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Si era aperta nel 2016 con la Cnn “fake news”, si è evoluta e precisata come crociata per il “free speech” contro i “media tradizionali di sinistra radicale” nella seconda amministrazione. Adesso lo scontro tra repubblicani trumpiani e le grandi testate americane è arrivato fin dentro gli uffici della Casa Bianca.
Mercoledì, la nuova amministrazione Trump ha stabilito che non sarà più la White House Correspondents’ Association (Whca), l’associazione dei corrispondenti della Casa Bianca istituita nel 1914 da Eisenhower, a decidere quali giornalisti seguiranno il presidente Usa nelle sue uscite pubbliche, ma direttamente l’ufficio stampa della Casa Bianca. Trump è stato chiaro in proposito: “Saremo noi a decidere”, ha detto, perché la possibilità di accompagnare il presidente è un “privilegio concesso alla stampa” dal presidente, “non un diritto”. Stando ai fatti, si tratta piuttosto di una consuetudine che la nuova Casa Bianca ha deciso di rompere.
La composizione del “pool presidenziale”, il gruppo ristretto di 13 giornalisti scelti a rotazione tra le centinaia di corrispondenti di carta stampata, radio e tv nazionali e internazionali alla Casa Bianca, per trasmettere di prima mano a tutti gli altri le dichiarazioni del presidente, è stata decisa per decenni dalla Whca, per garantire la libertà dalle ingerenze governative sulla stampa. Ap, Bloomberg e Reuters erano da tempo presenze fisse in quanto rappresentanti di agenzie di stampa.
La consuetudine si è rotta mercoledì. Per seguire il primo gabinetto presidenziale, l’associazione dei corrispondenti aveva designato l’HuffPost come testata di turno per i media scritti, ma la Casa Bianca ha imposto che fosse Axios. L’ultima volta che l’HuffPost era stato nel pool, Trump aveva reagito male a una sua domanda. Allo stesso modo, l’amministrazione ha escluso Reuters dal pool fisso, accusata dai trumpiani e da Elon Musk di essere “di estrema sinistra”. Va peggio all’Associated Press, bandita dai pool, dallo Studio Ovale e dall’Air Force one e privata del suo storico ufficio fisso alla Casa Bianca per aver rifiutato di chiamare nei suoi articoli il Golfo del Messico con la nominazione imposta da Trump di “Golfo d’America”. “Ap è stata terribile, penso che siano di sinistra radicale”, aveva detto il presidente.
L’Ap ha fatto causa alla Casa Bianca appellandosi al primo emendamento, ma proprio mercoledì un giudice federale ha dato torto all’organizzazione giornalistica, respingendo la sua richiesta di reintegro alla Casa Bianca e rinviando la decisione definitiva a un processo che comincerà il 20 marzo. I vertici di Ap, Reuters e Bloomberg hanno attaccato la decisione della Casa Bianca come una minaccia la libertà di stampa.
La portavoce presidenziale Karoline Leavitt ha illustrato la decisione come la fine “del monopolio” della Wcha e il “ritorno del potere al popolo”. I giornalisti che fanno parte della Whca, ha spiegato Leavitt, potranno ancora avere accesso al presidente, ma “senza i privilegi goduti finora”. L’associazione ha risposto di aver sempre aggiornato le sue liste “per facilitare l’inclusione di nuove ed emergenti fonti”. La manovra non si ferma qui. La Casa Bianca intende aggiungere alle rotazioni del suo pool stampa altre testate “che sono state a lungo escluse”. Si tratta dell’universo di blog, radio online e siti di opinione vicini a Trump e alla corrente Maga. Si sono già fatti i nomi di Newsmax e Blaze, media di destra conservatrice.
Peter Baker, giornalista politico del New York Times ed ex corrispondente a Mosca, ha accostato le mosse di Trump a quelle del primo Vladimir Putin che ha escluso dal Cremlino i reporter critici nei suoi confronti.
Ma anche la giornalista di Fox News Jacqui Heinrich è convinta che la mossa di Trump “non dà più potere alla gente, dà solo più potere alla Casa Bianca”, e che “i repubblicani se ne pentiranno”.
Al netto dello scontro politico, il problema non è la censura: gli articoli del New York Times o di HuffPost su Trump non saranno di meno adesso: “Questo non impedirà ai media riconosciuti di continuare a scrivere sul presidente nello stesso modo”, ha scritto Baker.
Ma potrebbe incrementare la sfiducia degli americani nel giornalismo. Come ha scritto Anna Merlan su Mother Jones, la scelta di includere nelle liste di accrediti stampa della Casa Bianca anche media non professionali, blogger, podcaster o influencer di area Maga, più inclini al commento che all’analisi o alla verifica dei fatti, abbasserà la qualità della funzione critica del quarto potere americano.
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