“Una cosa così non mi era mai capitata”: il Politecnico di Milano elimina l’intervento del giornalista sulle Olimpiadi invernali, per evitare polemiche su Milano-Cortina 2026

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“I consumi d’acqua delle Olimpiadi invernali” era il titolo dell’intervento che il direttore della rivista Altreconomia, Duccio Facchini, avrebbe dovuto tenere lunedì 24 marzo al Politecnico di Milano, nell’ambito di un convegno in occasione della Giornata mondiale dell’acqua.

Con una comunicazione ai promotori del convegno, il Comitato milanese acqua pubblica, il Politecnico di Milano ha fatto però sapere che quell'”argomento” era da “eliminare”, che non era possibile affrontare temi “polemici” nei confronti dei Giochi di Milano-Cortina 2026

“Ero stato invitato ed avrei portato il mio contributo, tra l’altro raccogliendo e presentando dati che sono stati resi pubblici sul Rapporto ambientale presentato dalla stessa Fondazione Milano-Cortina. Lungi da me voler passare da martire o parlare di un attacco all’informazione indipendente – sottolinea Facchini – ho voluto dar conto della vicenda sui social, cosa che sono molto restio a fare, per evidenziare come le istituzioni accademiche, quando si parla di grandi eventi, siano spesso ‘sdraiate’ e non permettano una discussione e un dibattito vero e aperto, anche per interessi economici“, racconta Facchini a L’AltraMontagna.

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I giornalisti di Altreconomia, mensile e casa editrice indipendente, hanno ricostruito e raccontato negli ultimi anni tanti dei nodi aperti delle prossime Olimpiadi invernali, finendo per alcune inchieste anche in televisione, ad esempio a Striscia la Notizia. “Anche in questo caso – racconta Facchini – avremmo portato al pubblico analisi e riflessioni, non invettive contro le Olimpiadi. Ciò che è successo è una caduta di stile da parte del Politecnico. Sono contento che il Comitato milanese per l’acqua pubblica abbia deciso di ritirare tutto il convegno, che tra l’altro aveva visto censurare anche il titolo dell’intervento della professoressa Silvana Galassi, L’autogoverno dell’acqua. Il momento di confronto si farà, non più al Politecnico, ma allo Spazio MOSSO (martedì 25 marzo, alle 17.45), e io continuo a preparare il mio intervento”, aggiunge il direttore di Altreconomia.

 

Sostenitori di un’informazione libera – quando ovviamente supportata da argomentazioni solide e dati attendibili – abbiamo deciso di approfondire questo episodio, nella speranza che rimanga una spiacevole eccezione

 

 

Facchini, ci aiuta a ricostruire com’è andata questa vicenda?

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La vicenda è molto semplice: il Comitato milanese acqua pubblica, nella persona di Erica Rodari, mi ha contattato due tre settimane fa dicendomi: “Facciamo questo convegno al Politecnico a ridosso della Giornata dell’acqua, hai voglia di portare un contributo su Olimpiadi e consumi idrici collegati soprattutto all’innevamento artificiale?”
Ho accettato volentieri.

 

 

Su Altreconomia avete dedicato spazio al tema?

 

Al tema Olimpiadi diffusamente, al tema Olimpiadi-innevamento artificiale specificatamente ancora no, al tema dell’innevamento artificiale sì. Quindi sarebbe stato uno stimolante lavoro di unione delle due cose: motivo per cui sto continuando a indagare sul tema, anche perché poi il convegno si farà. 

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Quindi il convegno del Comitato acqua pubblica è stato completamente annullato al Politecnico?

