Non molto più tardi di due anni fa, parlando della spesa sanitaria italiana in Senato, aveva ipotizzato che clima, qualità del cibo, abitudini, cioè “i prevalenti stili di vita e la cosiddetta dieta mediterranea potrebbero far sì che, in qualche modo, vi sia un minor fabbisogno complessivo”, rispetto agli altri Paesi europei. Alla prova dei fatti, però, altro che clima, cibo e ginnastica: due anni dopo il manifesto della dieta Mediterranea, la senatrice Maria Cristina Cantù presta il suo nome al tentativo leghista di assaltare il Servizio Sanitario Nazionale per dargli un taglio radicale.
Come? Nel ddl 1241, all’esame della commissione Affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato, previdenza sociale del Senato, è stato inserito un emendamento che punta a separare dalle spese sanitarie dalle spese socio assistenziali di rilievo sanitario facendole uscire dal budget della Sanità pubblica. Si tratta di tutte quelle prestazioni di cura della persona come igiene, vestizione, nutrizione, mobilizzazione che, per alcuni malati, a causa della loro gravissima patologia e/o disabilità, sono indissolubilmente connesse con le prestazioni sanitarie. “La questione è di particolare impatto economico per le prestazioni residenziali di lunga assistenza rese alle persone con disabilità grave o gravissima e anziani non autosufficienti con malattie cronico degenerative (come l’Alzheimer), che come noto necessitano di cure sia sanitarie sia assistenziali, in una unica e inscindibile soluzione“, rileva l’associazione Luca Coscioni.
L’articolo 30 della legge 730 del 1983 prevede che “per l’esercizio delle proprie competenze nelle attività di tipo socio-assistenziale, gli enti locali e le regioni possono avvalersi, in tutto o in parte, delle unità sanitarie locali, facendosi completamente carico del relativo finanziamento. Sono a carico del fondo sanitario nazionale gli oneri delle attività di rilievo sanitario connesse con quelle socio-assistenziali. Le unità sanitarie locali tengono separata contabilità per le funzioni di tipo socio-assistenziale ad esse delegate”. Ed è proprio questa norma ad essere finita nel mirino leghista. L’emendamento 13.0.400 al ddl 1241 a firma della relatrice, Cantù appunto, prevede che all’articolo 30, comma 1, della legge 730 del 27 dicembre 1983, le parole “Sono a carico del fondo sanitario nazionale gli oneri delle attività di rilievo sanitario connesse con quelle socio-assistenziali”, siano sostituite da “Sono a carico del fondo sanitario nazionale esclusivamente gli oneri delle attività di rilievo sanitario anche se connesse con quelle socio-assistenziali”.
Una sorta di interpretazione autentica di una norma del 1983, insomma. Non solo. La senatrice leghista arriva alla radice e chiede la retroattività del suo emendamento, che al comma 2 dice: “Le disposizioni di cui al primo comma si applicano anche agli eventuali procedimenti giurisdizionali in essere alla data di entrata in vigore della presente legge”. Il riferimento è ad alcuni contenziosi tra le famiglie di alcuni malati gravi e le case di cura per anziani e disabili, Rsa e Rsd, che non hanno applicato, quando dovuto, il tariffario di copertura del paziente al 100 per cento e che si sono risolti a favore del paziente seminando il panico soprattutto in Lombardia, dove l’operatore privato si sostituisce integralmente al pubblico anche in caso di contenzioso. E dove la Cantù è stata assessore alla famiglia nella giunta Maroni con delega, tra il resto, ai servizi sociosanitari.
“Nella speranza di fermare i contenziosi in atto, si stravolge, con un cavillo di interpretazione autentica, una delle molte leggi che da circa cinquant’anni affermano il principio, in violazione del principio di separazione dei poteri”, commenta ancora l’associazione Coscioni rilevando come “con la proposta all’esame della Commissione sanità del Senato si affrontano i problemi del SSN in modo parziale e parcellizzato, senza preoccuparsi di disegnare una politica di sanità e di salute per il paese. Vengono esaminati singoli settori o problemi specifici al di fuori di una analisi del sistema sanitario generale, dei suoi equilibri, delle sue interazioni e del suo sviluppo ragionato e coordinato. Nel frattempo il ruolo di indirizzo e di controllo del Ministero della Salute è sempre più spento, rassegnato a fare da “mediatore” dei tanti interessi presenti nella sanità (a livello nazionale e regionale)”.
Aduc dal canto suo fa notare come “si agisce non già sulle molte e più importanti norme che stabiliscono il principio su indicato che si vuol modificare, mettendo così mano all’intera disciplina contenuta su svariate norme stratificate, ma si prova a modificare (rectius a “applicare retroattivamente ai giudizi in corso”), una legge finanziaria del 1983 che rappresenta una sola (e nemmeno appunto -sistematicamente – la più solida) delle varie leggi che regolano l’articolata materia, non risolvendo, quindi, un granché e alimentando un grande caos“.
Maria Grazia Breda della Fondazione promozione sociale, poi, sottolinea l’estemporaneità dell’azione legislativa, rilevando come siamo davanti a un articolo “infilato” in un provvedimento di tutt’altro tenore, “che introdurrebbe modifiche all’impianto complessivo della sanità italiana, con la pretesa di intervenire retroattivamente su procedimenti legali già avviati; oltretutto per come è formulato il testo, potrebbe essere esteso a case di cura e ospedali, oltre che non intervenire in alcun modo sull’inadeguatezza della quota sanitaria la 50% per quei malati che necessitano di maggiore tutela sanitaria”.
Il testo della legge, che nominalmente riguarda le Misure di garanzia per l’erogazione delle prestazioni sanitarie, è atteso in aula tra due settimane. I parlamentari del Movimento 5 Stelle delle Commissioni Affari sociali di Camera e Senato e la senatrice M5S Elisa Pirro hanno presentato un emendamento soppressivo dell’emendamento leghista, definendo quest’ultimo “meschino e cinico, semplicemente vergognoso. Si tratta anche, però, dell’ennesima conferma dell’idea di sanità e di assistenza ai più fragili che ha questa destra: meno pubblico e più privato, ma soprattutto più costi per chi soffre e per chi assiste i propri cari”.
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