La caduta della donna – La proprietà, l’oppressione e la famiglia – Partito Comunista Rivoluzionario

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di Fred Weston

L’oppressione delle donne e le origini della famiglia come la conosciamo oggi restano questioni fondamentali per tutti quelli che oggi vogliono lottare per un mondo migliore. Un numero enorme di donne subisce ancora abusi e molestie sessuali. In alcune parti del mondo le donne vivono in condizioni simili alla schiavitù. Milioni di ragazze e donne oggi sono costrette a subire mutilazioni genitali, uno dei metodi più barbari utilizzati per controllare la sessualità delle donne, mentre milioni di giovani donne sono vittime di tratta per lo sfruttamento sessuale. La violenza contro le donne è ancora un evento quotidiano, e il femminicidio è un fenomeno continuo.

Questa è la barbarie della società in cui viviamo oggi e, nonostante alcune importanti conquiste, siamo ancora molto lontani dal raggiungere una vera e piena parità tra uomini e donne. Dobbiamo porci la seguente domanda: è questo il modo naturale di relazionarsi tra uomini e donne? Spesso ci viene detto che è naturale, che la famiglia mononucleare con una figura paterna dominante è sempre esistita, e che gli uomini sono per natura aggressivi nei confronti delle donne. Ma è davvero così?

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Marx ed Engels rispondevano negativamente a questa domanda. Engels, in particolare, sviluppò l’approccio marxista all’oppressione delle donne nella sua famosa opera L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato, pubblicata nel 1884. Egli si basò principalmente sul testo di Lewis Henry Morgan, La società antica (1877), che sosteneva che “l’idea di famiglia è stata il risultato di una evoluzione attraverso stadi successivi di sviluppo” di cui la famiglia moderna, monogamica, “ha costituito l’ultima forma”. (1) Spiegava che ciò era strettamente legato allo sviluppo di nuove tecniche, strumenti e armi, ovvero delle forze produttive.

Morgan aveva un approccio fondamentalmente materialista alla questione e inizialmente ebbe una grande influenza tra gli antropologi del suo tempo. Ma alla fine le sue idee vennero viste come una minaccia alla stabilità della società borghese, soprattutto dopo che Engels ebbe utilizzato le sue scoperte per elaborare la visione marxista sulla questione.

Nel XX secolo, le idee di Morgan ed Engels furono ferocemente attaccate da antropologi conservatori, come Bronisław Malinowski, che affermò candidamente:

Se un giorno arrivassimo a eliminare l’unità familiare come perno della nostra società, ci troveremmo di fronte a una catastrofe sociale rispetto alla quale gli sconvolgimenti politici della rivoluzione francese e i cambiamenti economici del bolscevismo sono insignificanti.” (2)

Altri, come quelli della scuola antropologica di Boas, rifiutarono l’idea stessa di fasi nella storia, il “determinismo” e la “teoria dell’evoluzione” a favore di un approccio idealista che ancora oggi esercita una forte influenza sul settore.

Senza dubbio, Morgan era limitato dal livello di conoscenza scientifica disponibile a metà del XIX secolo e alcune delle sue idee non sono sopravvissute alla prova del tempo. Ma la domanda più importante è: in cosa aveva visto giusto? E cosa ci dice questo sull’evoluzione della famiglia e sul suo possibile futuro?

Queste domande hanno un’importanza decisiva per la lotta per un mondo migliore. E, in ultima analisi, possono trovare risposta solo attraverso un approccio genuinamente scientifico alla storia della nostra specie.

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Morgan si applicò allo studio delle prime forme di società e tentò di comprendere le loro strutture sociali interne e ciò che guidava i cambiamenti in queste strutture, nello stesso modo in cui Darwin si era dedicato allo studio dell’evoluzione biologica.

Morgan riteneva che, osservando le società contemporanee a diversi livelli di sviluppo e confrontandole tra loro, fosse possibile ricostruire un quadro dell’evoluzione della società umana nel suo complesso. In questo modo, sviluppò una teoria dell’evoluzione sociale: le società attraversano fasi di sviluppo simili e il processo segue una direzione, da forme meno sviluppate a forme più sviluppate.

Morgan capì che le istituzioni sociali nascono in base a specifici sviluppi nelle condizioni sociali. Così facendo, inconsapevolmente trasse conclusioni molto simili a quelle del materialismo storico, il metodo sviluppato da Marx ed Engels. Troviamo un chiaro esempio di questo metodo quando Morgan afferma:

Che l’umanità si sia formata partendo da un gradino molto basso e poi salendo via via lungo la scala del suo sviluppo, ci è rivelato in modo significativo dal succedersi delle varie tecniche di sussistenza. Il problema della supremazia dell’uomo sulla terra dipendeva tutto dalle sue capacità in questo campo. Solo dell’uomo si può dire, fra tutti gli esseri viventi, che sia stato in grado di acquisire un assoluto controllo sulla produzione: controllo che in origine non possedeva più di quanto lo possedessero altri animali. Se non avesse continuato a estendere le basi della sussistenza, il genere umano non sarebbe stato capace di propagarsi in aree diverse, anche lontane da quelle del suo insediamento originale, fino ad occupare da ultimo tutta la superficie del globo; e ancora, senza ottenere un controllo assoluto sulla quantità e varietà dei mezzi di sussistenza, il genere umano non avrebbe avuto la possibilità di moltiplicarsi in popolose nazioni. Di conseguenza, è probabile che le grandi epoche del progresso umano coincidano, più o meno direttamente, con l’ampliamento e l’accrescimento delle fonti di sussistenza.” (3)

L’approccio evolutivo di Morgan allo sviluppo della società, determinato dallo sviluppo delle forze produttive, emerge chiaramente. Morgan ha diviso la società in diversi stadi: “stadio selvaggio, barbarie, civiltà”, con la barbarie che comprendeva tre periodi, inferiore, medio e superiore, di cui quello inferiore era il meno sviluppato. Morgan spiegò che con nuovi strumenti e tecniche, come la pesca o l’arco e la freccia, l’umanità passa da uno stadio all’altro. La “barbarie” viene suddivisa in tre fasi: la padronanza della ceramica; l’apprendimento dell’addomesticamento degli animali, la coltivazione delle piante, lo sviluppo dei primi sistemi di irrigazione, la produzione di mattoni, ecc.; e infine la padronanza dei metalli, come il bronzo e il ferro.

Le parole che usa, “stadio selvaggio, barbarie e civiltà”, hanno assunto una connotazione in qualche modo dispregiativa, ma non dobbiamo vedere in questo modo l’uso che Morgan fa di queste parole. Ciò che ci interessa qui è l’essenza del significato, e non ciò che queste parole sono diventate oggi. Allo stesso modo, la sua linea temporale di sviluppo non corrisponde più esattamente a ciò che oltre 150 anni di ulteriori ricerche hanno stabilito, ma l’idea che l’umanità si sviluppi attraverso delle fasi è essenzialmente corretta.

Il fatto che la società umana abbia attraversato diverse fasi di sviluppo, basate fondamentalmente sui materiali utilizzati per la produzione di utensili, è oggi generalmente riconosciuto dagli archeologi, che danno a periodi storici nomi come età della pietra, età del bronzo ed età del ferro. Grazie allo sviluppo degli utensili, gli esseri umani passarono dalla caccia-raccolta all’agricoltura nel Neolitico, o “Nuova età della pietra”. In seguito furono compiuti progressi nella lavorazione dei metalli, prima con il bronzo e poi con il ferro, che hanno permesso l’ascesa delle grandi civiltà del mondo antico. Non si trattò di un processo lineare e identico in tutti i continenti del mondo. In parte dipendeva anche dalle risorse locali disponibili. Tuttavia, questo è il quadro generalmente accettato.

