Giorgia Meloni si trova da tempo in una posizione di difficile equilibrismo fra le due sponde dell’Atlantico.
A metà strada tra le mutate esigenze americane – su Ucraina e rapporti commerciali internazionali – e le posizioni, sugli stessi temi, dell’Unione Europea. Ruolo importante e contemporaneamente difficile e che potrebbe rivelarsi tanto una scommessa vincente quanto un insuccesso se non verrà raggiunto un compromesso fra tutte le parti in causa.
Lo stesso esercizio di equilibrio le è necessario anche a “casa propria”, in modo particolare con il suo “partner” di governo Matteo Salvini, che a differenza di Fratelli d’Italia, Moderati e Forza Italia sulla guerra ha sposato senza se e senza ma le posizioni di Donald Trump.
Il dossier Ucraina: “Una pace stabile serve a tutti, anche a Trump”
Meloni parte da una considerazione, sulla guerra, che è obiettivo comune di tutti. Serve una pace che preveda garanzie di sicurezza per l’Ucraina in modo che non possa tornare la guerra. È quel che serve, ribadisce Giorgia Meloni all’indomani del vertice di Londra. “I toni danno l’impressione che le posizioni siano molto distanti, ma in realtà non lo sono”. Da settimane è impegnata proprio nel cercare equilibrio tra le posizioni dell’amministrazione guidata da Donald Trump e le mosse dell’Europa. Quelle garanzie che devono essere fornite all’Ucraina per una pace duratura possono essere date da Trump e da chi gestirà i negoziati con la Russia. Intervistata nella trasmissione ‘XXI Secolo’ ammette che “la questione centrale” è come si fa a costruire una pace “stabile, duratura, io direi definitiva”. Una pace che “serve a tutti: all’Ucraina, ai paesi europei, particolarmente a quelli che si sentono minacciati giustamente dalla Russia”. E che “serve anche a Trump che è un leader forte e che chiaramente non può permettersi di siglare un accordo che qualcuno domani potrebbe violare”.
Il primo ministro italiano Giorgia Meloni lascia Lancaster House dopo il vertice sull’Ucraina, a Londra (ansa)
La mediatrice
Il ruolo che si è ritagliata Meloni, anche legato ai giudizi positivi che Trump ed il suo più stretto entourage le hanno dedicato a più riprese, è ben noto anche oltreoceano e, in attesa di programmare un nuovo viaggio a Washington (il bilaterale alla Casa Bianca non è ancora fissato in agenda ma potrebbe tenersi a fine mese o ai primi di aprile), lei torna a sottolineare che è “nell’interesse nazionale italiano evitare qualsiasi possibile frattura all’interno dell’Occidente perché ci renderebbe solamente tutti quanti più deboli”.
Per questo ha rilanciato anche a Londra la sua proposta di “incontro per parlarsi in modo franco di come si vuole affrontare le grandi sfide che Europa, Stati Uniti e l’Occidente hanno di fronte”, mentre respinge nuovamente la proposta franco-britannica di invio di soldati europei in Ucraina: “L’Italia ha espresso le sue perplessità, secondo me è molto complessa nella realizzazione, non sono convinta dell’efficacia, è la ragione per la quale, come si sa, abbiamo detto che non manderemo i soldati italiani”. sa bene che l’invio di truppe europee in Ucraina segnerebbe una posizione di “non ritorno” sia nel rapporto con gli stati Uniti che in quelle con la Russia. Insomma, non è certamente quello un atto per ricercare negoziati ma un atto di forza. Tornando alla necessità di mediazione è però anche consapevole del fatto che lo scontro in mondovisione tra Trump e Zelensky alla Casa Bianca “non ha aiutato” perché “non sono quelli dibattiti che normalmente si fanno davanti alle telecamere”.
Il fronte interno
Intanto giovedì la presidente del Consiglio volerà a Bruxelles per il Consiglio europeo straordinario. Le opposizioni l’accusano di non andare con una posizione chiara e condivisa con il Parlamento. “La linea mia è che sto con l’Italia in Europa per l’Occidente, e le letture infantili le lascio ad altri perché in questo momento non ce le possiamo permettere”. Poi ricorda il sostegno dall’opposizione di FdI al governo Draghi quando scoppiò la guerra, e domanda alle opposizioni: “Quando dite che l’Italia deve stare senza se e senza ma dalla parte dell’Europa, vorrei sapere se questo significa anche che dovremmo mandare i soldati italiani in Ucraina, come ragiona di fare la Francia, piuttosto che magari altri colleghi. Gli slogan sono bellissimi, dopodiché però agli slogan seguono delle scelte”.
ma il fronte interno non è rappresentato solo dalle opposizioni. C’è anche Matteo Salvini. A muoversi da tempo in cerca di un rapporto privilegiato con The Donald, il leader della lega e vice premier quasi quotidianamente rilancia messaggi a favore del presidente americano. Per il segretario della Lega Trump è “l’unico leader capace di portare finalmente alla pace, a differenza di un’Europa al collasso e marginale guidata da Ursula von der Leyen, Parigi e Berlino”. Una posizione che mina in qualche modo la posizione di equilibrio della Premier e dimostra una difficoltà interna nella maggioranza. Lei riesce a mantenere sulla sua posizione il suo partito ed i moderati di Lupi con Forza Italia, ma non Matteo Salvini.
Donald Trump annuncia dazi all’Europa (AFP)
L’altro dossier: i dazi
Su questo tema, che Meloni aveva già in parte affrontato col Presidente Usa nell’incontro informale a Mar-A-Lago prima del suo insediamento, pensa che si possa raggiungere un accordo che eviti l’escalation. “Il nostro interesse, come Europa, è completamente opposto a quello che sta dichiarando Trump, Sono convinta che in realtà quello che può produrre l’avvio di dazi, con una risposta europea, cioè una guerra commerciale, non convenga in realtà a nessuno, non conviene neanche agli Stati Uniti”. La premier, sul tema, si dice fiduciosa, il nodo si può “risolvere in modo positivo, con degli accordi piuttosto che avviando un’escalation. Grazie al suo rapporto privilegiato con la Casa Bianca Meloni si è ritagliata il ruolo della gestione di questa trattativa per conto di tutti.
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