L’epoca della vulnerabilità | Mangialibri dal 2005 mai una dieta

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La vulnerabilità, oggi, è diventata la nuova normalità. Siamo infatti costantemente bombardati da concetti di stampo psicologico, senza essere effettivamente consapevoli di ciò che queste parole rappresentano secondo la Psicologia. Termini come “stress” o “trauma”, sono infatti oggi sulla bocca di tutti, come anche “ansia” e “depressione”; persino gli adolescenti e talvolta anche i bambini si descrivono come “ansiati” di fronte ad una semplice sfida della vita quotidiana. A forza di usarle, queste parole hanno perso la loro valenza. È il caso della parola “stress”, coniata e lautamente finanziata dalle compagnie del tabacco negli anni Cinquanta per insabbiare i danni del tabagismo, oppure delle notizie sulle terapie farmacologiche o parafarmacologiche che riempiono i banchi delle farmacie mondiali e che vengono acquistate da milioni di persone per combattere l’ansia. Dietro l’esasperazione della fragilità umana, spesso, si cela un marketing terapeutico che si autoalimenta e cresce anche grazie alla relativamente semplice individuazione e diagnosi di disturbi e patologie, tali da coprire quasi il 60% della popolazione mondiale. Solo in Italia, infatti si contano 4 milioni di perone che soffrono di disturbi mentali, nonostante i professionisti del SSN riescano ad aiutarne solo una piccolissima parte. Uno dei problemi maggiori però, sembra essere la mancanza di volontà alla cura; le persone fragili spesso infatti si percepiscono come vittime del sistema, delle difficoltà, della società stessa ma poi rifuggono il trattamento inneggiando ad un vittimismo compassionevole che alimenta una vera a propria “industria del trauma”. Gli psicologi privati in America sono ormai il doppio di dentisti e postini, mentre i bambini etichettati con diagnosi raggiungono il 40% circa della popolazione scolastica. Ma la normalità dove si colloca in questo modo? Ciò che oggi percepiamo non è più quello che si affermava qualche anno fa? Siamo vulnerabili o serviamo vulnerabili?

Gioele Cima è un ricercatore indipendente e saggista; collabora con “European Journal of Psychoanalysis” e con “Psicoterapia e Scienze Umane”. Si occupa principalmente di psicoanalisi, politica e filosofia, con particolare riferimento alle implicazioni politiche della soggettività e del linguaggio nel pensiero di Jacques Lacan. Il suo breve saggio L’epoca della vulnerabilità: come la psicologia ha invaso le nostre vite è una riflessione su come il processo di cura, inteso in forma classica, sia completamente cambiato, anche alla luce di una sostanziale variazione della percezione di noi stessi. La psicologia e la psicoanalisi così come le conosciamo dai testi storici non esistono più, perché le persone hanno spesso oltrepassato i confini della clinica, inserendo terminologia e sintomi in nuove contaminazioni: la tristezza è diventata depressione, la gestione quotidiana è diventata stress ed ogni ostacolo da affrontare diventa trauma. Alla luce di queste modifiche viene spontaneo chiedersi come affrontare la nuova vulnerabilità emotiva di persone che non intendono la cura come indispensabile a chi ne ha bisogno, ma uno status o, peggio, uno stigma per far sentire malato chi non lo è. Non è chiaro di chi sia la responsabilità di questa contaminazione e quando sia partita ufficialmente, ma siamo solo consapevoli che quelli che consideravamo i canoni di una normalità anche infantile, oggi sono oggi considerati pure illusioni. A scopo chiarificatore, Cima indica nella sua disquisizione la storia del Bosco dei Cento Acri, dove l’orso Pooh oggi verrebbe considerato il più squilibrato della sua cricca di amici animali. Presenterebbe infatti chiari sintomi di ADHD (Disturbo dell’Attenzione), ritardo mentale e ossessione per il miele (causa probabile del suo Disturbo del Comportamento Alimentare). Nessuno pare in grado di aiutarlo tra i suoi amici animali o umani, a causa delle grosse difficoltà che essi stessi presentano: l’asinello Ih-Oh sempre melanconico per la perdita della coda, il maialino Pimpi con difficoltà di gestione delle emozioni, il gufo Uffa con la sua dislessia, Tigro con una irrefrenabile iperattività e, peggiore di tutti, il suo amico umano Christopher che bivacca perennemente nei boschi, senza nessuna supervisione genitoriale, e afferma di poter parlare con gli animali mostrando anche chiari segni di identità di genere infantile. Ma come siamo giunti a questo punto e come possiamo porre rimedio a questo cambiamento? Per sapere cosa ne pensa Cima, non resta che lasciarsi incantare da queste poche pagine, ricche di spunti interessanti, citazioni ed un pizzico di amaro sarcasmo.

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