Termoli-Isernia: …e forse cercheremo ancora queste stesse emozioni altrove!

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Com’è quella storiella, con cui simpaticamente e con fine scherzoso alcune donne tacciano i propri mariti di essere incapaci di fare “due cose insieme”? Chiedo per un amico. Anzi, mi correggo: chiedo per le esimie istituzioni chiamate settimanalmente a organizzare e gestire eventi pubblici. Esattamente come questo derby, che viene anticipato al sabato per evitare la “concomitanza” con Campobasso-Ternana e, di conseguenza, evitare il rischio di trovarsi con poco personale a disposizione. Ergo: non saper fare due cose contemporaneamente, con la differenza che questo concetto qui non è ridotto a mero sfottò uomo/donna, ma elevato a cardine di molti comparti della nostra Repubblica, soprattutto in ambito gestionale. Per carità, a me personalmente va anche bene, dandomi la possibilità di godere sia della sfida del Cannarsa che di Monopoli-Altamura, la domenica. Mettiamoci poi che se questo è il prezzo da pagare per vedere i tifosi in trasferta, arrivo anche ad accettarlo, considerate le oscene assurdità con cui ormai si chiudono domenicalmente i settori ospiti.

Nota di colore: venendo dalla ridente Banja Luka (Bosnia) dove ho assistito al match di Conference tra il Borac e l’Olimpia Lubiana, mi fa un po’ ridere pensare che in linea d’aria Termoli disterebbe solo qualche centinaia di chilometri, mentre la presenza dell’Adriatico mi costringe a un lungo viaggio attraverso quattro Paesi e a bordo di due pullman e un treno. Nulla che non abbia mai fatto, ma l’adrenalina di viaggiare via terra è sempre alta, soprattutto quando si superano frontiere particolari come quelle dell’ex Jugoslavia e poi, una volta a Bologna, si sale a bordo dell’Intercity, che per me resta “il treno” in ogni sua minima definizione. Ci ho pensato fino all’ultimo se venire o meno, ma poi sono arrivato a una conclusione: il clima repressivo e proibizionista sta toccando picchi elevatissimi. Queste partite rischiano sempre di svolgersi per l’ultima volta alla presenza di entrambe le tifoserie e, di conseguenza, c’è la possibilità di non vedere più un derby nella sua totalità. Anni fa, sempre in D, assistetti a questo confronto in quel di Isernia e, ancora oggi, ne ho davvero un bel ricordo, grazie a due tifoserie calde e a una giornata davvero perfetta per un osservatore esterno come il sottoscritto. Allora sì, vale la pena serrare i ranghi, raccogliere le ultime energie di questi giorni estenuanti passati a cavallo della dorsale adriatica e mettere piede per la seconda volta sul manto verde dell’impianto termolese.

Per la cronaca, i biglietti messi a disposizione e finiti in un attimo dai tifosi isernini sono 118 – a fronte di un settore che ne potrebbe contenerne molti di più, ma che ancora osserva incomprensibilmente la stessa restrittiva capienza del periodo Covid. Nella vulgata si tende spesso – ironicamente, ma fino a un certo punto – a sottovalutare il Molise. Il che, lo dico francamente, gioca anche in favore di questa regione, dandole l’opportunità di rimanere ancorata a sé stessa e non perdere determinati tratti identitari. Questo “pregiudizio” si riversa spesso anche nel panorama ultras, non tenendo conto, tuttavia, di piazze che nel loro piccolo hanno una tradizione ormai importante, anche avendo affrontato annate difficoltose e campionati regionali dove non trovi quasi mai qualcuno con cui confrontarti o campi all’altezza. Questo per ricordare, ad esempio, che un conto è fare l’Eccellenza o la Promozione in Campania, in Puglia, in Abruzzo o nelle Marche, un altro è farla dove se ti dice bene becchi una tribuna agibile con qualche appassionato a passare la domenica. Derby come questi hanno un valore assoluto, quasi rappresentano l’essenza di ciò che rimane dell’anima ultras italiana, il confronto tra due tifoserie, due direttivi, due città, dove si lavora quotidianamente per mandare avanti la baracca e far sì che la domenica si possa ancora dare un’impronta di un certo livello, possibilmente tirandosi dietro i giovani e mantenendo profonde le radici. Cose non da poco né scontate quando si parla di zone d’Italia dove l’emigrazione è ancora importante e spesso le condizioni sociali obbligano a volgere il proprio sguardo altrove.