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Fu questo approccio materialista ad attirare l’attenzione di Marx ed Engels. Come spiegò Engels nel 1884:

Morgan, infatti, aveva riscoperto a modo suo in America quella concezione materialistica della storia che quarant’anni prima era stata scoperta da Marx e che, nel raffronto tra barbarie e civiltà, l’aveva portato, nei punti principali, agli stessi risultati di Marx.” (4)

Marx, infatti, aveva studiato La società antica di Morgan, insieme alle opere di altri antropologi dell’epoca, e scritto ampi appunti, con l’intenzione di produrre un testo con la propria interpretazione delle loro ultime scoperte. Purtroppo Marx morì prima di poter completare questo lavoro, ma i suoi appunti (5) furono utilizzati da Engels per produrre il suo libro nel 1884, poco dopo la morte di Marx. Il lavoro di Engels sulle origini della famiglia può quindi essere considerato un’opera comune dei padri fondatori del marxismo.

Endogamia e promiscuità nei primi esseri umani

Morgan sosteneva che la società umana primitiva era iniziata con quella che lui chiamava la famiglia “consanguinea”, cioè la riproduzione tra parenti stretti. Solo in un secondo momento, ha spiegato, attraverso varie fasi, la riproduzione sessuale tra individui imparentati venne eliminata e furono introdotti alcuni divieti.

Quando Morgan sollevò per la prima volta questa idea fu respinta con indignazione, e lo è ancora in molti ambienti. Dopo tutto, cosa c’è di più estraneo ai costumi sociali del nostro tempo? Poiché ai loro tempi sembrava così innaturale, alcuni sociologi, come Westermarck, sostennero che esisteva un istinto naturale a evitare l’endogamia.

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Tuttavia, studi recenti hanno dato sostegno all’idea che l’endogamia esistesse tra i primi esseri umani, dimostrando quanto la nostra nozione di famiglia sia cambiata nel corso dei millenni. Un lavoro pubblicato nel 2018 ha concluso che la percentuale relativamente alta di deformità negli scheletri dell’era glaciale era molto probabilmente causata dall’endogamia, una teoria supportata dal basso livello di diversità genetica trovato in questi scheletri. (6)

Ma evidentemente le cose cambiarono, e un interessante studio prodotto dall’Università di Cambridge riporta che l’analisi dei resti umani nel sito di Sunghir, in Siberia, ha mostrato che:

I primi esseri umani sembrano aver riconosciuto i pericoli dell’endogamia almeno 34.000 anni fa e hanno sviluppato reti sociali e di accoppiamento sorprendentemente sofisticate per evitarla […].” (7)

Questo dato è significativo perché dimostra che le relazioni sessuali tra gli esseri umani sono cambiate. A un certo punto la famiglia umana si è evoluta, con nuove relazioni che emergevano dalle vecchie. In effetti, le “sofisticate reti sociali e di accoppiamento” potrebbero addirittura rappresentare le prime forme di quella che sarebbe poi diventata nota come “gens”.

Morgan vedeva quattro fasi successive di sviluppo della famiglia basate sulla proibizione dell’incesto, in cui maschi e femmine non potevano accoppiarsi con membri del loro stesso clan o “gens”, per usare l’espressione latina. In altre parole, emersero sistemi che vietavano l’accoppiamento all’interno di un certo gruppo.

Egli ipotizzò che, in questo sistema, il “matrimonio di gruppo” fosse la norma. Questo significava che tutti gli uomini di un gruppo avevano contemporaneamente come “mogli” tutte le donne di un altro gruppo? Non necessariamente. Sono state trovate società in cui il “matrimonio di gruppo” comportava effettivamente una forma di “alleanza” tra gruppi, in cui gli individui di un gruppo potevano scegliere il proprio partner solo all’interno dell’altro gruppo.

Ciò che va sottolineato, tuttavia, è la natura relativamente promiscua dell’accoppiamento nel primo periodo della società umana. Contrariamente alla concezione tradizionale della famiglia, uomini e donne non erano legati in modo permanente a un partner, potevano liberamente rompere la relazione e cercare un altro partner.

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Migliaia di anni di una morale che si è evoluta sotto la pressione della società di classe, in cui la donna è stata considerata proprietà dell’uomo e deve essere fedele a un solo uomo per tutta la vita, hanno lasciato nella coscienza collettiva l’idea che questo sia uno stato di cose naturale e universale. Molti studi, tuttavia, indicano che la “promiscuità” – nel senso della libertà degli individui di scegliere con chi accoppiarsi, quando e per quanto tempo – era chiaramente presente nelle prime società umane.

Come spiega Engels, “Che cosa vuol dire, infatti, commercio sessuale promiscuo? Vuol dire che le limitazioni proibitive in vigore oggi o in un’epoca anteriore non erano allora in vigore.” Ma poi aggiunge: “Ma da ciò non conseguono affatto necessariamente, nella prassi quotidiana, confusione e disordine. Non sono affatto esclusi temporanei accoppiamenti singoli; i quali infatti nei matrimoni di gruppo formano la maggior parte dei casi.” (8)

L’esistenza di “coppie”, o di coppie nel contesto di un clan più ampio o di una “gens”, tuttavia, non dovrebbe essere considerata come “matrimonio” come lo conosciamo oggi. Morgan sottolinea che “Si fondava sull’accoppiamento di un maschio con una femmina sotto forma di matrimonio, senza però alcun obbligo di coabitazione […]. La decisione di dividersi o separarsi era facoltà sia del marito, sia della moglie”. (9) (enfasi nostra). Ciò significa che né gli uomini né le donne erano legati l’uno all’altra in modo permanente nel matrimonio come lo conosciamo.

Tuttavia, questo preparò il terreno per la successiva famiglia monogamica, che, secondo Morgan: “si fondava sul matrimonio di un solo uomo con una sola donna, con l’obbligo di coabitazione; quest’ultima caratteristica costituendo l’elemento essenziale dell’istituto. È soprattutto la famiglia della società civile, e fu dunque essenzialmente moderna”. (10) Ma la nascita di questa famiglia moderna ha richiesto un completo capovolgimento dell’ordine esistente.

La discendenza matrilineare

La posizione della donna non era subordinata a quella dell’uomo prima della comparsa della famiglia monogamica e patriarcale, ed è su questa questione che Morgan ha probabilmente dato il più grande contributo alla nostra comprensione della società umana.

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Venere di Willendorf (25-35.000 anni fa)

Morgan non era un antropologo da salotto, ma svolse un lavoro sul campo vero e concreto tra gli irochesi, che studiò da vicino, vivendo tra loro per un periodo. Studiò anche altre popolazioni indigene delle Americhe, raccogliendo informazioni da molte altre fonti sui popoli nelle prime fasi dello sviluppo umano.

Si rese conto che le donne avevano uno status molto più equo tra gli irochesi che nel mondo “civilizzato”. Engels, basandosi sulle sue ricerche, commentò: “Tutti sono uguali e liberi… Anche le donne”. (11) Ma perché era così?

Morgan concluse che, in un periodo precedente, gli esseri umani erano organizzati in clan matrilineari, in cui la discendenza era tracciata attraverso la linea materna, e non nella famiglia patriarcale (letteralmente, dominio del padre) che nacque successivamente con l’emergere della proprietà privata e della società di classe.

Si discute molto se il “matriarcato” sia mai esistito, ma si tratta di un dibattito falso e fuorviante. Il matriarcato implica il dominio delle donne, ma ciò che Morgan ha messo in evidenza è la matrilinearità, cioè il tracciare la discendenza attraverso la linea materna nel primissimo periodo della società umana, poiché l’assenza di un accoppiamento rigido o permanente significava che non c’era un modo sicuro per sapere chi fosse il padre. La matrilinearità non significava che gli uomini non avessero un ruolo o fossero subordinati alle donne.

