Nicolò Fatai, 33 anni, nato e cresciuto a Milano, oggi è un pilota di American Airlines, comandante Boeing 737-800, vive a Chicago, ma il suo primo lavoro è stato pulire gli aerei in una scuola di volo a Dallas. Dopo il suo secondo volo temeva di essere licenziato. Su Instagram come @the.italianpilot è un pilota influencer con oltre 86mila follower.
«Quando avevo 16 anni la mia famiglia ed io ci siamo trasferiti da Milano a Palma di Maiorca, in Spagna. Lì ho completato le scuole superiori e poi, subito dopo, mi sono iscritto in una scuola di volo della città, dove ho seguito tutti i corsi in spagnolo. Sono diventato così pilota di volo privato che è il primo step per diventare pilota di linea».
E poi? Una volta diventato pilota di volo privato?
«Insieme alla mia fidanzata, nonché mia attuale moglie, abbiamo deciso di trasferirci negli Usa. Nel 2013 eravamo a Chicago, poi a Dallas. Mia moglie si è laureata a Chicago e oggi lavora come maestra elementare. All’epoca lei entrò subito nel mondo della scuola, mentre io continuavo a studiare per prendere altri brevetti e perfezionarmi. Vivevamo con un solo stipendio, il suo. Guadagnava 40mila dollari all’anno. Se mi fossi trovato in Italia sarei stato costretto a vivere con i miei genitori».
Come ricordi quegli anni?
«Ricordo che studiavo tanto e sapevo di dovermi dare da fare per trovare un lavoro una volta ottenuto tutti i certificati di idoneità. Divenni a breve pilota con licenza commerciale, ma avevo zero esperienza. Il primo lavoro è stato pulire gli aerei in una scuola di volo a Dallas, il cui gestore era un italiano. Nel frattempo mandavo curriculum. Nessuno mi rispondeva, poi un giorno, un venerdì pomeriggio, lo ricordo ancora, mi chiamò una compagnia di skydiving. Il loro pilota stava male e ne avevamo bisogno di un altro. Dovevo pilotare un aereo, un Cessna 182, fino in quota, a 10mila piedi, e accompagnare le persone a lanciarsi con il paracadute. Prendevo 10 dollari a lancio per 45 minuti di lavoro. Era l’inizio, andava bene qualsiasi cosa».
Primo volo tutto bene?
«Sì, ma il secondo no. Pensavo che mi avrebbero licenziato e che la mia carriera sarebbe finita lì».
Cosa è successo?
«Durante il mio secondo volo è successo che si è aperto il tappo dell’olio durante il decollo e l’olio si è riversato tutto sul vetro anteriore creando una macchia nera oleosa e limitandomi la visuale. Ho avuto un momento di panico. Il cielo era sereno e la visibilità buona, così ho cercato di mantenere la calma e sono riuscito ad atterrare, insieme alle altre persone a bordo. Sono sceso dall’aereo quasi in lacrime, pensavo che mi avrebbero licenziato e di terminare lì la mia carriera. Invece, con mia grande sorpresa, il mio responsabile mi ha fatto i complimenti per l’atterraggio d’emergenza, ben riuscito, e mi ha promosso. Da lavoratore part time sono passato a full time. Questo è stato il mio inizio».
E poi?
«Poi, poco a poco, negli anni ho fatto carriera. Nel 2016, a 24 anni, sono stato selezionato per lavorare per la mia prima compagnia aerea come Primo Ufficiale sul CRJ700. A 26 anni sono diventato comandante sull’Embraer-175 e dal 2022 volo per American Airlines, come comandante Boeing 737-800».
Come ti senti oggi?
«Lavorare in American Airlines per me è l’apice della carriera. American Airlines, possiede negli Usa il 23% di tutti i voli. Sono molto orgoglioso dei traguardi raggiunti, ma il mio sogno è sempre stato quello di lavorare per Alitalia. Poi le cose sono cambiate drasticamente. Oggi non mi dispiacerebbe lavorare per ITA Airways. Ma non penso di cambiare solo perché ITA, come molte altre compagnie, quando ti assume, non tiene conto della tua esperienza. Hanno una lista di anzianità aziendale. In ITA dovrei ricominciare da zero. Cioè, non potrei entrare come comandante ma come primo ufficiale».
photo: Nicolò Fatai
American Airlines quali benefit propone ai piloti?
