Ecco come le elezioni in Germania cambieranno (forse) l’Europa. Girotondo di esperti

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Un nuovo ruolo per la Germania

di Catherine De Vries, IEP@BU

L’Unione europea dovrà adattarsi rapidamente a questa nuova realtà. Quale sarà il ruolo della Germania, il suo membro più grande, dopo le elezioni di domenica?

Nonostante i notevoli guadagni dell’estrema destra di Alternative für Deutschland (AfD), è probabile che si formi un governo di coalizione tra i cristiano-democratici e i socialdemocratici guidati da Friedrich Merz.

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Nel dibattito post-elettorale in TV, Merz ha chiarito che l’Europa deve prendere in mano la situazione. “La mia assoluta priorità è rafforzare l’Europa il più rapidamente possibile, affinché possiamo gradualmente diventare indipendenti dagli Stati Uniti.” Parole forti per un politico che si era sempre definito transatlantista.

Resta da vedere come Merz raggiungerà questo obiettivo, ma è evidente che intende restituire alla Germania un ruolo guida in Europa.

Negli ultimi anni è mancata una leadership tedesca forte. Mentre Parigi e Varsavia hanno assunto posizioni sempre più assertive sulla sicurezza europea, Berlino è rimasta eccessivamente prudente.

Dopo l’attacco russo all’Ucraina, il cancelliere Olaf Scholz aveva parlato di una Zeitenwende, un punto di svolta nella politica tedesca, ma in realtà si è fatto ben poco.

Dalla fine della Seconda guerra mondiale, la Germania ha investito relativamente poco nelle capacità militari per motivi storici. Sotto l’ombrello della NATO e il forte partenariato con gli Stati Uniti, questo non era visto come un problema. Ora, però, le conseguenze di questa scelta si stanno manifestando.

La scorsa settimana, il settimanale tedesco Der Spiegel titolava sul rapporto tra Germania e Stati Uniti: “Traditi: prima Zelensky, ora noi?”

La Germania si trova ora di fronte a una dura realtà. Il paese dovrà non solo aumentare drasticamente la sua capacità militare, forse anche schierare truppe in Ucraina, ma dovrà anche trovare i fondi per farlo.

Ciò richiederà una revisione del Schuldenbremse, il vincolo costituzionale sul debito pubblico per il governo federale e gli stati federati. Merz

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ha annunciato che queste rigide regole di bilancio potrebbero essere modificate, ma il percorso per farlo sarà complesso.

Buone notizie per l’Europa

di Jana Puglierin, direttrice di ECFR Berlino

Il risultato elettorale di domenica è una buona notizia per l’Europa. Friedrich Merz ha l’opportunità di formare una coalizione stabile con l’SPD. Ha più volte sottolineato di vedere la Germania come una potenza guida in Europa e, durante la campagna elettorale, ha già instaurato stretti contatti con i governi polacco, francese e di altri paesi europei. Sembra riconoscere l’entità delle sfide e vede la Germania come uno Stato chiave per affrontarle.

È fondamentale che riesca ora a mobilitare le risorse finanziarie necessarie per una solida politica di sicurezza e difesa tedesca. Tuttavia, questo potrebbe rivelarsi estremamente difficile. Se vorrà allentare il freno al debito o istituire un secondo fondo speciale per la difesa, avrà bisogno dei voti dell’AfD o del Partito della Sinistra (Die Linke). Sebbene quest’ultimo sia fermamente contrario al freno al debito, è improbabile che accetti di allentarlo per finanziare spese militari.

Una coalizione nero-rossa (CDU/CSU e SPD) non comporterebbe cambiamenti radicali nel sostegno all’Ucraina. Entrambi i partiti vogliono continuare a supportare Kiev militarmente, finanziariamente e umanitariamente.

Tuttavia, il finanziamento resta un punto di tensione: l’SPD si oppone ancora a drastici tagli al bilancio sociale. Merz, in passato, si è mostrato più disposto di Scholz ad assumersi rischi maggiori in politica estera, come dimostrato dal dibattito sui missili Taurus. Tuttavia, su questo fronte, i cambiamenti saranno meno significativi di quanto molti si aspettano.

Sulla difesa troppo poco, troppo tardi

di Hans-Peter Bartels, DGAP

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I decenni di “dividendo della pace” seguiti alla fine della Guerra Fredda sono ormai storia. Gran parte dell’equipaggiamento militare tedesco è stato venduto, dismesso o smantellato. La Bundeswehr è passata da 495.000 soldati attivi (più 160.000 dell’ex NVA della Germania Est) agli attuali 180.000, ben al di sotto dell’obiettivo di 200.000.