Ci sono molti tentativi di negare la matrilinearità, e questo perché tutta la storia scritta, che inizia dal IV millennio a.C., proviene da civiltà che erano patriarcali e di classe. È quindi facile capire da dove derivi l’idea che “gli uomini hanno sempre dominato le donne”. Tuttavia gli esempi di società matrilineari sopravvissuti oggi offrono un sostegno alla teoria di Morgan.

In Cina, nelle province dello Yunnan e del Sichuan, si trova il popolo Mosuo, dove il lignaggio viene ancora tracciato attraverso le donne della famiglia e la proprietà viene trasmessa per linea femminile. I bambini appartengono e risiedono all’interno della famiglia della madre. Gli uomini Mosuo hanno il compito di allevare i figli delle sorelle e delle cugine (un fenomeno che Morgan descrive nelle società matrilineari da lui studiate) e si occupano dell’allevamento degli animali e della pesca, tutte attività che imparano dagli zii (fratelli della madre) e dai membri maschi più anziani della famiglia.

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I Bribri del Costa Rica, i Minangkabau di Sumatra occidentale, alcune popolazioni Akan del Ghana e i Khasi dell’India continuano ad avere una discendenza per linea femminile. Queste società non hanno mai avuto contatti tra di loro.

L’influente antropologo Franz Boas cercò di trovare esempi di passaggi dalla patrilinearità alla matrilinearità, per screditare l’intero schema di Morgan. Credette di averli trovati tra i Kwakiutl della costa nord-occidentale del Pacifico. Ma in seguito fu dimostrato che si trattava di un esempio non valido. Boas trovò che la discendenza veniva tracciata attraverso linee sia maschili che femminili, ma ciò che ignorò fu che questa società aveva subito un tremendo trauma a causa del contatto con gli europei, e che il loro intero sistema stava crollando sotto questa pressione.

È facile immaginare come la tracciabilità della discendenza e l’eredità di qualsiasi proprietà esistente attraverso la linea materna rafforzino la posizione delle donne nella società. Ma c’è un altro fattore importante nella società preistorica che deve essere preso in considerazione: la natura estremamente egualitaria della società dei cacciatori-raccoglitori in generale.

Comunismo primitivo

Dobbiamo notare che, sebbene Morgan stesso non fosse un comunista, ma un repubblicano statunitense e un borghese benestante che credeva che il sistema politico degli Stati Uniti fosse la forma più elevata di società, nel suo La Società antica fa più volte riferimento al fatto che i primi esseri umani vivevano in modo comunista, cioè senza proprietà privata.

Colin Renfrew è un ex professore di archeologia all’Università di Cambridge ed è stato membro conservatore della Camera dei Lord dal 1991 al 2021, quindi non può essere accusato di avere simpatie comuniste! Nel suo libro, Preistoria: l’alba della mente umana, afferma quanto segue:

Le prime società di cacciatori-raccoglitori, come quelle dei nostri antenati paleolitici, sembrano essere sempre state comunità egualitarie, in cui gli individui partecipavano su una base di uguaglianza […]” (enfasi nostra). (12)

Su cosa si basava questo egualitarismo? Nelle società di cacciatori-raccoglitori non c’era una divisione in classi, non c’erano proprietari dei mezzi di produzione, né proprietà terriere. Le poche “proprietà” esistenti erano strumenti e armi rudimentali per cacciare e macellare gli animali, quelli per il foraggiamento e gli indumenti che le persone avevano addosso.

Non essendoci proprietà privata o divisione della società in classi, non c’erano sfruttatori e sfruttati, e quindi non c’era un apparato armato al di sopra della società. Afferma Morgan:

Lo Stato non esisteva. I loro sistemi di governo erano essenzialmente ‘democratici’ in quanto democratici erano i principi in base ai quali la gens, la fratria e la tribù erano organizzate.

Nella sua descrizione degli irochesi afferma che: “ogni famiglia praticava un tipo di vita comunitaria”. (13)
L’idea che gli esseri umani abbiano vissuto in quello che Marx ed Engels definirono “comunismo primitivo”, senza il concetto di proprietà privata, per la maggior parte della loro esistenza è inaccettabile per coloro che difendono l’idea che ricchi e poveri, o sfruttatori e sfruttati, siano sempre esistiti; che la competizione individuale “cane mangia cane” del capitalismo moderno, sia semplicemente parte della “natura umana” e che dobbiamo accettarla.

Come ha detto l’antropologo americano Leslie A. White nel suo The Evolution of Culture, The Development of Civilization to the Fall of Rome (L’evoluzione della cultura, lo sviluppo della civiltà e la caduta di Roma):

[…] la teoria del comunismo primitivo è diventata così minacciosa, a quanto pare, che i membri di tre ‘scuole’ antropologiche si sono sentiti chiamati a stroncarla. Lowie, della scuola di Boas, l’ha attaccata ripetutamente. Malinowski, leader della scuola funzionalista, l’ha bollata come ‘forse la fallacia più fuorviante che esista in antropologia sociale’. […] Lowie è stato lodato dagli studiosi cattolici per la sua critica alla teoria del comunismo primitivo e, attraverso questa, per la sua opposizione alle dottrine socialiste. […] Sembra che sia stato fatto uno sforzo per ‘rendere il mondo un posto sicuro per la proprietà privata’.” (14)

Nonostante tutte le obiezioni, tuttavia, ci sono molti studi che confermano la natura egualitaria delle società dei cacciatori-raccoglitori, dove le donne godevano di una posizione molto più elevata nella società ed erano trattate come pari, non come proprietà degli uomini. (15)

Una caratteristica fondamentale degli esseri umani è la loro tendenza alla cooperazione e alla condivisione. Gli esseri umani non sarebbero potuti sopravvivere senza questa caratteristica. Non siamo particolarmente veloci o forti rispetto a molti altri animali. Come individui isolati, nelle condizioni dell’epoca, saremmo stati costantemente in pericolo di essere attaccati dai grandi carnivori, e allo stesso tempo avremmo avuto molte più difficoltà a procurarci il cibo. La cooperazione non derivava quindi da un astratto spirito di altruismo, ma era una necessità materiale. La cooperazione era necessaria non solo nella caccia, ma anche nella raccolta.

Caccia, raccolta e matrilocalità

Sembra che nelle società preistoriche di cacciatori-raccoglitori esistesse una divisione del lavoro tra i sessi, anche se variava da un popolo all’altro e non era una divisione rigida come quella che troviamo nelle successive società di classe come quella greca.

Gli uomini a volte partecipavano alla raccolta e le donne aiutavano nella caccia, come è stato dimostrato da recenti scoperte di donne sepolte con le proprie armi. Ma in generale, i maschi tendevano a dedicarsi alla caccia e le donne alla raccolta. E il secondo compito non era meno importante del primo. Infatti, le battute di caccia a volte vedevano gli uomini tornare a mani vuote, mentre il foraggiamento portava sempre a casa qualcosa. Quindi, la divisione del lavoro in questa fase della società umana non implica la subordinazione della donna all’uomo.

Anzi, la divisione del lavoro che esisteva all’interno della famiglia tendeva in molti casi a promuovere la posizione delle donne. Kit Opie e Camilla Power, autori di Grandmothering and Female Coalitions – A Basis for Matrilineal Priority? (16), sostengono che, nelle società da loro esaminate, il numero di calorie necessarie per nutrire tutti gli adulti e i bambini di un gruppo richieda la cooperazione delle donne e delle loro parenti femminili, in particolare le nonne, insieme agli uomini. Tra i !Kung del deserto del Kalahari, ad esempio, gli studi dimostrano che “la raccolta contribuisce al 60-80% della dieta complessiva”. (17)

Le donne che non possono andare in cerca di cibo, sia perché sono nelle ultime fasi della gravidanza sia perché stanno allattando i neonati, hanno la certezza delle loro calorie giornaliere perché le altre donne provvederanno a loro. Ancora una volta, questo non è dovuto a qualche spirito astratto di altruismo. È prassi comune che tutti aiutino gli altri, perché sanno che quando si troveranno nella stessa condizione anche loro saranno assistiti.

