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Per la Cassazione penale un accordo verbale di vigilanza, non previsto da alcuna norma o regolamento, può essere fonte di responsabilità penale in caso infortunio.
Il caso riguarda la condanna di un capostazione a seguito dell’infortunio mortale occorso a un lavoratore durante la manutenzione dei binari: l’operaio era stato travolto da un treno senza che la squadra al lavoro si fosse accorta del suo sopraggiungere, anche a causa della mancata comunicazione telefonica del pericolo incombente da parte del capostazione che, dal pannello elettronico presente nella propria cabina, poteva verificare in ogni momento la posizione dei convogli ferroviari. Nel processo si era accertato come tale ruolo di “protezione” da parte del capostazione nei confronti della squadra operativa non fosse disciplinato da alcuna norma, bensì oggetto di un accordo verbale, stretto tra le parti poco prima dell’inizio dei lavori, in virtù del quale il capostazione avrebbe dovuto tenere informati i manutentori sulla circolazione dei treni nell’area in cui erano impegnati nei lavori. In ragione di ciò, la sentenza aveva escluso la presenza di una formale posizione di garanzia per il capostazione, ritenendo, tuttavia, decisiva la posizione di garanzia di fatto da lui assunta, che avrebbe dovuto indurlo a vigilare sul pericolo incombente.
Il condannato ha proposto ricorso per cassazione lamentando, fra l’altro, che l’accordo di “protezione” verbalmente intercorso con i manutentori sarebbe stato vago e non lecito, in quanto la protezione in questione costituirebbe onere esclusivo della squadra dei manutentori e non del ricorrente, pacificamente privo di una posizione di garanzia, con la conseguenza che, anche a voler ritenere provato tale accordo, esso non avrebbe reso legittimo il comportamento della squadra di manutenzione. La condotta del gruppo di manutentori avrebbe introdotto un fattore di rischio aggiuntivo del tutto eccentrico rispetto all’area di rischio tipica: la squadra, infatti, avrebbe deciso la liberazione del binario “su avvistamento”, dunque senza interruzione della linea e senza adottare alcuna cautela, nonostante le condizioni di tempo e di luogo non lo consentissero.
La Terza Sezione della Cassazione penale, con sentenza n. 538 del 8 gennaio 2025, ha dichiarato inammissibile il ricorso affermando che: «la sentenza […] ha escluso la presenza di una formale posizione di garanzia […]; questa circostanza, tuttavia, è stata adeguatamente ritenuta recessiva rispetto alla situazione di fatto emersa e riscontrata nel dibattimento con solida motivazione, ossia il già richiamato accordo, assoluto architrave del processo, che aveva fatto sorgere nello stesso ricorrente un obbligo di tutela nei confronti dei componenti della squadra. Non può essere accolta […] la tesi secondo cui, anche a ritenere provato l’accordo “di protezione” tra [il capostazione] e la squadra, la responsabilità per l’evento sarebbe da addebitare esclusivamente a quest’ultima e al suo preposto […] per la palese violazione delle norme sulla protezione del cantiere (in particolare, aver deciso di operare a circolazione attiva, dunque senza chiedere l’interruzione della linea, in ore serali, con scarsa visibilità e senza apporre segnali). Questa tesi risulta superata in sentenza proprio dall’accertamento in fatto che sostiene l’intera decisione, ossia l’accordo tra il ricorrente e i manutentori: muovendo da tale dato, infatti, le decisioni di merito hanno implicitamente ritenuto recessivo il successivo agire dei componenti della squadra, costituendo entrambi i comportamenti – l’imprudente allestimento del cantiere e l’omessa comunicazione dell’arrivo del treno – fattori tra loro indipendenti, ma evidentemente collegati, che hanno contribuito a causare l’evento morte. D’altronde, si ricava per implicito dalla sentenza impugnata, il [capostazione] non avrebbe avuto alcuna ragione di assumere l’impegno di “proteggere” la squadra, nei termini più volte indicati, qualora fosse stato convinto che il cantiere sarebbe stato allestito nel pieno rispetto della normativa antinfortunistica».
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