 

Considerata l’indisponibilità del Politecnico ad accogliere il programma proposto, il Comitato ha deciso di trasferire in un’altra sede il convegno così com’era stato pensato.
Nel mio caso non andava bene l’argomento, per la ragione che hanno esplicitato del “non bisogna parlare male delle Olimpiadi”, ma l’altro nodo era rappresentato dal titolo dell’intervento della professoressa Silvana Galassi, che ha insegnato per una vita alla Statale di Milano, che era L’autogoverno dell’acqua. Che uno dice, ma cosa c’è di male?
Quindi giustamente il Comitato, di fronte a questo atteggiamento, ha deciso di spostare il convegno da un’altra parte. Allora loro (il Politecnico n.d.r.) ha iniziato un balletto dicendo: “Non è che siamo noi che vi censuriamo, ma noi abbiamo un taglio scientifico e divulgativo”. Quindi è subentrato lo snobismo del Politecnico: loro fanno cose scientifiche e divulgative, gli altri sono ideologici e pensano solo a parlar male.
Tengo ad evidenziare che io non ho interferito nelle decisioni del Comitato.

 

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Come interpreta la decisione di eliminare la sua partecipazione?

 

Iniziativa squallida. Io sono allergico ai social network, ho però deciso di condividere questo episodio perché a mio parere fotografa, nella sua piccolezza, un fenomeno di respiro più ampio, ossia di come le istituzioni accademiche, quando si parla di grandi eventi, siano spesso ‘sdraiate’ e non permettano una discussione e un dibattito vero e aperto, anche per interessi economici. Io non faccio l’attivista, non faccio parte di comitati contro le Olimpiadi. Io faccio il giornalista. Noi proviamo a raccontare con obiettività il grande evento.
Interpreto questa vicenda come una caduta di stile da parte del Politecnico, come una cosa che gli è sfuggita di mano.

 

 

Sulla base della sua esperienza di direttore, la libera informazione in Italia è ormai prerogativa di alcune realtà indipendenti?

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Rimanendo sul tema dei grandi eventi, Expo 2015 ce lo ha insegnato: purtroppo in queste occasioni si sviluppa una grande macchina mossa dai  soldi. C’è così chi diventa partner. I promotori fanno progetti con le università, che significa ricerche, finanziamenti, visibilità. Allo stesso modo, a volte accade anche con organi di stampa che diventano partner, co-organizzazioni di eventi. Talvolta, partner strategici di Giochi olimpici e di grandi eventi lo sono anche di organi di informazione mainstream e questo crea una “pastetta” che in questo momento rende possibile, ad esempio, ignorare il grande tema degli extra-costi. 

 

 

Qual è il confine tra libera informazione e disinformazione?

 

Sempre rimanendo all’interno dei confini dei Giochi olimpici invernali, possiamo chiamare disinformazione quella voce generalizzata che ci racconta che ce l’abbiamo fatta, che la pista da bob di Cortina ce l’ha quasi fatta, che tutto sembra ormai pronto anche a Bormio e Livigno, che anche a livello di costi è un grande successo, con tanti sponsor. Tuttavia la realtà, evidenziata da un’informazione “normale”, che potremmo definire disinteressata, ci racconta un’altra storia, molto più articolata, molto più complessa e, sicuramente, meno ottimistica.

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Aveva mai vissuto un’esperienza simile?

 

Una cosa così non mi era mai capitata. Rimane una squallida e pasticciata vicenda, abbastanza inedita, anche perché all’interno dello stesso ateneo siamo andati a parlare ad esempio di forniture militari di armamenti ad Israele dopo il 7 ottobre, con il ruolo di società pubbliche come Leonardo che con POLIMI fa affari. Osservando tutto questo da Milano, mi rendo conto che in questo microcosmo, tra Expo 2015, Olimpiadi invernali, inchieste sull’urbanistica, oggi c’è parecchio nervosismo intorno al dibattito pubblico, anche a partire dalle inchieste in corso su alcune vicende. Sulle Olimpiadi, ad esempio, né il sindaco di Milano né l’assessore all’urbanistica hanno accettato interviste con la nostra testata, piccola ma combattiva, capace negli anni di far emergere alcune questioni complessi, come la vicenda dell’impianto che dovrebbe ospitare l’hockey che non ne avrebbe le autorizzazioni, a meno di deroghe. Come già successo per Expo, c’è un nervosismo importante legato ai grandi ritardi nelle opere e al fatto che le persone, sui territori, non sembrano affatto convinte della bontà dell’operazione Olimpiadi. Almeno, questo è ciò che misuro partecipando ad assemblee pubbliche in territori come la Valtellina o le Prealpi bellunesi”.





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