Così, l’idea che le donne fossero totalmente dipendenti dagli uomini, e quindi anche nelle prime società umane una donna dovesse trovarsi un uomo per sopravvivere, non regge.

Tutto ciò fornisce una base materiale su cui poggiava l’uguaglianza tra i sessi. Opie e Power spiegano anche il ruolo delle donne anziane, che non potevano più avere figli, ma potevano svolgere un ruolo chiave nell’aiutare a provvedere alla prole delle loro figlie. Questo spiegherebbe la natura matrilocale delle famiglie – le donne che stanno vicino alle loro madri – e quindi anche la natura matrilineare.

Essi sottolineano come “le prove della genetica molecolare suggeriscono che una tendenza ancestrale della parentela femminile a rimanere insieme persisteva con l’emergere degli esseri umani moderni. Gli studi rivelano differenze nei modelli di filopatria [la tendenza di un individuo a tornare o rimanere nella sua area di origine o luogo di nascita] tra le popolazioni cacciatrici e agricole nell’Africa sub-sahariana.” (18)

E aggiungono: “Maggiore è la dipendenza dalla caccia in queste popolazioni, meno è probabile che siano virilocali”. Ciò significa che le donne nelle società di cacciatori-raccoglitori tendono a rimanere all’interno di un gruppo in cui le donne sono imparentate, con madri, sorelle, cugine, ma dove gli uomini con cui si accoppiano provengono da fuori. Tutto ciò è una sorprendente conferma di ciò che Morgan descrisse nel 1877!

Ci sono, naturalmente, eccezioni a questa regola, come le popolazioni indigene dell’Alaska settentrionale, tra le quali troviamo “gli uomini che forniscono quasi tutto il cibo”. Sono cacciatori, e non agricoltori. Tuttavia, questo non è dovuto al fatto che le persone semplicemente “pensano” che la caccia sia meglio, e “scelgono” di non adottare la semina delle colture.

Un altro articolo spiega che in “alcune regioni artiche e subartiche ci sono relativamente pochi animali piccoli, e nessun alimento vegetale rilevante per la dieta, quindi la selvaggina di grossa taglia rappresenta una percentuale molto grande di tutto il cibo consumato”. (19) C’è una ragione materiale concreta per cui gli uomini svolgono un ruolo così importante nell’ottenere cibo in una situazione del genere: “La possibilità di una raccolta significativa o di un passaggio all’agricoltura non è probabile in queste società artiche o subartiche”. (20)

Trovare queste “eccezioni” non nega il quadro generale dell’evoluzione sociale, dove le condizioni sono state favorevoli allo sviluppo dell’agricoltura. Come spiegano gli autori:

Al fine di comprendere la transizione verso le società agricole, questi gruppi potrebbero anche essere di scarso interesse come modello per le società di cacciatori-raccoglitori che sono nate in Africa, Europa e altrove che hanno sperimentato la transizione all’agricoltura.” (21)

Questo ha chiaramente un’enorme importanza per la posizione delle donne in queste società. Le donne non si trasferivano dalla casa paterna a quella del marito, circondate dalla sua famiglia allargata, come è molto comune oggi in tutto il mondo. Ciò significava che erano significativamente meno dipendenti dal loro partner rispetto ad adesso. Al contrario, il marito si trovava circondato da tutti i lati dai parenti della moglie ed era, in una certa misura, dipendente da loro.

In alcuni casi, i cacciatori maschi dovevano dare tutta la loro selvaggina alla madre della loro compagna affinché lei la distribuisse alla famiglia. Non c’è da stupirsi che gli esempi sopravvissuti di queste comunità vedano un tasso di violenza contro le donne così basso rispetto al nostro.

Proprietà, disuguaglianza e monogamia

Questo stile di vita egualitario iniziò a cambiare in seguito all’emergere dell’agricoltura, in quella che divenne nota come la rivoluzione neolitica, circa 12.000 anni fa.

Gli studi hanno confermato che la disuguaglianza di genere è gradualmente cambiata nel corso di un lungo periodo, quando gli esseri umani sono passati dalla caccia e raccolta all’agricoltura, in particolare alla coltivazione dei cereali. Le evidenze archeologiche provenienti da tutto il mondo suggeriscono un cambiamento nella divisione del lavoro tra uomini e donne in seguito all’adozione dell’agricoltura. Il motivo principale varia da luogo a luogo, ma una serie di fattori importanti hanno chiaramente giocato un ruolo: l’aumento dei tassi di natalità e quindi maggiori responsabilità nella cura dei figli, maggiori esigenze di trasformazione degli alimenti e, infine, l’uso di attrezzi più pesanti come l’aratro.

Uno studio pubblicato dal Social Science Research Network nel 2012 spiega:

[…] Il passaggio all’agricoltura portò a una divisione del lavoro all’interno della famiglia, dove l’uomo usava la sua forza fisica per la produzione di cibo e la donna si occupava dell’allevamento dei figli, della lavorazione e produzione del cibo e di altri compiti legati alla famiglia.

E prosegue:

La conseguenza fu che il ruolo della donna nella società non le permetteva più di garantirsi l’autosufficienza economica. In sostanza, il cambiamento generale nella divisione del lavoro associato alla rivoluzione neolitica ha diminuito le opzioni esterne disponibili per le donne (al di fuori del matrimonio), e questo ha aumentato il potere contrattuale maschile all’interno della famiglia, cosa che, nel corso delle generazioni, si è tradotta in norme e comportamenti che hanno plasmato le credenze culturali sui ruoli di genere nelle società. […] In sintesi, forniamo nuove prove coerenti con l’ipotesi che una originaria rivoluzione neolitica, attraverso i suoi effetti sulle credenze culturali, sia una fonte dei moderni ruoli di genere.” (22)

Accanto al cambiamento nella divisione del lavoro, sembra che ci sia stato anche un passaggio dalla matrilocalità alla patrilocalità, che avrebbe avuto un ulteriore impatto sulla posizione delle donne in casa. Un articolo del 2004 dell’Università La Sapienza di Roma ha rivelato che uno studio del DNA mitocondriale in 40 popolazioni dell’Africa sub-sahariana ha mostrato “una sorprendente differenza nella struttura genetica delle popolazioni di produttori di cibo (di lingua bantu e sudanese) e di cacciatori-raccoglitori (Pigmei, !Kung e Hadza)”. (23) Le donne delle popolazioni di cacciatori-raccoglitori, come i !Kung e gli Hadza, avevano maggiori probabilità di rimanere con la madre dopo il matrimonio rispetto alle donne delle popolazioni produttrici di cibo e dipendenti dall’agricoltura, suggerendo un forte legame tra agricoltura e patrilocalità.

Naturalmente è quasi impossibile individuare il momento esatto in cui la discendenza matrilineare lasciò il posto alla patrilinearità. Il cambiamento deve essere avvenuto in un periodo remoto del passato non documentato, e ogni singola società si deve essere sviluppata con i propri tempi e modi. Ma è certo che questa transizione ebbe luogo a un certo punto tra l’avvento dell’agricoltura e la nascita delle prime società di classe, circa 5-6.000 anni fa, perché ognuna di queste società era patrilocale, patrilineare e, soprattutto, patriarcale.

