupazione (i 100 miliardi del piano «Sure»). Poi il «Next generation Eu» da 750 miliardi che finanziano anche il Piano nazionale di ripresa e resilienza italiano (Pnrr: 194 miliardi). Nella penosa retorica da guerra fredda, basata sulla teoria della «deterrenza» militare, ieri la presidente della Commissione Europea ha spiegato che i meccanismi finanziari usati per le precedenti misure saranno applicati a beneficio di chi produce carri armati, missili e caccia. I disoccupati, i precari, i medici e gli infermieri si preparino alla guerra. L’Europa si fa con le baionette.

Va evidenziata anche una differenza rispetto al passato recente: il piano «Riarmare l’Europa» consiste in prestiti che andranno ripagati con scadenze lunghe e non anche di denaro gratuito com’è stato il caso del Next Generation Ue. Il suo importo è, in fondo, modesto. Von der Leyen vuole raccogliere 150 miliardi di euro in bond in quattro anni e garantirli con il bilancio europeo. È una cifra di poco superiore al Sure che aveva una scadenza ravvicinata. Ed è una frazione del Recovery (750 miliardi). A questi soldi saranno affiancate quelli per la difesa mobilitate dai governi dai propri bilanci. Questo è l’altro «pilastro» della proposta: la «clausola» che permette di scorporare la spesa militare dalle regole del patto di stabilità, più volte richiesta dal governo Meloni. Gli altri tre pilastri sono: lo sblocco dell’uso dei fondi pubblici per la difesa, il contributo della Banca europea per gli Investimenti (Bei) e l’ancora inesistente «unione dei capitali». Insieme dovrebbero generare «650 miliardi di euro». Da qui la cifra, apparentemente stratosferica, degli «800 miliardi di euro» sbandierata da von der Leyen.

A titolo di paragone gli Stati Uniti hanno stanziato 883 miliardi di dollari per la difesa solo quest’anno. L’Ue prospetta «800 miliardi» che non ha per i prossimi quattro. È tutto sulla carta e sembra servire più per dare una risposta a Trump e al la Nato. «È un passo nella giusta direzione ma non si tratta di una svolta – ha detto Guntram Wolff del Bruegel Institute di Bruxelles che ieri ha scritto un’analisi ed è l’autore di un rapporto problematico sui tentativi europei di rimpiazzare il sostegno americano – Non c’è nulla di serio sui fondi comunitari e sull’incentivazione degli appalti congiunti – il rilassamento del patto di stabilità può aiutare alcuni paesi ma alla fine resteranno le restrizioni per i paesi ad alto debito, come la Francia e l’Italia, che dovranno comunque prendere decisioni politiche». Vale a dire: continuare a tagliare la spesa sociale e restare commissariati dai «mercati».

Mentre l’Italia si ritroverà stretta in questa tenaglia, le sarà chiesto anche un aumento ulteriore delle spese militari. Potrebbe arrivare a 20 miliardi. Si aggiungerebbero ai 32 complessivi spesi quest’anno per tutti i comparti di difesa e sicurezza. Sempre che si voglia, e si possa, portare il Pil dall’attuale 1,5 % a oltre il 2%. Non è ancora chiaro il criterio usato per misurare questa spesa. I governi, non potranno farla crescere a dismisura. Si parla di un aumento dell’1,5% della spesa netta, un parametro stabilito dal patto di stabilità che misura il totale delle uscite pubbliche depurate da interessi sul debito, trasferimenti europei e cofinanziamenti nazionali. Ma è tutto da vedere se un simile aumento sarà sostenibile per i paesi indebitati e senza crescita come il nostro. E se saranno raccolti 257 miliardi all’anno in tutti i paesi Ue. La strada è lunga, ma la si vuole percorrere in fretta. Obiettivo: cambiare un’Europa che non è mai stata in un’altra che corre al buio.



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link

Microcredito

per le aziende