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I risultati dell’ultima indagine dell’Istat sulle spese per consumi delle famiglie1 mostrano come, alla sostanziale stabilità dei livelli di povertà complessivi, corrisponda un aumento dei valori per gli stranieri. Viene così ad accentuarsi il già ampio differenziale con gli italiani, evidenziando una ormai strutturale dimensione etnica delle diseguaglianze e della povertà nel nostro paese.

I livelli di povertà

Le indagini sui livelli di reddito mostrano da anni come le famiglie con stranieri siano quelle dove è maggiore la povertà. La pandemia di Covid-19 ha contribuito ad allargare un divario già ampio che sta, per altro, continuando ad aumentare anche in questi ultimi anni caratterizzati da una favorevole congiuntura occupazionale che ha riguardato sia gli italiani che gli stranieri2. Complessivamente l’indagine Istat del 2023 ha stimato in quasi 5,7 milioni gli individui in povertà assoluta3, pari al 9,7% della popolazione. In questa condizione si trovano 1,7 milioni di stranieri «con un’incidenza individuale4 pari al 35,1%, oltre quattro volte e mezzo superiore a quella degli italiani (7,4%)» (Istat 2024, p. 5). 

L’incidenza della povertà assoluta riguarda in totale l’8,4% delle famiglie, ma arriva al 35,1% in quelle composte da tutti stranieri e scende al 6,3% quando vi sono solo italiani (Fig. 1). Tra questi ultimi il valore è rimasto lo stesso del 2022, quando si era però registrato un aumento di mezzo punto percentuale rispetto all’anno precedente. Per le famiglie con stranieri, invece, l’incidenza della povertà assoluta continua ad aumentare anche nel 2023. In maniera più contenuta nelle famiglie miste, dove arriva al 19%; in modo più sostenuto in quelle in cui vi sono solo stranieri, in cui si ha un incremento di quasi due punti percentuali. Del resto è questo il gruppo di famiglie che nell’ultimo decennio ha visto aumentare di più i livelli di povertà, passati dal 25,2% del 2014 al 35,1% del 2023, a fronte di valori che per il complesso della popolazione sono saliti dal 6,2% del 2014 all’8,4 dell’ultima rilevazione.  

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La differenza nei livelli di povertà assoluta tra italiani e stranieri è ampia in tutte le ripartizioni del paese (Fig. 2). Nel Mezzogiorno, come era lecito attendersi, si raggiungono i valori più elevati, con un’incidenza totale del 10,2%, quasi due punti in più della media nazionale, del 39,5% per le famiglie di soli stranieri e dell’8,8% per quelle completamente italiane. Il 2023 ha visto nel Mezzogiorno una diminuzione dei livelli di povertà assoluta per le famiglie italiane, dal 9,5 all’8,8%, e un aumento di quasi due punti per quelle esclusivamente straniere, dal 37,8 al 39,5%. Nel Nord e nel Centro, invece, i valori sono continuati ad aumentare sia per le famiglie italiane che per quelle straniere anche nel 2023, confermando il trend dell’anno precedente.

La sostanziale stabilità dell’incidenza della povertà tra le famiglie residenti in Italia è quindi il frutto di dinamiche differenziate tra italiani e stranieri e anche sul piano territoriale. L’aumento al Nord e al Centro indica come, anche nelle aree più dinamiche del paese, la favorevole congiuntura occupazionale non sia stata sufficiente a garantire alle fasce più deboli della popolazione di evitare la trappola della povertà5, mostrando la necessità di un adeguamento complessivo degli strumenti di intervento. 

Del resto, gli stessi dati dell’indagine Istat evidenziano quanto pesi sul fenomeno l’esistenza di ampie sacche di lavoro povero. Considerando, infatti, la condizione professionale della persona di riferimento si rileva come tra gli occupati l’incidenza della povertà assoluta arrivi nel 2023 al 4,7% tra le famiglie di soli italiani e al 34,2% in quelle composte da tutti stranieri (Tab. 1). Per quasi il 5% di italiani e per più di un terzo degli stranieri regolari avere un lavoro non è quindi una condizione sufficiente a garantire alla propria famiglia condizioni di vita dignitose. Un dato su cui bisognerebbe riflettere, anche perché le due percentuali sono negli ultimi anni aumentate, segno che la crescita dell’occupazione ha riguardato in buona misura anche lavori con retribuzioni molto basse. 