«Il primo, il più importante, è un ottimo un fondo pensionistico, uno dei top negli Usa. Si chiama 401K, la compagnia ti crea un fondo che copre il 18% del tuo stipendio. Poi abbiamo l’assicurazione medica, come tutte le compagnie. E infine abbiamo i benefit di volo: abbiamo a disposizione i biglietti standby, che ti permettono di volare gratuitamente, ma solo se c’è posto. Una volta sono stato fortunato e insieme alla mia famiglia – siamo in quatto – abbiamo volato da Chicago a Parigi, in Premium Economy. Possiamo viaggiare in standby anche con altre compagnie, mi è capitato anche di prendere un volo ITA».
Qual è la politica aziendale sull’uso delle divise, per esempio, sui social network?
«L’azienda è piuttosto restrittiva ma non eccessivamente. L’importante è che tu sia sempre professionale. Non vogliono che usi il logo dell’azienda per vendere prodotti. Quello è illegale. United e Delta hanno invece dei veri e propri reparti social che creano contatti con gli influencer o piloti influencer. Infatti alcuni piloti sono una sorta di ambassador».
Un volo a corto raggio negli Usa o uno in Italia? Quale preferisci?
«In Italia, assolutamente. È molto più affascinante e stimolante, soprattutto dal punto di visto paesaggistico. Negli Usa invece è tutto molto noioso. Gli Usa sono un continente enorme. In Texas, dopo un’ora di volo sei ancora in Texas, nel deserto. Tra New York e la Florida il paesaggio è abbastanza monotono. Andando verso Ovest invece, dal Nebraska in poi lo scenario cambia, si iniziano a vedere le montagne».
Aeromobile preferito?
«Il Boeing 737, aereo iconico, ha segnato la storia dell’aviazione mondiale, mi sento un bambino a guidarlo. Per questo, come dico spesso, sento ancora di vivere un sogno».
Aeroporto preferito?
«Beh, Chicago. È casa mia praticamente. Quell’aeroporto è un caos unico ma al tempo stesso è tutto molto ben organizzato, so come muovermi».
Come piloti avete accesso alle lounge?
«Per noi piloti è vietato entrare in divisa nelle lounge dedicate ai passeggeri. Abbiamo una pilot lounge, ma niente di paragonabile con quelle turistiche. Le pilot lounge si trovano solo negli aeroporti in cui la compagnia ha la base. Sei hai una sosta di oltre cinque ore la compagnia ti prende un hotel. Sotto le cinque ore invece ti devi arrangiare, spesso vago in aeroporto».
Sei iscritto a programmi fedeltà per frequent flyer?
«Sì, almeno tre. Quello della mia compagnia, American Airlines, che mi garantisce un 20% di sconto sul costo dei biglietti. Poi ho la tessera fedeltà di Delta e United. Quest’ultima solo perché ha il volo diretto da Chicago a Milano».
Un consiglio per i frequent flyer?
«Consiglio in generale di avere tanta pazienza. Le compagnie purtroppo non sempre comunicano tutti i ritardi, e gli imprevisti sono numerosi, quindi occorre portare sempre pazienza».
Nel tempo libero che fai?
«Quando sono a casa mi piace trascorrere il tempo con i miei due bimbi, il più possibile. Diversamente mi piace mantenermi in forma, vado in palestra o a correre».
Su Instagram hai oltre 86mila follower e un’ampia community di appassionati di volo. Quali sono le richieste più frequenti?
«La maggior parte mi chiede consigli per superare la paura di volare. Un sentimento davvero molto diffuso tra sempre più persone. Infatti a breve farò partire un corso, con uno psicologo, proprio centrato su questo tema. E nel frattempo ho pubblicato sul mio canale YouTube video a riguardo. Altre richieste arrivano dagli aspiranti piloti. Tanti ragazzi di 14 anni vogliono conoscere la mia esperienza. Infine, ricevo richieste di informazioni in caso di incidenti aerei. Le persone vogliono sapere come e perché si verificano».
Come vedi il futuro dell’aviazione?
«In primis, assisteremo al ritorno del volo supersonico per i voli turistici. E poi ci sarà anche grande un cambiamento, tra circa 20-30 anni, per quanto riguarda la struttura e il design degli aerei. Airbus e Boeing per esempio si stanno già attivando per realizzare aeromobili più lunghi, che consenta di volare più in alto. Cambierà sicuramente anche il combustibile, va molto l’idrogeno».
Il tuo motto, la tua frase preferita?
«“Se gioco, gioco per vincere”. Sono molto competitivo».
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