Il PM non può depositare l’atto di impugnazione a mezzo PEC

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Il PM non può depositare l’atto di impugnazione a mezzo PEC: Cass. pen. sez. III n. 2815/2025

 

La Terza sezione penale della Corte di Cassazione, con sentenza n. 2815 depositata in Cancelleria il 23 gennaio 2025, ha rigettato il ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Venezia avverso l’ordinanza del 13 settembre 2024 del Tribunale del riesame di Venezia.

 

Il caso

Con l’ordinanza del 13 settembre 2024, il Tribunale del riesame di Venezia dichiarava inammissibile l’appello cautelare avverso l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Verona del 7 agosto 2024, perché depositato dal PM a mezzo PEC, una modalità di deposito consentita solo alle parti private.

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La questione

Secondo il Procuratore ricorrente, tuttavia, l’art. 582, c. 1 cod. proc. pen. prescrive che l’atto di impugnazione sia presentato mediante deposito tramite le modalità previste dall’art. 111-bis cod. proc. pen., ossia esclusivamente con modalità telematiche. In più, richiamava gli artt. 16 e 34 del D.M. n. 44 del 2011, che regolano le comunicazioni e le notificazioni per via telematica dall’ufficio giudiziario e l’art. 3, commi 1, 7 e 8 del D.M. n. 217 del 2023 che disciplina la transizione al nuovo regime di deposito con modalità esclusivamente telematiche. Ad ogni modo, secondo il ricorrente, la modalità con cui è avvenuto il deposito è consentita dalla disciplina transitoria in vigore fino al 31 dicembre 2024 ai sensi del citato art. 3, commi 1, 7 e 8 D.M. n. 217 del 2023.

Ad avviso del difensore che insisteva sul rigetto del ricorso, invece, l’impugnazione era inammissibile poiché avvenuta con modalità – l’invio a mezzo PEC – consentita alle sole parti private. Per cui, il PM avrebbe potuto procedere all’impugnazione tramite le modalità di cui all’art. 582 cod. proc. pen., ossia tramite il deposito telematico o tramite il deposito cartaceo, ma non attraverso il deposito via PEC, essendo tale modalità consentita concessa solo al difensore fino al 31 dicembre 2024, ai sensi dell’art. 3, comma 9 del citato D.M. n. 217 del 2023.

 

La soluzione

La Corte di Legittimità ha rigettato il ricorso dopo aver riassunto sinteticamente la normativa riguardante le modalità di presentazione delle impugnazioni nella fase di introduzione del processo penale telematico.

La sezione III penale della Corte di Cassazione, in particolare, ha ritenuto evidente che la normativa vigente sino al 31/12/2024 consentisse il deposito delle impugnazioni cautelari mediante posta elettronica certificata ai soli difensori delle parti private ai sensi dell’art. 3, comma 9, D.M. n. 217 del 2023, ma non anche al Pubblico Ministero.

La Corte ha poi sottolineato che la giurisprudenza di legittimità, pronunciatasi su impugnazioni presentate via PEC dal pubblico ministero nella fase di emergenza sanitaria, ha ripetutamente affermato l’inammissibilità dell’impugnazione inviata dal pubblico ministero a mezzo PEC, in quanto l’art. 24 del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, come modificato dalla legge di conversione 18 dicembre 2020, n. 176, «consentiva tale modalità di deposito alle sole parti private, cui testualmente si riferiva la norma in esame, richiedendo anche che l’atto fosse sottoscritto con firma digitale, strumento di cui non disponevano gli uffici di Procura». I giudici di legittimità, infine, hanno sottolineato che «il testo della disposizione non lasciasse incertezze in ordine alla riferibilità del dato normativo unicamente ai difensori delle parti e non al pubblico ministero e come le riscontrate difficoltà tecniche legate alla impossibilità per gli uffici del pubblico ministero di sottoscrivere digitalmente gli atti di impugnazione avevano finito per imporre la scelta, unidirezionale, assunta con la normativa in disamina».

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