I riflessi sociali

Le ampie differenze che si registrano tra italiani e stranieri evidenziano come, all’interno della nostra società, i secondi siano ormai uno dei gruppi a più alto rischio di deprivazione economica e sociale, risultando anche più esposti alle difficoltà di natura congiunturale. Alle tradizionali linee di divisione nei livelli di benessere si è quindi aggiunto, in Italia, anche un fattore di natura etnica. Una situazione legata alle oggettive difficoltà di inserimento in un contesto nuovo e spesso profondamente diverso da quello di origine, ma anche riflesso di un modello di immigrazione che concentra il lavoro immigrato nelle mansioni alla base della scala occupazionale.

In una situazione di questo tipo la famiglia rappresenta per gli immigrati un agente essenziale di socializzazione e diventa un luogo importante di realizzazione degli stessi processi di integrazione. Gli studi effettuati hanno mostrato come i problemi principali che si trovano ad affrontare le famiglie immigrate, specie quelle in situazione economiche più disagiate, non siano molto diversi da quelli con cui si scontrano i nuclei italiani in condizioni simili: il lavoro, il reddito insufficiente, l’abitazione, i servizi per l’infanzia, l’inserimento scolastico dei figli e così via6. A tutto questo si aggiungono e si sovrappongono però ovvie difficoltà di natura culturale e linguistica che rendono più difficile l’accesso ai servizi sociali, anche perché si può generalmente contare su una rete sociale meno strutturata ed efficace di quella a disposizione delle famiglie italiane. Vanno inoltre considerati bisogni specifici, come quelli delle famiglie ricongiunte, che, specie per le persone provenienti da società e contesti fortemente tradizionali, dovrebbero fare affidamento su efficaci supporti di mediazione familiare e di sostegno alla genitorialità. Bisogna poi tener presente che l’accesso ai servizi di welfare è diversificato anche tra gli immigrati regolari, con una precisa gerarchia in base al paese di cittadinanza e alla situazione giuridica. Una scala che vede sul gradino più elevato i cittadini di un paese dell’Unione europea, pienamente equiparati agli italiani, al secondo gli stranieri con un permesso a tempo indeterminato per soggiornanti di lungo periodo, a cui la normativa comunitaria assicura un pieno accesso al welfare, al terzo i possessori di titoli di durata più breve e con minori diritti e, all’ultimo, gli irregolari a cui è assicurato solo un livello minimo di prestazioni. 

Da questo punto di vista, è significativo come nel dicembre 2023, ultimo mese di applicazione del reddito di cittadinanza, tra i nuclei percettori i richiedenti non italiani fossero 59 mila pari al 9,8% del totale7, quando secondo le stime dell’Istat le famiglie con stranieri in condizioni di povertà assoluta sarebbero state nello stesso anno 331 mila pari al 44,3% del totale. Uno scarto che dimostra la difficoltà di accesso per gli stranieri ai provvedimenti di politica sociale e, nel caso specifico, anche dall’esclusione dal beneficio di una parte consistente della popolazione immigrata, probabilmente quella con un più alto rischio di rientrare nelle fasce di disagio. Una situazione che non sembra certo rispondere agli interessi di lungo periodo di un paese in pieno tracollo demografico, in cui i percorsi di integrazione dovrebbero essere attentamente seguiti e valorizzati.

Per saperne di più

Fonte figura 1: Istat (2023), Le statistiche dell’Istat sulla povertà. Anno 2022.

Note

1 Istat (2024), Le statistiche dell’Istat sulla povertà. Anno 2023.

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2 C. Bonifazi e A. Paparusso, (2024), “Il ruolo dell’immigrazione”, in A. Rosina (a cura di), Demografia e forza lavoro in Italia, Rapporto Cnel. 

3 «Sono classificate come assolutamente povere le famiglie [e gli individui] con una spesa mensile pari o inferiore al valore della soglia di povertà assoluta (che si differenzia per dimensione e composizione per età della famiglia, per regione e per tipo di comune di residenza)» (Istat 2024, p. 9).

4 L’incidenza della povertà è data dal rapporto tra il numero di individui o famiglie con spesa media mensile per consumi pari o al di sotto della soglia di povertà e il totale degli individui o delle famiglie residenti (Ivi, p.9).

5 M. Baldini, “Se la povertà diventa una questione settentrionale”, La Voce, 26 marzo 2024.

6 M. Vitiello “Bisogni sociali e integrazione delle famiglie di origine immigrata”, in Rivista delle Politiche Sociali, 4, 2019, pp. 141-156.

7 Inps, Reddito/Pensione di Cittadinanza. Appendice statistica, gennaio 2024.

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