Palermo è la capitale italiana dei Nomadi digitali, in pratica la prima città in Italia al 22esimo posto nel mondo apprezzata per le possibilità anche turistiche che dà a chi decide di sceglierla per lo smart working, tanto che la politica regionale decide di candidarla a sede della Agenzia digitale dell’Ue.
Ma quali benefici apporta questa situazione al tessuto economico, produttivo e sociale di una città – come Palermo – che punta a diventare uno dei principali Hub dell’Innovazione nel Mediterraneo? E’ quello che abbiamo cercato di capire confrontandoci con imprenditori, professionisti – i cosiddetti stakeholder – che con i pilastri dell’innovazione e della managerialità fanno i conti ogni giorno.
Vediamo di capire bene cosa significa per Palermo essere la capitale dei “nomadi digitali” e su quali paradigmi è stata stilata la classifica.
Il report che assegna a Palermo il 20mo posto a livello mondiale come meta più ambiti di quella categoria socio professionale è stata stilata da Executive Nomad Index di Savills. Il dato conferma, seppure indirettamente, alcuni dati che erano già noti come la crescita delle imprese in città trainata proprio dalle start up. Un nuovo modo di intendere la città e le sue possibilità che sta cambiando proprio in questi anni. Bassi costi degli affitti e anche una inflazione che non morde, tra i motivi dell’attrattiva di Palermo. Ma anche una rete diffusa in modo capillare. E il lavoro di tanti che nati a Palermo hanno deciso di tornare in città dopo esperienze di lavoro all’estero. Intelligenze di ritorno.
Semilia, “Servono infrastrutture materiali ed immateriali”
Ma quale connessione esiste tra nomadi digitali e innovazione sul territorio? “Il nomadismo digitale, ma anche il solo settore digitale quando non è connesso a un sistema produttivo – è la tesi di Biagio Semilia (Innovation Island) – non garantisce un trasferimento di ricchezza al territorio”. Per fare in modo che i nomadi digitali diventino “stanziali”, continua Semilia, “Palermo deve diventare un luogo di attrazione per la formazione delle intelligenze. Si gioca tutto sulla creazione di infrastrutture materiali ed immateriali”.
Rizzolo, “Nomadi creano ricchezza per imprese non siciliane?”
Luigi Rizzolo, presidente di Sicindustria, riflette sul ruolo dei cosiddetti cervelli di ritorno: “Ben venga chi investe qui, ma ci dobbiamo chiedere se i nomadi digitali, ed anche chi ritorna qui dopo aver compiuto esperienze fuori dalla Sicilia, lavora per un dare un contributo concreto al nostro tessuto imprenditoriale o, semplicemente, sceglie di stare qui per lavorare in modalità remoto per imprese non siciliane?”
Amadore, “Senza interventi, attrattività resta valore effimero”
“A Palermo si vive bene e la città ha una sua sostenibilità implicita, al di là di alcuni problemi strutturali che si trascinano da tempo – è la tesi di Nino Amadore (corrispondente del Sole 24 Ore) – ma questa attrattività non spiega tutto. Se questa attrattività non è sostenuta da fatti e scelte concrete rischia di diventare un valore effimero”.
Balsamo, “Aziende tech hanno ridotto smart working”
C’è da essere contenti, ma non bisogna illudersi, perchè la palma di meta italiana più ambita dai nomadi digitali potrebbe rivelarsi un fuoco fatuo, senza adeguati investimenti. Perchè, se dovessero cambiare le modalità del lavoro online, il “mercato” stesso dei nomadi digitali potrebbe contrarsi. Più di un segnale arriva proprio dal mondo di chi i giovani talenti seleziona. Alessandro Balsamo (co fondatore di Develhope, la start up siciliana che lavora in partnership con Amazon) spiega che “il covid ha portato ad una accelerazione delle attività in digitale e al lavoro in smart working. Questo consentiva a molte persone di scegliere in quale luogo lavorare. Questa situazione è cambiata, le aziende tech non pensano più a selezione professionisti per lavorare in remoto. E’ un aspetto che è venuto meno”.
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