Un primo risultato Donald Trump lo ha conseguito e solo il tempo dirà se è solido e duraturo: l’Europa si sta ricompattando dopo che il presidente americano ha preso le distanze dal vecchio continente e ha più volte spiegato che gli Stati Uniti non sono più disponibili a garantirne la sicurezza. C’è un altro effetto, imprevisto: il Regno Unito, a cinque anni dalla Brexit, sta dialogando di nuovo con l’Unione Europea per organizzare un sistema di difesa comune. L’obiettivo è proseguire il sostegno dell’Ucraina nella guerra, ancora in corso, iniziata dalla Russia, ma anche schierare soldati a garanzia della pace se ci sarà l’accordo sul cessate il fuoco. E soprattutto dotare l’Europa di un sistema di difesa efficace, a partire dallo scudo nucleare, che non dipenda più dagli Usa.
Un retroscena molto dettagliato, pubblicato dal Financial Times, rivela che i Paesi europei e la Gran Bretagna stanno studiando un Fondo comune che metta a disposizione le risorse economiche per rinnovare e migliorare l’arsenale in un progetto di difesa del continente. Se ne dovrebbe parlare, già questa settimana, a margine del vertice del G20 che si svolgerà a Città del Capo. A illustrarlo ai colleghi sarà la cancelliera dello Scacchiere britannica, Rachel Reeves, su incarico del primo ministro Keir Starmer. Secondo il ministro delle Finanze polacco, Andrzej Domanski, il piano potrebbe prevedere un fondo, ma anche una «banca del riarmo», «ma senza la Gran Bretagna è difficile immaginare un progetto di difesa comune». Ieri Starmer, in un discorso alla Camera dei Comuni, ha annunciato che il Regno Unito «aumenterà la spesa per la difesa al 2,5 per cento del Pil entro il 2027».
L’obiettivo è arrivare al 3 per cento nella prossima legislatura. «È giunta l’ora di combattere per la pace in una nuova era pericolosa per il mondo. I tiranni come Putin capiscono solo il linguaggio della forza» ha aggiunto Starmer. Il primo ministro britannico ha confermato che, nel fine settimana, si svolgerà a Londra un vertice con altri leader europei sulla guerra in Ucraina. Domani Starmer sarà a Washington e incontrerà Trump, dunque il summit successivo servirà anche a fare il punto della situazione, così come l’analogo confronto online previsto oggi con Macron. Più nel dettaglio: questa mattina i 27 leader europei parleranno in teleconferenza a proposito del faccia a faccia tra Macron e Trump di lunedì scorso. La riunione, però, è stata convocata dal presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa, in vista di un altro vertice straordinario (il 6 marzo). L’incontro di Londra invece avverrà probabilmente domenica. Starmer ha spiegato di voler fare da ponte fra America ed Europa, di non voler scegliere fra questi partner della Nato. Ha aggiunto: «Gli Usa resteranno l’alleato più importante del Regno Unito a livello bilaterale».
Al summit di Londra, con lo stesso format visto a Parigi la settimana scorsa, sono attese anche le presidenti del Consiglio, Giorgia Meloni, e della Commissione europea, Ursula von der Leyen. Vertici online, riunioni in presenza, confronti, faccia a faccia, colloqui telefonici: tra Londra, Parigi, Bruxelles, ma anche Roma c’è molto attivismo. È anche il segnale di una reazione dell’Europa e del tentativo di ritrovare compattezza. Macron, appena tornato da Washington, ha parlato con Starmer («Trump lavora a una pace duratura in Ucraina» hanno concordato i due leader) e con il presidente ucraino Zelensky. Presto ci sarà un altro protagonista sul palcoscenico, incoronato dalle recenti elezioni, anche se molta della sua credibilità dipenderà dalla capacità di creare una coalizione solida entro Pasqua, come lui stesso ha promesso: è il futuro cancelliere tedesco Friedrich Merz, che ha rimarcato più volte la necessità di aumentare la spesa per la difesa. Il britannico The Telegraph ieri ha raccontato che la Francia ha messo a disposizione i suoi caccia da combattimento, da posizionare in Germania, per garantire lo scudo nucleare. Quello attuale rischia di sparire se davvero Trump ha intenzione di ridimensionare l’impegno militare degli Stati Uniti nel vecchio continente. Un funzionario francese, parlando al Telegraph, ha spiegato che inviare aerei da combattimento in Germania «non dovrebbe essere difficile e manderebbe un messaggio forte»; farebbe anche pressione su Starmer «affinché faccia una mossa simile». La Francia dispone di 300 armi nucleari nel suo programma di “forza di dissuasione”.
RISORSE
Sul nodo delle risorse economiche, ieri Politico ha scritto che i Paesi Ue stanno valutando se e come impiegare i fondi statali russi congelati e conservati in un istituto finanziario belga. Scrive Politico: «La parte più rilevante di quei fondi, circa 200 miliardi di euro, è detenuta nell’istituto finanziario Euroclear con sede a Bruxelles e sta fruttando interessi. Gli Stati Uniti, d’altro canto, detengono solo 5 miliardi di dollari. Il sequestro di tali beni è un’opzione drastica che garantirebbe quasi certamente all’Europa un posto più importante al tavolo delle trattative, dopo che gli Stati Uniti e il Cremlino ne hanno escluso l’opportunità nei recenti colloqui a Riad, in Arabia Saudita». Le nazioni del Nord Europa, in particolare i Paesi Baltici, sostengono che quelle risorse debbano essere usate per sostenere l’Ucraina. Secondo Politico, però, altri leader europei temono gli effetti collaterali di una scelta così drastica: «In Europa ci sono i “pezzi grossi” (Francia, Germania, Italia, Spagna e la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen) che temono che confiscando i fondi l’Ue spaventerebbe gli investitori internazionali e rinuncerebbe al suo più grande vantaggio nei colloqui di pace». La Banca Mondiale ha calcolato che all’Ucraina serviranno oltre 500 miliardi di euro per la ricostruzione e per la ripresa del Paese.
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