La presentazione di un’istanza di condono dopo
l’emissione di un ordine di demolizione non
annulla il provvedimento ma ne sospende temporaneamente gli
effetti, che riprendono nel caso un diniego da parte
dell’Amministrazione. Situazione ancora diversa nel caso di
acquisizione al patrimonio comunale: in questo caso, gli ormai ex
proprietari non hanno nemmeno titolo per presentare la domanda.
Si tratta di concetti fondamentali in ambito di
abusi edilizi, nuovamente ribaditi dal
Consiglio di Stato con la sentenza
del 21 febbraio 2025, n. 1502, respingendo l’appello
proposto contro il diniego di condono relativo ad alcuni manufatti
abusivi sui quali era stato impartito un ordine di demolizione
e sui quali era stata accertata anche la prosecuzione dell’attività
illecita, persino dopo l’acquisizione gratuita al patrimonio
comunale.
Condono edilizio: il Consiglio di Stato sul concetto di
ultimazione delle opere
In primo grado, il TAR aveva anche ritenuto il ricorso
infondato nel merito, per mancata prova che le opere abusive, ai
fini dell’ammissione a sanatoria, fossero state già eseguite al 31
marzo 2003 almeno al rustico in tutte le strutture
essenziali, come previsto dall’art. 32, comma 25 del D.L.
n. 269/2003.
Nel valutare la questione, i giudici di Palazzo Spada hanno
ricordato che l’intervenuta presentazione della domanda di
accertamento di conformità non paralizza i poteri
sanzionatori comunali e non determina, pertanto, alcuna inefficacia
sopravvenuta o invalidità di sorta dell’ingiunzione di demolizione,
ma solo la temporanea sospensione dell’esecuzione della
sanzione.
Pertanto, con la ri-espansione degli effetti prodotti
dall’ordinanza, torna ad acquisire cogenza anche la dichiarazione
di acquisizione al patrimonio comunale, senza necessità che
sopraggiunga un ulteriore provvedimento in sostituzione del
precedente, proprio evitare che pur in presenza del rigetto
dell’istanza di sanatoria l’amministrazione debba reiterare
l’ordine di demolizione.
Non solo: l’accertamento da parte dell’amministrazione di
ulteriori lavori, oltre a provare che le opere erano state comunque
proseguite, non avrebbe permesso “di beneficiare del
trattamento di favore di cui all’art.43, comma 5 della Legge
n.47/1985”.
Il concetto di ultimazione delle opere
In riferimento al concetto di ultimazione delle opere, Il
Consiglio ha ricordato che ai sensi dell’art. 31 dlela legge n.
47/1985 (c.d. Primo Condono Edilizio):
“si intendono ultimati gli edifici “in cui sia stato
eseguito il rustico e completata la copertura, ovvero, quanto alle
opere interne agli edifici già esistenti e a quelle non destinate
alla residenza, quando esse siano state completate
funzionalmente”.
Il concetto di ultimazione, così delineato dalla norma, è stato
oggetto di chiarimento con la circolare esplicativa del Ministero
dei Lavori Pubblici n. 3357/25 del 30/7/1985 che fa riferimento
alla nozione di ultimazione del rustico
comprensiva della muratura portante o l’intelaiatura in cemento
armato e le tamponature.
L’ultimazione dei lavori rilevanti ai fini della condonabilità
delle opere edilizie abusive presuppone:
- il completamento della copertura;
- l’esecuzione del “rustico”, da intendersi come la muratura di
tamponatura priva di rifiniture.
Ancor più nel dettaglio, si è affermato che in tema
di condono edilizio, l’art. 31, comma 2, L. n. 47/1985
prevede due criteri alternativi per la verifica
del requisito dell’ultimazione, rilevante ai fini del rilascio
del condono:
- il criterio “strutturale”, che vale nei casi
di nuova costruzione; - il criterio “funzionale”, che opera, invece,
nei casi di opere interne di edifici già esistenti oppure di
manufatti con destinazione diversa da quella residenziale.
Quanto al criterio strutturale del completamento del rustico,
per edifici “ultimati”, si intendono quelli completi almeno al
“rustico”, espressione con la quale si intende un’opera mancante
solo delle finiture, infissi, pavimentazione, tramezzature interne,
ma necessariamente comprensiva delle tamponature esterne, che
realizzano in concreto i volumi, rendendoli individuabili e
esattamente calcolabili.
In riferimento al c.d. Terzo Condono Edilizio,
l’art. 32, comma 25, del D.L. n. 269/2003, individua, ai fini della
sanatoria, quale data ultima per ultimare le opere abusivamente
realizzate il 31 marzo 2003.
Nel caso di specie, non si evidenziano elementi per affermare
che a questa data le opere fossero state eseguite, considerato
un rilevo aerofotogrammetrico che ne provava la mancanza di
tompagnatura.
Mancata ultimazione opere per provvedimenti amministrativi
In riferimento all’art. 43, comma 5, della l. 47/1985 che
consente la possibilità di ottenere la sanatoria qualora le opere
non siano state ultimate per effetto di provvedimenti
amministrativi o giurisdizionali, esso si limita alle
strutture realizzate e ai lavori che siano strettamente
necessari alla loro funzionalità.
Sul tema, è da tempo consolidata in giurisprudenza una rigorosa
ricostruzione dell’espressione “opere non ultimate”:
- tali da intendersi quelle completate almeno al rustico, ossia
mancanti solo delle finiture, ma necessariamente comprensive delle
tamponature esterne che realizzano in concreto i volumi rendendoli
individuabili ed esattamente calcolabili; - tali per cui l’organismo edilizio deve aver assunto una sua
forma stabile ed una adeguata consistenza plano volumetrica, come
per gli edifici, per i quali è richiesta la c.d. ultimazione al
rustico, ossia l’intelaiatura, copertura e muri di
tamponamento.
In questo caso, il reale stato dell’immobile non consente
l’applicazione dell’art. 43, comma 5, l. 47/1985, né, quindi, di
usufruire del beneficio dallo stesso previsto.
Condono edilizio e silenzio assenso
Infine, non si può pensare alla formazione di silenzio assenso
sulla domanda di sanatoria quando non ricorrano le condizioni
richieste per l’accoglimento dell’istanza.
In materia di condono edilizio, considerate le previsioni
dell’art. 35 della L. n. 47 del 1985, solo nel caso in cui la
domanda di sanatoria edilizia presentata sia connotata dai
requisiti soggettivi e oggettivi per essere accolta, può
trovare applicazione la disciplina del silenzio-assenso.
Ne deriva che la fattispecie del silenzio assenso non si
perfeziona per il mero decorso del tempo, ove non sia
accompagnato dalla completezza della documentazione allegata
all’istanza.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link