tutto quello che Meloni “non ricorda” in tv

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Richiedi prestito online

Procedura celere

 


La premier esulta per i dati sull’occupazione ma continua ad aggirare i problemi reali come il Pil che aumenta meno delle previsioni. Il taglio delle tasse al ceto medio resta l’ennesimo annuncio senza un timing mentre Salvini continua la battaglia sul condono fiscale

Di produzione industriale nemmeno a parlarne. Giorgia Meloni preferisce tenere ancora una volta il paese reale fuori dalla porta della propaganda di palazzo Chigi. Meglio girare alla larga dalla crisi del manifatturiero italiano, evidenziata – seppur con toni fin troppo sommessi – da Confindustria, che qualche mese fa ha parlato di una situazione difficile e di «prospettive incerte».

Sono molte le cose che la premier non dice. Nell’intervista a Francesco Giorgino, nel suo programma XXI Secolo, Meloni ha scelto la comfort zone, discettando di politica estera – anche sull’onda degli eclatanti fatti internazionali – e relegando l’economia a questione ancillare. Prima dell’intervista l’Istat aveva certificato un aumento del Pil nel 2024 inchiodato allo 0,7 invece dell’1 per cento previsto dal governo. E dire che a novembre, in audizione alla Camera, il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha fatto sfoggio di raro ottimismo, annunciando delle possibili «sorprese». Ci sono state, ma in negativo.

Cessione crediti fiscali

procedure celeri

 

Meloni ha fatto finta di niente, salvo accorgersi dei dati Istat diffusi qualche ora dopo: quelli (positivi) sul tasso di disoccupazione, sceso al 6,3 per cento. «Numeri importanti», ha commentato sui propri canali social. Anche se il non detto è lo stesso dei mesi scorsi: c’è qualche posto di lavoro in più, ma l’economia è asfittica. Sintomo di una grande quota di lavoro povero. La locuzione produzione industriale è poi sempre più fuori dal vocabolario meloniano. In questo caso i numeri sono importanti per raccontare il calo inarrestabile, lungo quasi due anni (esattamente 23 mesi in attesa dei prossimi dati che l’Istat diffonderà a metà marzo).

A dicembre, ultimo mese disponibile, il crollo è stato del 7,1 per cento rispetto al dicembre dell’anno precedente, mentre su base mensile la discesa è stata del 3,1 per cento. Numeri che mettono in ginocchio quelli che erano il fiore all’occhiello del made in Italy, dall’automotive alla moda. Comparti che possono pagare un conto ancora più salato ai possibili dazi statunitensi, facendo tremare pure il settore alimentare, uno dei pochi a godere di un buon stato di salute.

Caso fisco

Sulla pressione fiscale, infine, Meloni ha indossato i panni della docente di economia. «La pressione fiscale è cresciuta perché c’è più gente che lavora», ha detto sdegnata dalle critiche delle opposizioni. Certo, guardando negli specchietti retrovisori, sembra un’altra leader rispetto a quella che, nel 2013, aveva proposto – come riportato da Pagella politica – il «tetto in Costituzione alla pressione fiscale». La proposta era di inserire nella Carta una soglia massima del 40 per cento.

Sul fisco, comunque, Meloni ha ammesso che finora non c’è stato alcun intervento a favore del ceto medio. Per questo ha promesso uno sforzo prioritario per la riduzione futura delle tasse. Solo che il punto era all’ordine del giorno già nell’ultima legge di Bilancio, rinviata poi a inizio primavera.

Ancora oggi, però, non si hanno notizie. L’unica certezza è che la Lega vorrebbe puntare sulla rottamazione delle cartelle, che non può essere realizzata – per questioni di risorse – insieme al taglio delle tasse per il ceto medio. Intanto, Matteo Salvini ha convocato le piazze per ottenere un corposo condono, ribattezzato nella sua neolingua «pace fiscale», costi quel che costi alle casse pubbliche .Non ci sono solo le tasse finite nel dimenticatoio. Tra una vacanza di divertimento a Coccia di morto e il gradimento espresso per un Festival di Sanremo «senza soloni», Meloni non ha trovato tempo e modo per raccontare gli affanni sull’attuazione del Pnrr. Resta in stand-by l’ennesima revisione già annunciata. «Sarebbe la quinta, un caso unico in Europa», dice a Domani Luca Dal Poggetto, analista dell’associazione Openpolis. «Di certo», aggiunge, «sono stati accumulati» ritardi».

Addirittura la relazione semestrale è in ritardo. Da palazzo Chigi l’obiettivo era quello di concluderla entro febbraio. È attesa ad horas. Ma resta significativo che non sia arrivata in tempo neppure questo. Proprio Openpolis ha lanciato un allarme. In questa ultima fase (da inizio gennaio scorso) vanno rispettate 235 scadenze, perché tra le varie revisioni Fitto aveva posticipato una serie di obiettivi nella parte finale. Insomma, occorre ancora tenere il piede sull’acceleratore altrimenti il pericolo è quello di deragliare.

«L’avanzamento delle opere è intorno al 30 per cento, soprattutto al Mezzogiorno c’è maggiore affanno nella realizzazione dei lavori. La commissione europea ha avuto un approccio molto benevolo», osserva ancora Dal Poggetto. Solo che tra uno slogan e l’altro, Meloni ha dimenticato di spiegarlo.

© Riproduzione riservata

Dilazione debiti

Saldo e stralcio

 



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link