Quando un errore formale può davvero
pregiudicare la partecipazione a una gara
d’appalto? Qual è il limite tra
formalismo e sostanza nel
rispetto della lex specialis? E,
soprattutto, come si concilia tutto ciò con il principio
del risultato introdotto dal D.Lgs. n. 36/2023 (Codice dei
contratti pubblici)?
Principio del risultato: interviene il Consiglio di Stato
Le risposte le ha fornite il Consiglio di Stato
con la sentenza
n. 1620 del 25 febbraio 2025 mediante la quale ha confermato
una lettura sostanzialistica delle procedure di
gara e chiarito che il principio del risultato deve
orientare l’azione amministrativa anche in
presenza di vizi formali.
La vicenda trae origine da una procedura di
gara per l’affidamento di lavori di adeguamento sismico e
abbattimento delle barriere architettoniche in una scuola primaria.
L’impresa seconda classificata ha
impugnato l’aggiudicazione, sostenendo che
l’associazione temporanea di imprese (ATI)
vincitrice avesse presentato un’offerta
viziata da irregolarità formali: in particolare, la
società mandante non risultava correttamente
registrata nella piattaforma telematica,
l’offerta tecnica non era
sottoscritta da entrambi i componenti del
raggruppamento e la documentazione presentava
incoerenze rispetto alla lex
specialis.
Di fronte a queste contestazioni, i giudici di primo grado
avevano già adottato un approccio
sostanzialistico, escludendo che tali
difformità potessero determinare automaticamente
l’esclusione dalla gara. La ricorrente ha, quindi,
appellato la sentenza, ma il Consiglio di Stato ha
confermato il primo grado, ribadendo la prevalenza
dell’interesse pubblico al buon esito della
gara rispetto al formalismo
procedurale.
Il principio del risultato: una bussola per le procedure di
gara
Il fulcro della decisione del Consiglio di Stato risiede
nell’applicazione del principio del risultato,
formalizzato dall’art. 1 del D.Lgs. n.
36/2023, ma già da tempo riconosciuto dalla
giurisprudenza.
Come chiarito dai giudici di secondo grado, questo principio non
si esaurisce nella mera efficienza amministrativa,
ma impone di perseguire il miglior esito possibile della
procedura nelle fasi di:
- affidamento: significa selezionare il miglior
operatore economico senza rigidità e formalismi eccessivi. - esecuzione: impone di garantire la
realizzazione dell’opera nei tempi programmati e con gli standard
qualitativi previsti.
La logica è chiara: le procedure di gara sono un mezzo e
non un fine. L’interprete, pertanto, non deve fermarsi a
un’applicazione meccanica delle norme, ma deve valutare se l’errore
contestato sia davvero tale da pregiudicare la concorrenza e il
corretto svolgimento della gara.
Applicazione concreta: il formalismo non può prevalere sulla
sostanza
Alla luce di questo principio, il Consiglio di Stato ha valutato
la contestazione mossa dall’appellante e ha
ritenuto che:
- la documentazione di gara conteneva comunque tutti gli
elementi per identificare la volontà
delle imprese di partecipare in ATI; - l’omessa registrazione della mandante nella
piattaforma telematica non ha generato incertezza
sulla composizione del raggruppamento, né ha compromesso la
tracciabilità della documentazione; - l’assenza della firma della mandante
sull’offerta tecnica non ha impedito di accertare
l’effettivo impegno dell’ATI a eseguire il contratto; - l’ATI aggiudicataria ha rispettato i requisiti
sostanziali della lex specialis e ha dimostrato
di essere il soggetto più idoneo all’esecuzione dell’appalto.
Sulla base di queste considerazioni, i giudici amministrativi
hanno concluso che il vizio contestato non era tale da
determinare l’esclusione dell’ATI vincitrice. La procedura
telematica di gara ha infatti garantito la piena tracciabilità
degli atti e l’immodificabilità delle offerte, rendendo irrilevanti
gli errori formali.
Conclusioni
La sentenza del Consiglio di Stato segna un nuovo tassello nel
percorso interpretativo che mira a superare il formalismo
esasperato nelle procedure di gara. La regola che emerge è
chiara: se un errore formale non compromette la
trasparenza, la concorrenza o la serietà dell’offerta, non può
giustificare l’esclusione di un operatore economico.
L’approccio sostanzialistico non significa, ovviamente, che le
regole possano essere ignorate o che la discrezionalità della
stazione appaltante sia illimitata. Al contrario, significa che
l’interpretazione delle norme deve sempre essere guidata
dall’interesse pubblico alla buona riuscita dell’appalto,
garantendo rapidità, economicità e qualità dell’esecuzione.
Questa decisione conferma quindi che il principio del
risultato non è un concetto astratto, ma un criterio
concreto che orienta la giurisprudenza verso un equilibrio tra
rigore normativo ed efficienza amministrativa.
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