Ho provato sci alpinismo per la prima volta. Ecco come è andata

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Alle 8.30 siamo già a Morbegno, in provincia di Sondrio. Seppur la strada per raggiungere la Valtellina da Milano sia piuttosto lineare, non amo guidare, così ho chiesto a mio figlio di accompagnarmi. Lui, assieme a un amico, prosegue per la Valgerola fino a Pescegallo, una piccola stazione sciistica che da 1450 metri, tramite una seggiovia, arriva sotto la bocchetta di Salmurano a 1950 metri di altezza. Io, invece, mi fermo a Morbegno per definire un’escursione di sci alpinismo, attività che mi incuriosisce molto e che (per diversi motivi) sta riscuotendo sempre più successo. Sono molto entusiasta, ma allo stesso tempo un po’ in ansia: non infilo scarponi e sci da circa 10 anni. La montagna è sempre stata nel mio cuore e lo è tutt’ora, ma negli ultimi tempi, un po’ per pigrizia e forse un po’ per indolenza, alle salite (e discese) ho preferito la contemplazione paesaggistica in compagnia di un bombardino. La pagherò cara? Può essere, ma pervasa da un’inaspettata botta di autostima, non mi perdo d’animo. Tanto più che per l’occasione ho (addirittura) alzato l’asticella, passando al level pro: lo sci alpinismo ha caratteristiche e tecniche diverse da quelle dello sci alpino. Almeno in parte.

pinterest

luke helgeson su unslpash

“Con lo sci alpinismo si esplorano itinerari fuoripista, non tracciati, quindi esterni agli impianti sciistici, su neve fresca”, mi spiega Luca Gelmetti – maestro d’alpinismo XMountain – che mi guiderà durante la giornata, mentre in auto raggiungiamo Pescegallo, punto d’inizio dell’escursione. Mi pare di capire che questo sport sia un po’ un mix tra sci di fondo e sci alpino. Non è previsto l’uso di seggiovia & Co. ma, sci ai piedi e aiutandosi con i tipici bastoncini, si sale in quota solo con le proprie forze per poi scendere. Ok, mi sembra fattibile. Almeno lo spero. Prima di iniziare l’escursione, Luca posiziona sotto gli sci le cosiddette “pelli”, solette adesive che si estendono lungo tutta la struttura e realizzate con un materiale specifico che, migliorando il grip, agevolano la salita, ma ostacolano eventuali scivolate. Last but not least, mi viene dato il kit ARTVA, (acronimo di Apparecchio di Ricerca per i Travolti in Valanga) una radio trasmettitore che in caso di valanga permette di farsi trovare dai soccorritori. Perché, come abbiamo detto, batteremo percorsi non tracciati e la sicurezza viene prima di tutto. L’equipaggiamento di soccorso, obbligatorio quando si pratica sci alpinismo, include anche una sonda, un’asta rigida composta da elementi a incastro che si snoda fino a due metri e che consente di individuare con una discreta precisione la persona sepolta e una pala, da usare per smuovere la neve in caso di soccorso. La ARTVA si indossa tipo una borsina a tracolla, sonda e pala si stivano nello zainetto dove ho inserito anche una borraccia di acqua, barrette energetiche e della frutta secca. L’idea è quella di avvicinarci il più possibile al rifugio Salmurano, ma nel caso non dovessimo farcela (e io temo che non ce la farò) il cibo non manca.

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A questo punto, siamo pronti. Il cielo è limpido, le vette bianche di neve scintillano alla luce del sole. L’aria è fresca, respiro profondamente quasi a volerne immagazzinare il più possibile prima di tornare allo smog cittadino. La giornata è iniziata nel migliore dei modi. Sono carica e affronto il percorso con piglio deciso. Non sembro nemmeno una principiante. Peccato il primo dislivello mi porti immediatamente con i piedi per terra: non so nemmeno io come abbia fatto, ma cado. Nulla di grave, dopo qualche torsione e puntellamento, mi rimetto in pista. Proseguo, avanzo, scivolo, imparo (più o meno) le inversioni che mi permettono di risalire curve molto strette. Cado un numero indefinito di volte, ma senza mai perdermi d’animo. In fondo, il panorama è pazzesco e compensa egregiamente la fatica. Tra una chiacchiera e l’altra, Luca mi spiega quanto sia importante indossare un abbigliamento adeguato.

group of four individuals snowshoeing through a snowy landscapepinterest

paxson woelber su unsplash

“I tessuti devono proteggere dal vento mentre si sale ed espellere il calore, ma una volta arrivati in quota o se ci si ferma per un qualsiasi motivo, banalmente perché si aspetta un compagno, devono evitare che il corpo si raffreddi. I tagli, invece, devono consentire una grande libertà di movimento. Un classico pantalone da sci, per esempio, oltre a limitare la falcata impedirebbe alcuni specifici movimenti. Uno su tutti, la rotazione a 180° della gamba che abbiamo effettuato poco fa per procedere in salita”, mi spiega. In effetti, l’abbigliamento che indosso soddisfa tutte queste necessità. La giacca Free 3L PTX di Salewa, che fa parte della collezione Sella Free ideata appositamente dal brand per praticare sci alpinismo, è estremamente traspirante. Mi ha protetto dal vento, mi ha tenuto al caldo, ma senza farmi sudare eccessivamente evitando di creare quell’“ambiente” umidiccio (che non sopporto). In più, il cappuccio è compatibile con il casco, mentre una specifica tasca permette (se necessario, ma per fortuna oggi non lo è stato) di recuperare velocemente l’ARTVA. I pantaloni, sempre della collezione Sella Free, nonostante le mille cadute, mi hanno ben protetto sia dal freddo che dalla neve. Ho trovato molto comoda la zip di ventilazione sulla gamba (presente anche sulla giacca), utile per regolare l’umidità interna senza doversi necessariamente spogliare e correre il rischio di prendere una botta di freddo. Il materiale di giacca e pantaloni, oltre a essere ultra leggero quindi perfetto per la discesa, è 100% PFAS-free e realizzato in poliammide riciclata, quindi in linea con il l’impegno di Salewa a favore di una maggiore sostenibilità. E questo è sicuramente un valore aggiunto. Dimenticavo, il materiale è anche anti strappo, un dettaglio da non sottovalutare. Perché oggi sono anche riuscita a impigliarmi in un ramo uscendone però illesa (sia io e che la giacca).

La giornata è stata molto interessante. Ho imparato che lo sci alpinismo, oltre a presupporre una buona preparazione fisica (sì, si fa fatica, ma ci si diverte molto, ve lo assicuro), è una disciplina che richiede un profondo legame con la natura, a volte ostile. Abilità, equilibrio e destrezza, possono fare la differenza, esattamente come l’esperienza, che ci permette di capire l’ambiente e intercettare eventuali pericoli. Da neofiti, affidarsi a una guida esperta è sempre una buona idea. Ho apprezzato la straordinaria (e non scontata) pazienza e professionalità di Luca, il panorama meraviglioso (anche a pochi chilometri da Milano è possibile trovare angoli di paradiso) e il silenzio, di cui la vita in città ci fa troppo spesso dimenticare quanto sia piacevolmente necessario.



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