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Il meteo non promette nulla di buono durante il mio viaggio. Una volta arrivato nei pressi di Pescara tutta la furia di Giove Pluvio si scaglia possente, rendendo impossibile la visuale anche a pochi metri. Spero con tutto me stesso di non beccare un simile acquazzone in campo. Innanzitutto perché odio la pioggia quasi come le canzonette spacca timpani e gli speaker invasati nel pre partita, e in secondo luogo perché non è mai facile scattare in condizioni meteorologicamente avverse. Fortunatamente lo stadio di Termoli vanta due tribune coperte e, dunque, i contingenti ultras non saranno eventualmente investiti dalla pioggia. Al massimo dal vento, che nella riviera adriatica non manca mai. Dunque: per mia gioia nessun ombrello verrà aperto e l’estetica delle gradinate verrà preservata. Ironia a parte, quando arrivo a destinazione, in realtà, c’è addirittura qualche sprazzo di cielo azzurro, che fa da contrasto a un mare che definire agitato è poco. La gara è davvero sentita e quando manca un’oretta al fischio d’inizio, gli ultras termolesi già presidiano il territorio. Chiaramente lo spiegamento di forze dell’ordine è imponente: oltre a tutto il dispositivo in azione attorno al Cannarsa, da segnalare diverse camionette sparse sulla strada che i supporter pentri dovranno percorrere. Verrebbe quasi da dire: più agenti che tifosi. Ma le cose vanno così ormai, mala tempora currunt, direbbero quelli bravi.

Una volta entrato sul tartan della pista d’atletica comincio a osservare con attenzione i due settori. La Curva Marco Guida sta preparando una coreografia che sarà composta da bandierine giallorosse, mentre i ragazzi si affrettano ad attaccare pezze e striscioni. Su tutti campeggia il “nuovo” Ultras Termoli, che è andato a sostituire Termolesi. Essendo legato quasi “sessualmente” agli striscioni con la parola Ultras, non posso che approvare la scelta dei rivieraschi, che peraltro produce un effetto estetico e visivo secondo me più bello rispetto alla precedente insegna. Il Cannarsa è uno di quegli stadi talmente retrò che suscita sempre grande piacere vederlo, reso ancor più fascinoso dalla sua posizione in riva al mare, cosa forse un po’ meno poetica per gli ospiti, costretti sovente a beccarsi le folate di maestrale provenienti dalla distesa azzurra. Distesa azzurra che ogni tanto guardo curiosamente, pensando che poco più di un giorno prima ero esattamente dalla parte opposta. Nel frattempo le due squadre fanno il loro ingresso in campo e il settore di casa si colora con decine di bandierine, enfatizzate ancor più da bandieroni e stendardi. Da sempre sostengo che la miglior coreografia è quella semplice, fatta dagli elementi essenziali e primordiali per i curvaioli. Cose come bandiere e fumogeni garantiscono una riuscita al cento per cento, come in questo caso, e disegnano appieno l’essenza di una tifoseria come quella termolese, ormai ben rodata nel suo modo di tifare e approcciare alle gradinate.

A pochi minuti dall’inizio, conoscendo il modus operandi dei fantastici gestori dell’ordine pubblico, nessuno si chiede il perché i tifosi dell’Isernia non siano ancora entrati. Tanto è ovvio che il ritardo sia dovuto a controlli e blocchi arbitrari. Come volevasi dimostrare, infatti, i biancazzurri cominciano a entrare alla spicciolata, venendo prima passati al setaccio dagli agenti appostati ai cancelli e posizionandosi poi al centro del settore. A questo punto la sfida può dirsi realmente iniziata e con essa arrivano i vari sfottò che volano tra le opposte fazioni. Vado a memoria: l’ultima volta che ho visto i pentri in azione risale proprio al derby del 2013. Dodici anni fa. Da allora tanta acqua è passata sotto i ponti e le vicende sportive non sono state propriamente dalla parte di Isernia e della sua tifoseria. Considerate le minute dimensioni della città (20.000 abitanti) e gli anni gloriosi della C ormai lontani più di quattro lustri, va dato atto alla tifoseria biancazzurra di aver sempre seguito con una certa costanza e un certo modo di vivere ultras. Modo che si riflette anche nello stile che i seguaci della Serpa hanno di tifare: cori quasi sempre secchi e potenti, battimani e il colore ridotto a un paio di bandiere. Da segnalare, tra le loro fila, la presenza dei gemellati sipontini e terracinesi, che in più occasioni vengono ricordati con cori in loro favore.