Morgan individuò la chiave di questo drammatico cambiamento nell’aumento della proprietà privata, spiegando che:

[…] prima o poi doveva porsi il problema della eredità, che diventò importante, quando si assistette ad una iniziale accumulazione e diversificazione della proprietà, e finì poi col fissarsi in alcune norme ben precise.” (24)

La proprietà non nacque subito come privata, poiché inizialmente le regole di successione si basavano sulla proprietà comune delle terre e degli armenti all’interno della gens, cioè dei nuclei familiari più ampi che costituirono la base della società fino alla formazione dei primi Stati. Ciò significava che la proprietà non poteva essere trasferita al di fuori della gens.

Sotto la gens matrilineare i figli rimanevano nella gens della madre. Era pertanto attraverso la linea femminile che la proprietà veniva ereditata. Ciò significava che i figli degli uomini non appartenevano alla gens dei loro padri, ma a quella delle loro compagne. Ad un certo punto, tuttavia, in diverse parti del mondo e in tempi diversi, man mano che gli uomini accumulavano proprietà sempre maggiori, ebbe luogo un cambiamento per cui i diritti di proprietà furono trasmessi attraverso la linea maschile.

La disuguaglianza, le classi e l’oppressione delle donne non derivarono immediatamente dalle prime forme di agricoltura e domesticazione. Ma una volta compiuto il passaggio all’agricoltura, si erano poste le condizioni per raggiungere una sempre maggiore produttività dei terreni. Come si può vedere da una serie di siti neolitici, il “comunismo nella vita quotidiana” continuò anche quando gli esseri umani passarono da una vita nomade a una sedentaria. Tuttavia, il surplus che si produsse fece sì che fosse solo questione di tempo prima che comparissero le classi e con esse la disuguaglianza sociale, la prima vittima della quale furono le donne. Nel periodo che va dalle prime società agricole sedentarie alla comparsa delle prime civiltà conosciute nella storia, questo processo fu completato.

Ciò si è ripetuto in modo indipendente in molte parti del mondo, tra cui la Mesopotamia (oggi Iraq), l’Egitto, l’America centrale e meridionale, la Cina, l’Asia meridionale e parti dell’Africa sub-sahariana. Non erano una copia carbone l’uno dell’altro, ma avevano molte caratteristiche comuni.

Non possiamo dire esattamente come sia avvenuto il passaggio dalla discendenza matrilineare a quella patrilineare. Tuttavia, Morgan riuscì ad intervistare membri di diverse tribù del Nord America e notò che alcuni di loro erano recentemente passati dall’eredità attraverso la linea femminile a quella maschile – in alcuni casi a memoria d’uomo. Come disse:

Molte tribù indiane ora dispongono di beni considerevoli consistenti in animali domestici, case, e terre di proprietà individuale: presso queste tribù l’abitudine di passare i beni ai figli, quando si è ancora in vita è diventata comune, per evitare che l’eredità passi alla gens.” (25) (enfasi nostra).

Spiega che man mano che la proprietà aumentava in quantità, la diseredazione dei figli degli uomini cominciò a “suscitare opposizione all’eredità gentilizia”, cioè attraverso la linea materna. Questo è in realtà un esempio vivente di come la transizione dalla matrilinealità alla patrilinealità potrebbe aver avuto luogo in altre società.Pertanto, l’emergere della proprietà privata fu l’elemento chiave nel determinare il cambiamento radicale della condizione delle donne, da uguali a subordinate agli uomini. “La famiglia monogamica deve le proprie origini alla proprietà”, (26) scriveva Morgan.

Emerse una nuova forma di società, in cui i proprietari maschi cominciarono a imporre alle donne condizioni in precedenza sconosciute. L’unico modo per assicurarsi che la donna mettesse al mondo i figli del marito era imporre rigide regole di comportamento, come l’isolamento delle donne in casa, il divieto per le donne di uscire di casa non accompagnate e una rigorosa fedeltà. Morgan delineò il processo così:

Una volta che abitazioni e terreni, mandrie e greggi, e beni commerciabili furono diventati tanto abbondanti, finendo col diventare una proprietà in gran parte privata, era naturale che il problema della loro successione dovesse imporsi all’attenzione […].

Morgan spiegò che la famiglia alla fine divenne “una organizzazione volta alla produzione di propri beni”, e aggiunse:

Era ormai arrivato il momento in cui la monogamia, dopo aver assicurato la paternità dei figli, doveva farsi naturalmente garante del loro diritto esclusivo di ereditare la proprietà del padre defunto.” (27)

Morgan, come abbiamo visto, non si limitò ad osservare gli Irochesi, né alle informazioni che ricevette da altri studiosi e viaggiatori. Esaminò anche altre fonti, ad esempio, gli antichi greci e romani, e ciò che si poteva discernere dai loro primi scritti, dai loro miti e leggende, sulle loro precedenti strutture familiari.

Trovò tracce della gens nei primissimi testi e miti degli antichi romani e greci, così come nel “sept” irlandese, nel “clan” scozzese, nel “ganas” sanscrito, e così via. Ciò è molto significativo, poiché queste culture non avrebbero mai potuto avere alcun contatto con le tribù dei nativi americani osservate da Morgan.

Gli antichi Greci e Romani avevano adottato una gens a base maschile, dalla precedente gens a base femminile, ed egli descrive come questo processo continuò nel primo periodo di urbanizzazione.

Nell’antica società greca assistiamo alla degradazione della donna in una delle forme peggiori. Temendo che qualsiasi contatto con altri uomini potesse portare a rapporti sessuali, gli uomini ateniesi non permettevano alle loro mogli di essere viste in pubblico, e agli uomini esterni alla famiglia non era permesso stare con le donne della famiglia. Nell’antica Roma, il pater familias era l’autorità suprema, con potere di vita e di morte su tutti i membri della famiglia, moglie, figli, nonché sugli schiavi.

Va notato che questa “monogamia” riguardava in realtà solo le donne. E accanto a questa nuova moralità restrittiva emersero diverse forme di prostituzione femminile (e in alcuni casi maschile) nelle antiche società di classe. Lo Stato ateniese regolamentava addirittura la prostituzione, con l’introduzione dei bordelli.

Prima che emergessero queste società di classe, le donne erano state venerate e onorate come donatrici della vita. I poemi epici greci si riferiscono a dee e donne guerriere, elevate a una posizione di culto e rispetto. Robert Graves nel suo The Greek Myths (1955) espresse l’opinione che la Grecia dell’età del bronzo fosse passata da una società “matriarcale” – diremmo matrilineare –a una società patriarcale. Si riferisce alla storia di Zeus che ingoia Metis, la dea della saggezza, dopo di che “gli Achei soppressero il suo culto e attribuirono tutta la saggezza a Zeus come loro dio patriarcale”. (28)

Questa retrocessione della donna nei cieli era chiaramente un riflesso della sua retrocessione sulla terra. William G. Dever ha sostenuto nel suo libro, Did God have a wife? (Dio aveva una moglie?) che un processo simile ebbe luogo nella mitologia degli antichi ebrei, i quali nel loro primo periodo credevano che Yahweh (il loro dio) avesse una moglie, considerata la regina del paradiso. (29)

Morgan ed Engels sul futuro della famiglia

Ciò che Morgan aveva da dire sullo sviluppo passato della famiglia metteva in discussione le visioni tradizionali, ma ciò che diceva sul futuro della famiglia era ancora più sconcertante per i borghesi:

Quando si ammette il fatto che la famiglia è passata attraverso quattro forme successive e si trova ora nella quinta, sorge subito la questione se questa forma possa essere permanente in futuro. L’unica risposta che si può dare è che deve avanzare insieme alla società e cambiare insieme alla società, proprio come ha fatto in passato.” (30)

Friedrich Engels

Engels andò oltre:

[…] Quello che noi oggi possiamo dunque presumere circa l’ordinamento dei rapporti sessuali, dopo che sarà spazzata via la produzione capitalistica, il che accadrà fra non molto, è principalmente di carattere negativo, e si limita per lo più a quel che viene soppresso. Ma che cosa si aggiungerà? Questo si deciderà quando una nuova generazione sarà maturata. Una generazione d’uomini i quali, durante la loro vita, non si saranno mai trovati nella circostanza di comperarsi la concessione di una donna col danaro o mediante altra forza sociale; e una generazione di donne che non si saranno mai trovate nella circostanza né di concedersi a un uomo per qualsiasi motivo che non sia vero amore, né di rifiutare di concedersi all’uomo che amano per timore delle conseguenze economiche. E quando ci saranno questi uomini, non importerà loro un corno di ciò che secondo l’opinione d’oggi dovrebbero fare; essi si creeranno la loro prassi e la corrispondente opinione pubblica sulla prassi di ogni individuo. Punto.” (31)

Engels viene spesso tacciato di essere un uomo dell’epoca vittoriana, ma in queste poche frasi vediamo che in realtà aveva una visione molto più avanzata rispetto a quella dei suoi tempi sulla questione della famiglia, e su come gli esseri umani si relazioneranno tra loro in futuro.

