Come lo streaming ha impattato sulla musica e il cinema

Sono tanti i modi con cui si può ascoltare la musica: in televisione tramite programmi appositi, in radio, comprando CD.

Così come i film si possono guardare al cinema o comprando i DVD o i Blu-Ray, oltre che vederli tramite la televisione.

Eppure, negli ultimi anni si sono sviluppati dei modi alternativi e molto più semplici da reperire tramite cui possiamo ascoltare la musica e guardare film, tutto a portata di click.

Sto parlando delle piattaforme streaming, strumenti che hanno modificato l’intrattenimento domestico grazie al quale ci basta avere una connessione ad internet ed un dispositivo collegato ad esso per avere musica e film con una velocità incredibile.

La nascita di piattaforme streaming quali Netflix, Amazon Prime Video, Disney+ e Spotify ha contribuito alla creazione di nuovi modelli di business e ha imposto agli attori tradizionali del settore ad un adattamento rapido. Produttori cinematografici, emittenti televisive e case discografiche hanno dovuto ripensare da un giorno all’altro a come distribuire i loro contenuti, cercando di puntare maggiormente alla sottoscrizione e distribuzione digitale.

Per quanto concerne lo streaming musicale, nel 2021 l’80% della musica registrata nel Regno Unito è stata ascoltata tramite servizi di streaming ricavandone 1,1 miliardi di sterline. Tale tendenza ha portato ad un aumento significativo del consumo musicale, con oltre 138 miliardi di stream nello stesso anno.

Piattaforme come Spotify hanno anche algoritmi di raccomandazione, che hanno un ruolo cruciale nel modellare le abitudini di ascolto degli utenti. Le playlist generate algoritmicamente costituiscono il 61% dell’ascolto programmato e il 20% dei flussi totali, facilitando la scoperta di nuovi artisti e generi in modo da ampliare gli orizzonti musicali degli ascoltatori.

Nonostante gli artisti possono usufruire delle piattaforme per avere maggiore seguito, è anche vero che vi sono delle preoccupazioni da parte degli stessi per quanto concerne la compensazione. Uno studio realizzato nel 2024 dall’Università Cattolica del Sacro Cuore, in collaborazione con ItsRight, ha evidenziato che il 79,33% degli artisti riceve compensi irrisori o addirittura nulli dallo streaming, sollevando interrogativi sulla sostenibilità economica per i musicisti.

Per quanto riguarda il settore cinematografico il discorso è pressocché simile. Servizi come Netflix, Prime Video e Disney+ offrono un catalogo di film e serie TV molto ampio ed immediato, con costi spesso ridotti rispetto ai tradizionali biglietti cinematografici. Inoltre, questa scelta così vasta ha permesso al pubblico di scoprire prodotti che spesso non trovavano spazio nei circuiti cinematografici tradizionali.

Tale approccio ai film ha certamente sollevato perplessità in merito al futuro delle sale cinematografiche, la cui esperienza è molto più immersiva e difficilmente replicabile a casa, e l’ascesa dello streaming potrebbe minare l’importanza delle sale.

Per di più, il rallentamento della crescita delle piattaforme di streaming ha iniziato ad influenzare l’industria cinematografica e audiovisiva, sollevando interrogativi sulla sostenibilità a lungo termine di questo modello in quanto si stima che un’ora di video streaming generi emissioni che equivalgono a 56 grammi di carbone, paragonabili a guidare un’auto per 250 metri o usare per 6 minuti un bollitore.

Lo streaming ha, quindi, portato sicuramente dei cambiamenti significativi sia nella musica che nel cinema, fornendo vantaggi in termini di accessibilità e varietà di contenuti, ma anche delle difficoltà riguardo la compensazione degli artisti e al futuro delle esperienze tradizionali come le sale cinematografiche.

Irene Ippolito

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Immagine creata tramite IA