Capitolo tifo: chiaramente un confronto che si basa sull’immortale diatriba pesciaioli/pecorari, non può che suscitare tutto il mio interesse. Una delle principali dispute italiane resta quella tra mare ed entroterra, rivalità che preserva davvero un fascino senza tempo e che dà (dava) spesso vita a sfottò e cori memorabili. Sempre in quel “famoso” derby di dodici anni fa, ad esempio, fece scalpore il settore ospiti ricoperto di pesce marcio dagli isernini, la sera prima. Oggi una cosa del genere forse produrrebbe arresti, daspo e un’interrogazione parlamentare, all’epoca suscitò giusto il malumore del commissariato locale ma anche l’ironia di chi guarda questo mondo con consapevolezza, prendendone anche le sue sfaccettature più folkloristiche.

Se la performance degli ospiti è di tutto rispetto, con i cori che non cesseranno fino al novantesimo, con particolare boato nel recupero, quando arriva l’insperato pari, altrettanto va detto per i tifosi termolesi. Oltre alla bellissima sbandierata – che verrà ripetuta nella ripresa – i giallorossi sostengono al meglio i propri colori, facendosi sentire e coinvolgendo a più riprese tutto il settore. Come detto in precedenza, i supporter adriatici sono ormai ben rodati in tal senso e hanno creato/ampliato un’ottima base di partecipanti, riuscendo anche ad avvicinare ragazzi, con l’intento di assicurarsi un futuro e un modo di vedere la militanza attiguo alla generazione che attualmente guida il settore. Esposti diversi striscioni contro i dirimpettai, tanto per alzare il livello del dibattito e continuare a scambiarsi “punti di vista” sul reciproco odio.

Come detto, in campo l’Isernia raggiunge il pari a tempo ormai scaduto, facendo esplodere il settore ospiti, che dopo il triplice fischio saluta i propri giocatori sulle note di “Io che amo solo te”. Delusione tra i tifosi di casa, che tuttavia applaudono i calciatori, spronandoli in vista della seconda parte del campionato e della salvezza da conquistare a ogni costo. Cominciano a scorrere i titoli di coda su questo derby, con i miei ultimi scatti e con i tifosi della Serpa che vengono fatti defluire per primi, lasciando per almeno una ventina di minuti i padroni di casa “rinchiusi” nel proprio stadio. Anche gli sfottò svaniscono e non mi resta altro che riporre l’attrezzatura, buttare l’ombrello distrutto dal vento e dalla pioggia, che – ovviamente – alla fine è caduta per buona parte della gara e guadagnare l’uscita riconsegnando la pettorina. Sono gesti di routine che tuttavia nella mia recente concezione di “vivere tutto come se fosse l’ultima occasione” acquisiscono un sapore particolare, più significativo. Il vento è tornato a soffiare prepotente e in breve tempo riporterà su Termoli nuvole cariche di pioggia, che riprenderanno a bagnare la città fino a tarda sera. La stanchezza adesso sale repentina, quasi inarrestabile, facendosi spazio nel calo di adrenalina. Fortunatamente durerà tutto una notte e l’indomani potrò riprendere il mio viaggio verso la Puglia con il favore del meteo. Anche questo derby è andato e con esso mi lascia le sue voci, le sue contraddizioni e la bellezza di un confronto dal basso, dove tante porcherie del calcio mainstream non sono ancora arrivate. Anche se sono ormai alla porta e la loro puzza si intrasente più forte del pesce marcio lasciato quella volta nel settore ospiti. Meglio dormirci su e godersi ciò che resta, quando sarà finito almeno lo potremo raccontare. E forse cercheremo (invano?) queste emozioni altrove!

Simone Meloni



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