Dopo che Engels ebbe prodotto il suo libro, le fila della Seconda Internazionale, e più tardi dell’Internazionale Comunista, furono formati alle idee da lui elaborate su questa questione. Quando i bolscevichi salirono al potere nel 1917, iniziarono ad attuare queste idee, che possono essere viste nelle varie leggi e riforme adottate in relazione al matrimonio, ai diritti delle donne, all’assistenza all’infanzia, ecc.
Accanto alle riforme politiche, Lenin e Trotskij sottolinearono entrambi la necessità di un’autentica uguaglianza sociale e politica, liberando le donne dal peso dei lavori domestici, della cura dei figli, ecc., che ancora oggi pesano in modo sproporzionato sulle donne.

L’isolamento della rivoluzione in un unico paese arretrato fece sì che molte di quelle riforme progressiste potessero essere realizzate solo parzialmente poiché l’Unione Sovietica non disponeva di risorse materiali sufficienti per mantenerle. Ciononostante, le loro audaci riforme ci hanno fornito un’idea di ciò che una vera società socialista potrebbe ottenere. Ed è proprio per questo motivo che non solo i bolscevichi, ma anche lo stesso Morgan, non potevano essere perdonati dalla classe dirigente.

Reazione borghese contro Morgan ed Engels

Vale la pena notare qui il trattamento molto diverso riservato a Darwin e a Morgan. Anche Darwin non comprendeva appieno il modo in cui avveniva l’evoluzione, e questo perché alcune scoperte scientifiche non erano ancora state fatte, come la genetica. Ciò non toglie nulla al suo ruolo storico di aver fatto avanzare enormemente la nostra comprensione di come si è evoluta la vita.

Morgan è stato trattato diversamente. La borghesia può convivere con l’idea dell’evoluzione biologica. Tentano persino di distorcerla per usarla a giustificazione della stessa società capitalista. Ma non possono vivere con un’idea che porta inevitabilmente alla conclusione che il capitalismo stesso è una mera fase, destinata a finire.

Nonostante Morgan non fosse un nemico del capitalismo, nelle mani di Engels le sue scoperte puntavano in una direzione: proprio come in passato la società era cambiata in linea con lo sviluppo delle forze produttive, così un ulteriore sviluppo di queste forze stava preparando le condizioni per la fine del capitalismo stesso, e con esso della famiglia come era stata conosciuta per migliaia di anni sotto diverse forme di società di classe. Le idee di Morgan dovevano quindi essere minate e screditate, perché minare la sua visione significava anche minare Engels e le opinioni dei marxisti, che erano visti come promotori di idee pericolose che minacciavano la stabilità della società borghese.

Lewis Henry Morgan

Naturalmente è necessario essere obiettivi nel trattare Morgan e l’antropologia del suo periodo. Ad esempio, non comprendeva il livello di sviluppo che avevano raggiunto le culture amerinde più avanzate, come quella degli aztechi. Credeva che fossero allo stesso livello degli irochesi. Anche quando uno dei suoi studenti gli fece notare il suo errore, egli persistette in questo punto di vista.

Tuttavia, resta chiaro che Morgan si era chiaramente allontanato dalla visione ristretta dei suoi predecessori – e anche dei suoi contemporanei – e aveva inconsciamente applicato il metodo del materialismo storico alla comprensione del primo sviluppo umano. Ha dato un contributo importante alla nostra comprensione dello sviluppo della società umana e questo dovrebbe essere riconosciuto.

Ciò che dobbiamo capire, però, è che coloro che attaccano Morgan o Engels non lo fanno con l’obiettivo di affinare la nostra comprensione sulla base di studi più aggiornati, cosa a cui lo stesso Engels sarebbe stato aperto. No, attaccano e tentano di screditare il suo metodo scientifico, il metodo del materialismo dialettico, come parte di un attacco più ampio e generale al marxismo.

Fino alla metà del XIX secolo – il periodo dell’ascesa del capitalismo – i primi economisti, storici, paleontologi e antropologi borghesi cercavano ancora sinceramente di scoprire i meccanismi che determinavano lo sviluppo della società. Adam Smith, ad esempio, era alle prese con i meccanismi che determinavano il funzionamento del capitalismo. Ma ci è voluto Marx per trarne tutte le logiche conclusioni.

Tuttavia, all’inizio del XX secolo, quando il capitalismo raggiunse i suoi limiti e cominciò a stagnare ed entrare in crisi, la classe capitalista aveva cessato di svolgere qualsiasi ruolo genuinamente progressista, e ciò influì anche sul suo approccio a tali studi.

La classe borghese era ormai diventata completamente reazionaria e cercava idee per giustificare la propria esistenza. La ragione è molto chiara: la loro ricchezza e i loro privilegi dipendono dalla continuazione del sistema attuale e quindi cercano di dimostrare che esso non potrà mai finire.

Il famoso antropologo Bronisław Malinowski fu una figura importante in questa offensiva borghese. “La famiglia individuale è sempre esistita, e […] si basa invariabilmente sul matrimonio in accoppiamenti singoli” affermò nel 1931. (32)

Malinowski reagiva all’idea che la famiglia si fosse evoluta nel tempo, assumendo forme diverse. La sua posizione era che un’analisi storica delle forme precedenti della famiglia mancava di prove e che essa era sempre stata, era e sarebbe sempre stata mononucleare. Come già citato, credeva che la “famiglia individuale” (con l’uomo a capo) fosse “il perno della nostra società”, e che eliminarla sarebbe stata una “catastrofe sociale”.

Qui vediamo come molti antropologi che hanno cercato di comprendere le società precedenti le hanno viste attraverso la lente della società in cui sono nati. Anche nella scienza ci può essere il pregiudizio sociale. La scienza non è un “foro” neutrale per le idee; è un campo di battaglia che riflette tutte le pressioni della società di classe.

L’antropologia, in quanto è uno studio della società umana, è una delle scienze più inclini a tale pregiudizio. Credenze religiose, tradizioni, moralità e pregiudizi di classe possono tutti svolgere un ruolo nell’impedire agli antropologi di vedere ciò che realmente hanno davanti, in particolare quando si tratta di norme sessuali, ma anche della questione del diritto alla proprietà.