Il numero di carri armati è crollato da 4.600 a soli 330. L’artiglieria è quasi inesistente, non c’è una difesa aerea adeguata, la flotta sottomarina è ridotta a sei unità operative e mancano droni da combattimento e sistemi anti-drone. La carenza di munizioni e pezzi di ricambio è estrema e gli aiuti militari all’Ucraina hanno ulteriormente aggravato la situazione.

La domanda su quante giornate di resistenza militare la Bundeswehr debba essere in grado di garantire rimane senza risposta: 30 giorni? 300? O tre anni? Questo dato è cruciale anche per stabilire la soglia oltre la quale ricorrere a un’eventuale deterrenza nucleare.

Sono stati avviati progetti di modernizzazione finanziati con il “fondo speciale” da 100 miliardi di euro, ma la spesa ordinaria per la difesa è rimasta bloccata a poco più di 50 miliardi l’anno (1,3% del PIL). L’obiettivo è portare il bilancio annuale della difesa a 100 miliardi di euro (2,5% del PIL), se necessario attingendo al bilancio federale.

Durante la Guerra Fredda, la Germania spendeva fino al 4% del PIL per la difesa. Se la minaccia dovesse aumentare, il ritorno a questi livelli potrebbe rivelarsi necessario. Tuttavia, sarà fondamentale evitare che l’aumento delle spese militari penalizzi il welfare e le infrastrutture.

Per rispettare gli impegni presi in sede NATO, la Bundeswehr dovrà aumentare il numero di soldati a circa 250.000 e rafforzare le forze di terra. Ciò implica la creazione di almeno cinque nuove brigate, oltre alle attuali 7,5, dotate di pieno supporto logistico e operativo.

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Questo potenziamento richiederà probabilmente il ripristino di una forma adattata di servizio militare obbligatorio e un rafforzamento delle riserve, finora trascurate.

La difesa collettiva dell’Europa richiede una riorganizzazione della Bundeswehr, spostando l’attenzione dalle missioni di peacekeeping, come in Afghanistan e Mali, a forze pronte al combattimento in tempi rapidi. Solo la presenza immediata costituisce una reale deterrenza.

Il governo Scholz ha già preso alcune decisioni strategiche fondamentali che avranno impatto nei prossimi anni:

L’acquisto del sistema antimissile israelo-americano Arrow-3 (operativo dal 2025);

L’acquisizione dei caccia F-35 per mantenere la capacità di deterrenza nucleare (dal 2026);

Il dispiegamento di missili americani a medio raggio per bilanciare le forze russe già presenti in Ucraina (dal 2026);

L’introduzione di una difesa balistica navale basata sulla tecnologia americana Aegis per la nuova classe di fregate 127 (anni ’30).

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Queste misure, pur essendo poco discusse a livello pubblico, mostrano la gravità della situazione e la volontà della Germania di rafforzare la propria difesa strategica.

A proposito del libro di Munchau, il Financial Times ha pubblicato una lunga recensione, qui un estratto

Kaput – Il grande declino della Germania

di Harold James, Financial Times

L’industria automobilistica tedesca è da tempo considerata un simbolo dello stato di salute della più grande economia europea. L’annuncio recente di Volkswagen – la maggiore casa automobilistica tedesca – di voler chiudere stabilimenti e licenziare personale è diventato rapidamente il simbolo della crisi politica ed economica della Germania e del suo futuro sempre più incerto.

Volkswagen, fondata dai nazisti e poi emblema del miracolo economico del dopoguerra, non è nuova a scandali e passi falsi strategici. Dopo lo scandalo delle emissioni truccate (dieselgate) e la trascuratezza nel passaggio alle auto elettriche, l’azienda è oggi l’emblema di tutto ciò che non funziona in Germania.

Il settore automobilistico è al centro di Kaput, l’analisi lucida e completa di Wolfgang Münchau sul declino del modello tedesco. “Non è una teoria del complotto dire che l’industria automobilistica gestisce la Germania”, scrive Münchau. “E quando il settore entra in crisi, anche il paese va in crisi.”

Nel frattempo, i tentativi di diversificare il tessuto industriale sembrano fallire. Il progetto di Intel per costruire uno stabilimento di semiconduttori a Magdeburgo, finanziato con 10 miliardi di euro di fondi pubblici, è stato bloccato perché basato su una tecnologia obsoleta. Un altro impianto previsto in Saarland da Wolfspeed e ZF è stato posticipato. E mentre la Germania fatica a innovare, si profila la possibilità di una seconda amministrazione Trump che potrebbe aumentare la pressione sul commercio europeo.

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Münchau dipinge un quadro di un sistema economico, politico e sociale disfunzionale e incapace di reagire. La Germania è a un bivio ma sembra non avere le risorse politiche e intellettuali per intraprendere una strada chiara.



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