Eurispes, come l’Italia usa i fondi europei. I casi di successo di Milano e Napoli

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L’Italia è il primo paese europeo per numero di progetti finanziati, un elevato rapporto tra progetti e beneficiari, e una capacità di programmazione inferiore rispetto a quello della maggior parte dei paesi Ue. Questo il quadro che emerge dall’analisi fatta da Eurispes sui 105 miliardi di euro ricevuti dall’Ue nel corso del decennio 2014-2023: il 45% destinati per la gestione dei fondi strutturali (o anche fondi indiretti), e il 55% per altre tipologie di fondi. Da sottolineare che il dato non tiene conto di 35 miliardi di euro ricevuti dall’Ue nel 2023 come tranche dell’anno del Pnrr.

Le peculiarità italiane nell’uso dei fondi Ue

Analizzando nel dettaglio i progetti nel periodo di programmazione 2014-2020 l’Italia si distingue per essere il primo Paese europeo per numero di progetti finanziari, con oltre 740 mila iniziative approvate, pari a circa il 40% del totale dei progetti cofinanziati dall’Ue in quel periodo. Al confronto, altri grandi beneficiari della politica di coesione, come la Polonia e la Spagna, hanno concentrato i fondi ricevuti su un numero nettamente inferiore inferiori di progetti.

Grafico che rappresenta il valore medio dei progetti finanziati nei vari paesi. L’Italia risulta essere il Paese con i finanziamenti, per progetto, più bassi pari a circa 79 mila euro per progetto.

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La conseguenza di questo agire è che il valore medio dei progetti finanziati in Italia risulta essere di circa 79 mila euro a progetto. Cifra che rappresenta il valore più basso. In Romania, per esempio, ciascun progetto ha beneficiato, in media, di un finanziamento di ben 3,2 milioni di euro. Altra peculiarità italiana l’elevato rapporto tra progetti e beneficiari. Questo significa che in media, ciascun beneficiario in Italia ha gestito 8,2 progetti, contro una media di 2-3 progetti nella maggior parte degli altri paesi.

I fondi europei sono un’opportunità: alcuni risultati ottenuti

La complessità burocratica, la frammentazione delle competenze e una capacità amministrativa non sempre adeguata fa sì che l’Italia faccia fatica a usare appieno i fondi europei. Secondo un rapporto della Corte dei Conti italiana, al 2020 l’Italia aveva speso solo il 38% delle risorse assegnate per il ciclo di programmazione 2014-2020, una percentuale tra le più basse in Europa. Altre nazioni, come la Polonia e la Spagna, nello stesso periodo, avevano raggiunto una capacità di spesa rispettivamente del 72% e del 65%. Questa lentezza non solo impedisce di sfruttare appieno le opportunità offerte dai fondi europei, ma espone il Paese al rischio di dover restituire le risorse non utilizzate.

Quando invece si sono riusciti a sfruttare i soldi europei sono nati diversi progetti nell’ambito della riqualificazione urbana, sostenibilità digitalizzazione e molto altro. Qua sotto alcuni esempi.

Riqualificazione area urbana

Matera ha saputo sfruttare al meglio i fondi europei per trasformarsi in un modello di sviluppo sostenibile e di promozione culturale. I fondi europei, in particolare quelli del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale sono stati utilizzati per:

  • riqualificare i “Sassi di Matera”, un patrimonio Unesco che rischiava il degrado, con interventi di restauro e valorizzazione;
  • realizzare nuove infrastrutture, come spazi espositivi e culturali, e migliorare i collegamenti con le principali città del Sud Italia;
  • promuovere il turismo culturale attraverso eventi e iniziative legate alla designazione di Matera come Capitale Europea della Cultura 2019.

Inoltre, dal 2015 al 2019, Matera ha registrato un aumento del 175% delle presenze turistiche, un significativo incremento dell’occupazione nel settore culturale e turistico, e ha attratto investimenti privati per oltre 30 milioni di euro.

Transizione ecologica

In questo ambito Napoli si è distinta per un progetto innovativo che ha coinvolto i quartieri di Scampia e Ponticelli, storicamente associati a criticità sociali, sfruttando i fondi europei per la transizione ecologica. In particolare, sono state intraprese azioni come l’installazione di pannelli solari e sistemi di accumulo energetico sui tetti delle abitazioni popolari, la creazione di cooperative energetiche per coinvolgere i residenti nella gestione e nel monitoraggio dell’energia prodotta e la realizzazione di corsi di formazione per i giovani del territorio nel settore delle energie rinnovabili. Grazie al progetto, i costi energetici per le famiglie sono diminuiti del 30%, e circa 200 giovani sono stati inseriti nel mercato del lavoro come tecnici specializzati.

Inclusione sociale

Milano, spesso considerata un modello di innovazione e pianificazione urbana, ha saputo impiegare i fondi europei per progetti di sostenibilità e inclusione sociale. L’area di Porta Romana, un tempo in stato di abbandono, è stata trasformata in un distretto green grazie ai finanziamenti europei. Sono stati creati parchi urbani, edifici a zero emissioni e spazi destinati all’innovazione tecnologica. Attraverso il Fondo Sociale Europeo Milano ha poi lanciato programmi di formazione professionale per giovani Neet.

Rilancio delle aree interne

Il programma “Strategia Nazionale Aree Interne” ha permesso di attivare finanziamenti per migliorare l’accesso a servizi sanitari, educativi e di trasporto nelle zone più remote.

Dilazione debiti

Saldo e stralcio

 

In Valtellina in Lombardia, i fondi sono stati utilizzati per sviluppare infrastrutture digitali e sostenere l’innovazione nelle aree rurali. Il progetto ha portato all’installazione di reti a banda ultra larga, favorendo la crescita di imprese agroalimentari e turistiche. Sono stati avviati programmi di formazione per agricoltori, incentivando l’uso di tecnologie avanzate per la produzione e la sostenibilità. Questo ha aumentato l’attrattività della zona per i giovani, riducendo l’emigrazione verso le città.

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