Dall’inizio del XX secolo l’antropologia vede quindi una crescente reazione contro le idee di Morgan. Marvin Harris nel suo L’evoluzione del pensiero antropologico (1968) spiega che l’antropologia moderna è entrata nel XX secolo con il mandato di “smascherare lo schema di Morgan e distruggere il metodo su cui era basato”. (enfasi nostra). (33)

Qual era il metodo che intendevano distruggere? Harris spiega che “gli antropologi del XIX secolo credevano che i fenomeni socioculturali fossero governati da principi rilevabili che rispondevano a delle leggi”. Nel XX secolo, tuttavia, “si diffuse ampiamente la convinzione che l’antropologia non avrebbe mai potuto scoprire le origini delle istituzioni o spiegarne le cause”. (34)

Si trattava di un rifiuto di un approccio scientifico e materialista agli studi antropologici e di una svolta verso metodi non scientifici e idealistici. Ciò ha portato ad una situazione in cui “sulla base di prove etnografiche parziali, errate o male interpretate, è emersa una visione della cultura che esagerava tutti gli ingredienti donchisciotteschi, irrazionali e imperscrutabili della vita umana. Godendo della diversità dei modelli, gli antropologi cercarono eventi divergenti e incomparabili. Sottolineavano il significato interiore e soggettivo dell’esperienza escludendo effetti e relazioni oggettivi. Negavano il determinismo storico in generale e soprattutto negavano il determinismo delle condizioni materiali della vita.” (35)

Questo approccio idealista rifiutava il metodo materialista ed evoluzionista, e con esso l’idea che si potesse elaborare una visione storica globale e a lungo termine dello sviluppo della società; rifiutava l’idea che si potessero trovare leggi per lo sviluppo della società, e insisteva invece sul fatto che ogni cultura dovesse essere vista isolatamente come unica e senza un ordine specifico di sviluppo. Franz Boas (1858-1942) fu un pioniere di questa tendenza, con la sua teoria del “particolarismo storico”.

Questa, in effetti, era un’anticipazione del pensiero postmodernista, che vide un certo numero di persone di sinistra disilluse e persino “marxisti” allontanarsi da una visione scientifica e materialista, verso la negazione non solo delle leggi dello sviluppo, ma dello sviluppo stesso.

Ci furono antropologi che combatterono questa tendenza, come Leslie A. White e Marvin Harris, che a modo loro resistettero alla deriva verso l’idealismo e mantennero un approccio materialista. Ma come ha commentato Harris nel 1999 nel suo Theories of Culture in Postmodern Times (Teorie della cultura nell’epoca postmoderna): “Devo confessare che la svolta che la teoria ha preso – allontanandosi dagli approcci processuali orientati alla scienza e verso un postmodernismo secondo il quale ‘vale tutto’ – è stata molto più influente di quanto pensassi sarebbe stato possibile guardando al futuro a partire dalla fine degli anni ’60”. (36) Questa svolta non è stata affatto casuale.

Una delle critiche che la scuola boasiana fece a Morgan, e a tutti gli evoluzionisti sociali del periodo, fu che essi avevano una visione rigida di come si sviluppavano le culture umane, imponendo un modello nel quale tutte le culture locali dovevano per forza rientrare.

È vero che le società umane non si sono evolute tutte nello stesso modo, seguendo ogni fase secondo una sorta di piano preordinato. Possiamo negare che in condizioni geografiche e climatiche diverse ci siano stati tempi e direzioni di sviluppo diversi? Ciò sarebbe assurdo e non scientifico. Ad esempio, è stato dimostrato che ci sono stati casi in cui culture che avevano intrapreso le prime forme di agricoltura, successivamente sono tornate alla caccia. Perché? Perché nelle condizioni date l’agricoltura si è rivelata meno produttiva, oppure i cambiamenti climatici hanno costretto questi gruppi umani a spostarsi. C’era una ragione concreta e materiale per questo ritorno a quella che si potrebbe presumere una forma di sostentamento meno sviluppata.

Se applichiamo questo alla famiglia, vediamo che, nonostante l’adozione dell’agricoltura e della domesticazione, in alcuni siti neolitici sembra esserci stata una continua uguaglianza tra i sessi, anche per periodi di tempo molto lunghi. E possiamo anche imbatterci in società di cacciatori-raccoglitori dove l’oppressione delle donne è emersa sotto l’influenza di forme sociali successive, dove c’è stato il contatto con gli agricoltori – un esempio lampante della legge dello sviluppo diseguale e combinato.

Questo, tuttavia, non smentisce che esistano leggi e fasi dell’evoluzione sociale che si possono discernere. Il punto è che il processo generale tendeva in una direzione, e per ragioni materiali. Nessuna società di classe ha mai raggiunto il livello di uguaglianza che si può osservare in un’ampia gamma di società di cacciatori-raccoglitori, passate e presenti.

Una visione oggettiva dello sviluppo della società, un’osservazione dei fatti, mostra che sì, l’evoluzione sociale ha preso percorsi leggermente diversi, a seconda delle condizioni locali. Ma una cosa è riconoscerlo, e una cosa completamente diversa trarne la conclusione che non esistono leggi riconoscibili dello sviluppo sociale.

Boas non fu affatto l’unico antropologo ad adottare una simile prospettiva. Altri dopo di lui hanno adottato un approccio altrettanto idealista. Ciò che possiamo dire è che il loro metodo, indipendentemente dalle intenzioni, si adatta perfettamente alla classe capitalista di oggi. Invece di usare il linguaggio apertamente reazionario di Malinowski, possono nascondersi dietro una filosofia che si presenta come progressista, quando in realtà è profondamente reazionaria.

La necessità di una comprensione teorica

Per concludere, possiamo fare la domanda: perché tutto questo è importante? Perché difendiamo le idee fondamentali elaborate da Morgan e da Engels, su come la società sia evoluta, e con essa la famiglia? La risposta a questa domanda è che nella lotta per abolire l’oppressione è necessaria una comprensione teorica.

Questo dibattito non è di mero interesse accademico. Il conflitto tra materialismo e idealismo in tutte le sfere della vita è un conflitto tra progresso e reazione. È in effetti parte della lotta di classe.

Se accettiamo la visione antimaterialista e idealista che ha finito per dominare l’antropologia nel XX secolo – e che continua a farlo anche oggi – non avremo una reale comprensione di come e perché è cambiata la società, di come e perché è cambiata la famiglia, e quindi di come e perché potrà cambiare nuovamente in futuro. Ci resta l’idea che sia stata la mente degli individui a determinare i cambiamenti, e non le mutate condizioni a determinare i cambiamenti nel modo di pensare.

L’allontanamento dalla visione materialista ed evoluzionistica in antropologia è stato un passo indietro, poiché non ha lasciato spazio a una genuina comprensione scientifica di come la società umana si sia evoluta dalle sue fasi precedenti, attraverso varie forme, fino all’attuale società industriale.

Ci lascia con l’idea che non abbia senso lottare per un cambiamento radicale nella struttura della società, e che dobbiamo invece lavorare sugli individui che compongono la società. Questo non ci lascia alcuna possibilità concreta di modificare le condizioni materiali. Ciò significa, nel caso della lotta per i diritti delle donne – e di altri strati oppressi della società – che la lotta di classe non ha alcun ruolo da svolgere. Tutto si riduce ad una battaglia per le parole, per i significati. Su questa strada il movimento finisce in un vicolo cieco.

Quello che serve è un ritorno all’idea che esiste una direzione nello sviluppo della società, che le diverse fasi di sviluppo ci hanno portato dove siamo oggi, e che la fase attuale, quella della società capitalista, ha semplicemente preparato il terreno per uno stadio superiore, quello del socialismo, per il quale bisogna lottare.

Il futuro della famiglia

A coloro che negano che la famiglia si sia evoluta attraverso diverse forme, possiamo far notare che, nonostante i pii desideri di figure come Malinowski, è abbondantemente chiaro che la famiglia ha subito molti cambiamenti anche nel periodo relativamente breve che ci separa dai tempi di Morgan ed Engels.

