“Più istanze giudiziarie, compreso il Tribunale federale, hanno stabilito che il loro rientro in Honduras, presso i propri genitori biologici, è esigibile e conforme al diritto federale”. Il Consiglio di Stato non fa nessun passo indietro in merito alla vicenda che vede protagonisti i tre nipotini onduregni di Marzio Mossi che dal 2016 vivono a Giornico. Il governo “è vincolato dalle norme federali e dalle decisioni giudiziarie, che hanno stabilito l’impossibilità di concedere un permesso di soggiorno”, si legge nella risposta all’interrogazione sul tema presentata dalla deputata Sara Beretta Piccoli (Verdi liberali) e firmata da una dozzina di suoi colleghi di sei partiti differenti. Interrogazione con la quale in sostanza veniva chiesto un approccio differente da quello finora usato nei vari gradi decisionali e giudicanti, che avevano escluso qualsiasi valutazione della situazione dal profilo umano. Ma l’Esecutivo cantonale taglia corto: “Il rispetto della legge non consente deroghe basate su considerazioni personali o economiche”. Più precisamente nel testo si faceva notare che da rapporti redatti dall’Ufficio dell’aiuto e della protezione e dal Servizio medico psicologico era emerso che uno sradicamento produrrebbe nei tre bambini conseguenze nefaste. Rapporti che tuttavia “non vincolano le decisioni in materia di migrazione, come stabilito dalla giurisprudenza del Tribunale amministrativo federale”, ha indicato il Consiglio di Stato.
‘Soggiorno finora tollerato in ragione dei ricorsi presentati’
Ricordiamo che Marzio Mossi ha vissuto e lavorato a lungo in Honduras, dove ha formato una famiglia. In ogni caso ha sempre mantenuto stretti legami con la Svizzera e il Ticino. Nell’aprile 2013 l’imprenditore e commerciante originario del Bellinzonese è stato assaltato in casa, selvaggiamente picchiato e minacciato di morte. Curatosi in Ticino e ripresosi, nel 2016 quando ha tentato di tornare in Honduras ha subìto ulteriori minacce e ha quindi deciso di rientrare definitivamente in Svizzera portandosi appresso anche i tre nipotini che allora avevano due, tre e quattro anni. Nipotini che da allora “non conoscono altra realtà che quella ticinese”, sottolineava Beretta Piccoli nella sua interrogazione. “Sono ben integrati e non gravano economicamente sulle casse cantonali, occupandosi Marzio Mossi del loro sostentamento e crescita”. Tuttavia, da allora non sono mai riusciti a ottenere il permesso di soggiorno. In quest’ambito sono due le decisioni definitive: quella pronunciata nel gennaio 2021 dal Tribunale federale (Tf) al termine della prima procedura di ricongiungimento familiare e caso di rigore (negati) e quella del giugno 2024 del Tribunale amministrativo cantonale (Tram) che ha confermato il diniego cantonale di proporre l’ammissione provvisoria alla Segretaria di Stato per la migrazione. In questo contesto il Consiglio di Stato ha ribadito che “il soggiorno in Ticino dei minori è stato finora tollerato esclusivamente in ragione delle procedure ricorsuali in corso, ma senza mai dar luogo al riconoscimento di un diritto di residenza”.
‘Rientro esigibile vista la ripresa dei contatti con i padri’
In sostanza nonno Marzio Mossi non chiedeva altro di far crescere i nipotini in Ticino in virtù anche dello statuto di tutore ottenuto, insieme alla moglie Claudia, dall’Autorità regionale di protezione. A questo proposito il governo ha però precisato che “l’affidamento era basato sull’assenza di contatti con i genitori biologici, una circostanza che nel frattempo è venuta meno, visto che i padri dei bambini sono rientrati temporaneamente in Svizzera e risultano ancora in contatto con i figli”. Di conseguenza, nella sua decisione del 19 giugno 2024, il Tram “ha considerato l’elemento della ripresa dei contatti tra padri e figli, confermando l’esigibilità del rientro” in Honduras.
Beretta Piccoli aveva pure chiesto lumi proprio in merito ai padri, ai quali sarebbe stato rifiutato il permesso di soggiorno, malgrado avessero già trovato lavoro oltre cinque anni fa. Il Consiglio di Stato ha però precisato che “non hanno mai presentato una domanda di permesso di soggiorno formalmente valida e conforme ai criteri della Legge federale sugli stranieri e la loro integrazione (LStrI)”. Inoltre, “le opportunità di impiego segnalate non si sono concretizzate con la documentazione necessaria”. Il governo ha anche indicato che “i padri e lo zio hanno rinunciato a chiedere la naturalizzazione agevolata, quali figli di padre svizzero”.
L’allontanamento dalla Svizzera è ‘proporzionato’
Non da ultimo, nell’interrogazione si faceva anche notare che in Honduras la situazione politica e sociale è, stando al Consiglio federale, “molto tesa”: tasso di criminalità molto elevato, bande giovanili violente, furti diffusi, aggressioni a mano armata e reati sessuali. Per il governo cantonale, sia il Tribunale amministrativo federale, sia il Tram hanno “confermato che, pur riconoscendo le difficoltà sociopolitiche in Honduras, non sussistono condizioni tali da rendere il rientro non esigibile”. Insomma, l’allontanamento dalla Svizzera è ritenuto “proporzionato e legalmente esigibile”. L’unica concessione che è stata fatta ai tre ragazzini è arrivata verso la fine dello scorso anno dalla Sezione cantonale della popolazione che ha prolungato sino al prossimo 30 giugno il diritto di soggiornare in Ticino per consentire loro di finire l’anno scolastico. Inizialmente, infatti, il termine per lasciare la Svizzera era stato fissato al 31 dicembre 2024.
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