Quasi un maltese su cinque è a rischio di povertà ed esclusione sociale. Ma il dato più scioccante è un altro: per gli over 65, questa cifra schizza a uno su tre
. Un’emergenza silenziosa che smaschera le crepe profonde nel modello economico di Malta, mettendo in discussione la tanto decantata crescita economica dell’isola.
La corsa sfrenata al denaro ha lasciato dietro di sé un Paese diviso tra pochi privilegiati sempre più ricchi e una maggioranza che fatica a sbarcare il lunario. Non è solo una questione di politiche economiche sbagliate: è un attacco ai valori stessi della nostra società. È tempo che lo Stato cambi rotta, mettendo al centro il benessere e la dignità delle persone e puntando sul bene comune, per costruire una società davvero giusta ed equa.
Anche se il Prodotto Interno Lordo (PIL) di Malta continua a crescere senza sosta, i dati sulla distribuzione del reddito raccontano tutt’altra storia. L’indice di Gini
, che misura la disuguaglianza dei redditi, traccia un quadro preoccupante: nonostante la crescita economica, la ricchezza è distribuita in modo scandalosamente diseguale. I più colpiti? I lavoratori della fascia medio-bassa, che vedono i loro stipendi mangiati dall’inflazione e dall’impennata del costo della vita.
I numeri parlano chiaro: mentre i ricchi hanno visto il loro reddito disponibile crescere in modo vertiginoso, la maggioranza dei maltesi è costretta a stringere la cinghia. La politica non può più limitarsi a sbandierare il PIL come unico indicatore di successo: serve una strategia più ampia che metta al centro il benessere dei cittadini.
Uno dei problemi più gravi è l’aumento incontrollato del costo della vita, in particolare per quanto riguarda le abitazioni. I mutui pesantissimi stanno schiacciando la classe media, impedendo a molti di progettare un futuro. A peggiorare le cose, il ministro delle finanze ha lanciato l’allarme sul bassissimo tasso di natalità, segno che le difficoltà economiche stanno soffocando anche la speranza di creare una famiglia.
Ma c’è chi ha saputo fare di meglio. Negli anni ’70, il quarto re del Bhutan, Jigme Singye Wangchuck, aveva capito che il PIL da solo non basta per misurare la vera prosperità di un Paese. Così ha creato l’indice della Felicità Nazionale Lorda, mettendo al centro il benessere delle persone. Un modello che ha ridotto le disuguaglianze e ha tirato fuori dalla povertà migliaia di cittadini.
Anche Malta potrebbe ispirarsi a questo esempio, adottando un modello di sviluppo più completo che consideri non solo la crescita economica, ma anche la salute, l’istruzione, la sostenibilità ambientale e l’inclusione sociale. Solo così si può sperare in un progresso che sia davvero per tutti.
A complicare il quadro è l’avvento dell’automazione, dell’intelligenza artificiale (IA) e dei modelli di lavoro ibridi. Un cambiamento che sta ridisegnando il mondo del lavoro, ma che rischia di lasciare indietro chi svolge compiti essenziali, spesso pagati una miseria. Secondo un recente rapporto del World Economic Forum, entro il 2025 fino al 50% dei lavoratori avrà bisogno di riqualificarsi
per affrontare le sfide di un mercato sempre più competitivo.
I dati PISA aggiungono altra benzina sul fuoco: gli studenti maltesi sono sotto la media OCSE in lettura, scienze e matematica. Una bocciatura senza appello che fa temere per il futuro della forza lavoro maltese. La soluzione? Investire seriamente nell’istruzione, puntando su competenze digitali avanzate, capacità di risolvere problemi complessi e un’educazione che sappia adattarsi ai cambiamenti.
Ma non basta. Nonostante le iniziative del governo, la formazione continua resta il tallone d’Achille del mercato del lavoro maltese. Se vogliamo davvero un futuro migliore, dobbiamo offrire ai lavoratori opportunità concrete di aggiornarsi e migliorarsi continuamente.
In definitiva, il vero metro di misura della prosperità di Malta dovrebbe essere uno solo: il benessere delle persone. Le crescenti disuguaglianze salariali e le nuove tendenze lavorative richiedono interventi immediati da parte del governo, delle parti sociali e delle istituzioni educative. Solo così potremo sperare in un futuro più giusto e sostenibile.
E mentre le donazioni caritatevoli sono sicuramente lodevoli, lo sviluppo sostenibile si costruisce con l’impegno attivo nella comunità e con il rafforzamento degli standard etici. Il benessere autentico e il bene comune per tutti possono essere raggiunti solo attraverso questa responsabilità condivisa
.
Claudio Farrugia è membro di Catholic Voices Malta. Scrive a titolo personale. claudiofarrugia@hotmail.com
Foto: Mark Zammit Cordina
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