Ne siamo testimoni a memoria d’uomo. Quasi il 50% di tutti i matrimoni negli Stati Uniti oggi finiscono con un divorzio o una separazione, mentre nel Regno Unito la percentuale è pari a circa il 42%. Stime recenti mostrano inoltre che circa il 40% delle nascite negli Stati Uniti avviene al di fuori del matrimonio. (37)

In molti paesi del mondo, sposarsi sta diventando meno comune, le persone si sposano più tardi e c’è un “disaccoppiamento” tra genitorialità e matrimonio. Come si legge in un articolo: “Negli ultimi decenni l’istituzione del matrimonio è cambiata più che nelle migliaia di anni precedenti”. (38)

Questi cambiamenti sono avvenuti a causa di diversi fattori, il più importante dei quali è stato l’enorme afflusso di donne nel mercato del lavoro, che ha conferito alle donne un maggiore grado di indipendenza.

Tuttavia, esiste ancora un significativo divario salariale di genere. Nonostante i progressi compiuti, soprattutto a partire dagli anni ’70, la maggioranza delle donne non è del tutto indipendente dal punto di vista economico a causa della persistente disuguaglianza, povertà e delle politiche di austerità. Ma è pur sempre vero che le donne non sono più così dipendenti dagli uomini come lo erano in passato – almeno nei paesi industrializzati avanzati – e con questa maggiore indipendenza economica è arrivata una maggiore richiesta da parte delle donne di uguaglianza, nella legge e nelle condizioni sociali.

Potremmo allora porci un’ulteriore domanda: se negli ultimi 70 anni nella famiglia sono avvenuti tutti i cambiamenti sopra descritti, perché cambiamenti ancora maggiori non dovrebbero essere avvenuti nell’arco di decine di migliaia di anni, e perché non dovrebbero poter cambiare in una direzione progressista nel futuro?

Detto questo, è chiaro che l’oppressione delle donne non scomparirà mai pacificamente sotto il capitalismo. Oltre alle barriere materiali affrontate dalle donne, migliaia di anni di società di classe, cultura e ideologia misogina determinano ancora oggi, in un modo o nell’altro, la prospettiva di miliardi di persone. Il pregiudizio e la moralità di classe si sono accumulati l’uno sull’altro e rimangono forti sotto il capitalismo.

Spesso si afferma erroneamente che il capitalismo è la radice dell’oppressione delle donne. Questa è una semplificazione eccessiva della questione. Come abbiamo visto, la dominazione maschile sulle donne è nata migliaia di anni fa, quando sono emerse le prime forme di società di classe. Tuttavia, ciò che è vero è che la cultura misogina continua a fiorire sotto il capitalismo e viene utilizzata attivamente dalla classe dominante quando la sua posizione è minacciata, come vediamo oggi.

Tutto ciò che può essere utilizzato per dividere la classe operaia è utile ai capitalisti. Razzismo, omofobia, transfobia, divisioni religiose ed etniche sono tutti visti come strumenti utili per contrapporre un gruppo di lavoratori all’altro. Questa è una ragione potente per cui la famiglia mononucleare è ancora presentata come una delle “pietre angolari della civiltà”, e lo sarà sempre sotto il capitalismo.

La vera e definitiva emancipazione delle donne sarà raggiunta solo quando la società di classe sarà eliminata una volta per tutte. Come affermano Marx ed Engels, “la rivoluzione è la forza motrice della storia”.39 Il nostro compito oggi è lottare per il rovesciamento dell’attuale sistema capitalista oppressivo, il cui ruolo storico è finito.

Una volta rimosse tutte le contraddizioni che derivano da questa società, e una volta che le forze produttive saranno liberate dai vincoli della motivazione del profitto e poste sotto il controllo di chi produce la ricchezza, la classe lavoratrice, le condizioni materiali cambieranno radicalmente, e con questo cambiamento radicale saranno le generazioni future a decidere come vorranno relazionarsi tra loro. Le relazioni tra gli esseri umani saranno finalmente libere dal bisogno materiale e dalla moralità distorta imposta dalla società di classe.

Note

1. L. H. Morgan, La società antica, Feltrinelli, 1981, p. 297.

2. M. F. A. Montagu (ed.), Marriage, Past and Present – A Debate Between Robert Briffault and Bronislaw Malinowski, Extending Horizons, 1956, p. 76.

3. L. H. Morgan, La società antica, p. 14.

4. F. Engels, L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato, Editori Riuniti, 1976, p. 33.

5. L. Krader (ed.), The Ethnological Notebooks of Karl Marx, Van Gorcum & Comp. B.V., 1974.

6. E. Trinkaus, “An abundance of developmental anomalies and abnormalities in Pleistocene people” in PNAS, Vol. 115, No. 47, 2018.

7. Prehistoric humans are likely to have formed mating networks to avoid inbreeding, University of Cambridge, 5 October 2017.

8. F. Engels, L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato, p. 63, 64.

9. L. H. Morgan, La società antica, p. 21.

10. ibidem.

11. F. Engels, L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato, p. 123.

12. C. Renfrew, Prehistory – The making of the Human Mind, Modern Library, 2007, p. 135.

13. L. H. Morgan, La società antica, p. 49, 51.

14. L. A. White, The Evolution of Culture. The Development of Civilization to the Fall of Rome, McGraw-Hill, 1959, p. 256.

15. Vedi H Devlin, “Early men and women were equal, say scientists”, The Guardian, 14 maggio 2015.

16. K. Opie, C. Power, “Grandmothering and Female Coalitions: A Basis for Matrilineal Priority?” in Early Human Kinship, From Sex to Social Reproduction, Wiley, 2008, p. 168-186.

17. C. W. Hansen et al., “Modern Gender Roles and Agricultural History: The Neolithic Inheritance” in Journal of Economic Growth, Vol. 20, 2015, p. 7-8.

18. K. Opie, C. Power, “Grandmothering and Female Coalitions: A Basis for Matrilineal Priority?” in Early Human Kinship, From Sex to Social Reproduction, Wiley, 2008, p. 185.

19. S. L. Kuhn, M. C. Stiner, “What’s a Mother To Do? The Division of Labor among Neandertals and Modern Humans in Eurasia” in Current Anthropology, Vol. 46, No. 6, 2006, p. 995.

20. C. W. Hansen et al., “Modern Gender Roles and Agricultural History: The Neolithic Inheritance” in Journal of Economic Growth, Vol. 20, 2015, 2015, p. 9.

21. ibidem.

22. ibidem, p. 3-5.

23. G Destro-Bisol et al., “Variation of Female and Male Lineages in Sub-Saharan Populations: the Importance of Sociocultural Factors” in Molecular Biology and Evolution, Vol. 21, No. 9, 2004, p. 1673.

24. L. H. Morgan, La società antica, p. 55.

25. ibidem, p. 128.

26. ibidem, p. 301.

27. ibidem, p. 396, 397.

28. R. Graves, The Greek Myths, Penguin Books, 1972, p. 20.

29. William G. Dever, Did God have a Wife?, 2005.

30. L. H. Morgan, La società antica, p. 370.

31. F. Engels, L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato, p. 109-110.

32. M. F. A. Montagu (ed.), Marriage, Past and Present – A Debate Between Robert Briffault and Bronislaw Malinowski, Extending Horizons, 1956, p. 41.

33. M. Harris, The Rise of Anthropological Theory, Thomas Y Cromwell, 1968, p. 249.

34. ibidem, p. 1.

35. ibidem, p. 2.

36. M. Harris, Theories of Culture in Postmodern Times, Altamira, 1999, p. 13.

37. E. Wildsmith et al., “Dramatic increase in the proportion of births outside of marriage in the United States from 1990 to 2016”, Child Trends, 8 August 2018.

38. E. Ortiz-Ospina, M. Roser, “Marriages and Divorces”, Our World in Data, 2020.

39. K. Marx, F. Engels, The German Ideology, Prometheus Books, 1998, p. 61.

 



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