Francia, chiesto il processo per omicidio per l’agente che sparò a Nahel

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Il poliziotto che ha sparato a Nahel il 27 giugno del 2023 nella periferia di Parigi, uccidendolo e provocando una settimana di rivolte nelle periferie francesi, deve essere processato per «omicidio», ha comunicato ieri la procura di Nanterre.

Nahel era stato ucciso durante un controllo stradale a Nanterre, in periferia di Parigi. Florian M. e un altro agente di polizia gli si erano accostati e, dopo averlo minacciato e percosso attraverso il finestrino, il primo dei due gli aveva sparato a bruciapelo.

Inizialmente, gli agenti avevano professato la legittima difesa, sostenendo che Nahel aveva cercato di schiacciarli con la macchina contro un muro. La scena, tuttavia, era stata filmata da dei passanti e il video, immediatamente diffuso sui social, aveva dato il la a una settimana di mobilitazioni e di scontri di rara violenza.

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Un anno e mezzo d’indagini hanno permesso agli inquirenti di dimostrare «l’intenzione omicida» di Florian M. L’inchiesta preliminare, che si è conclusa il 2 agosto, ha stabilito che il veicolo di Nahel «non pareva rappresentare un pericolo immediato» per gli agenti, secondo la requisitoria della procura citata dall’Agence France-Presse. La nozione di «pericolo immediato» è uno dei requisiti previsti dalla legge francese per giustificare la legittima difesa, nonché una delle giustificazioni più correntemente utilizzate dagli agenti di polizia nei casi dei processi per violenze della polizia in Francia.

«Lo sparo si spiega essenzialmente con lo stato di estrema tensione» dell’agente indagato, secondo la procura, che lo accusa di non aver saputo «conservare il proprio sangue freddo» malgrado il fatto che fosse un agente «con esperienza». Secondo i magistrati, lo sparo è stato infine «una presa di rischio sconsiderata».

La decisione della procura di Nanterre «è un sollievo» per Mounia Merzouk, la madre di Nahel, ha detto ai media francesi il suo avvocato Frank Berton. Merzouk «aveva una sola paura, cioè che nel quadro della lotta per stabilire che suo figlio era stato ucciso volontariamente, si riuscisse tramite qualche operazione a evitare un rinvio dei poliziotti davanti a una corte d’assise», ha detto Berton, per il quale il gesto dell’agente «è volontario e l’intenzione di uccidere evidente».

Tale requisitoria rimane, tuttavia, un fatto più unico che raro nella lunga e sanguinolenta storia delle violenze della polizia in Francia; e sebbene non sia che l’inizio della procedura giudiziaria, ha già sollevato l’ira dei sindacati di polizia e dell’avvocato di Florian M, Laurent-Franck Liénard.

Per quest’ultimo, i magistrati di Nanterre hanno preso una decisione «lunare» che rappresenta «un’eresia completa», ha detto alla radio conservatrice Europe1. All’AFP, Liénard ha affermato che «lo sparo» del suo cliente «era perfettamente conforme al quadro legale».

Il sindacato di polizia Alliance, maggioritario nella professione e vicino all’estrema destra, che aveva qualificato come «orde selvagge» i giovani che manifestavano nel 2023, ha affermato in un comunicato il proprio sostegno «senza ambiguità» a Florian M., e ha lanciato un appello a manifestare oggi davanti a tutti i commissariati francesi.

La decisione dei magistrati francesi è «importante» per «la memoria di Nahel e di tutte le vittime di violenze della polizia», ha invece commentato sui social il deputato de La France Insoumise Thomas Portes. «Per Nahel e i suoi cari: giustizia», ha scritto dal canto suo la segretaria degli Ecologisti Marine Tondelier.

La morte di Nahel aveva provocato una sequela di rivolte in tutto il paese. Durante una settimana intera, centinaia di migliaia di giovani avevano manifestato e si erano scontrati con la polizia; centinaia di negozi erano stati saccheggiati e numerosi edifici pubblici erano stati dati alle fiamme. Il governo aveva reagito inviando i mezzi speciali a sedare i focolai di rivolta più incandescenti, imponendo un coprifuoco nazionale e scatenando una repressione giudiziaria senza precedenti.

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Dopo l’uccisione di Nahel, Florian M. era stato arrestato e messo in detenzione per cinque mesi, prima di essere confinato ai domiciliari. Nel frattempo, un crowdfunding lanciato dall’estrema destra francese a suo favore aveva raccolto più di un milione di euro.



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