Worry gap: perché le donne si preoccupano di più

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Essere più preoccupate è una caratteristica delle donne. Al di là dei luoghi comuni, secondo i quali “le donne sono agitate” o “nervose”, provare più ansia e sentirsi sopraffatte dai pensieri è una condizione più tipicamente femminile e a dirlo è anche la scienza. Si tratta del cosiddetto worry gap, motivato, però, non solo da questioni ormonali: la società contribuisce, e non poco, a gravare le donne di stress, che a volte diventa anche rabbia.

Cos’è il Worry gap

Diversi studi indicano che il worry gap non è solo una sensazione: le donne si preoccupano di più per questioni che hanno a che fare con la famiglia e la gestione dei figli, ma anche con le dinamiche di lavoro. In particolare uno studio del 2023 pubblicato su Nature Neuroscience dimostrava che si tratta di una condizione vera e propria. Consiste nel divario nel livello di preoccupazioni tra uomini e donne.

Cosa dice la scienza

A riprendere le conclusioni della ricerca era stato anche Le Figaro, che citava alcuni dati del Ministro della Salute francese, secondo cui 1 adulto su 5 (21%) tra i 18 e i 65 anni è soggetto a gravi disturbi di ansia durante la propria vita. Le donne, però, hanno un rischio persino doppio. Un’ulteriore conferma arriva anche dagli USA, dove secondo il report annuale del Natural Center for Social Research, da gennaio 2022 le donne si dicono preoccupate in una percentuale doppia rispetto agli uomini (rispettivamente il 18% e il 9%). Nel caso dei genitori, poi, questo divario aumenta fino a tre volte tanto (23% vs 8%).

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Worry gap: di cosa si preoccupano le donne

Nello specifico, la metà delle madri (53%) si sente caricata da pensieri che riguardano la salute dei propri figli, contro il 34% dei padri. Lo stesso vale quando si tratta dei genitori che diventano anziani, che sono fonte di ansia per il 52% per le donne e il 32% degli uomini. Di recente anche il New York Times è tornato a occuparsi del fenomeno, anche perché è sempre più diffusa l’idea che il motivo di queste differenze non sia prettamente fisiologico o biologico: insomma, non è soltanto questione di ormoni.

Perché le donne si sentono in ansia

«Confermo che è così anche in Italia e un’ulteriore dimostrazione arriva dall’incidenza delle patologie autoimmuni, che oggi notoriamente sappiamo hanno a che fare con lo stress e che, guarda caso, colpiscono nell’80% le donne», conferma Agnese Scappini, psicologa del lavoro e psicanalista. «Questa maggior diffusione è legata al ruolo sociale riconosciuto alle donne, cioè di accudimento. La “femmina” nel genere umano, e nello specifico nella società occidentale, è educata a questo, ci si aspetta che sia lei a occuparsene, infatti si immagina che sia la mamma a preparare la cena ed è lei che viene chiamata dalla scuola se il bambino non sta bene», aggiunge Scappini.

L’educazione di specie

Oggi le donne sono ancora più affaticate a causa dell’educazione di genere: «Siamo fisicamente e biologicamente strutturate a ospitare un altro essere vivente, sia nel corpo che nella mente, questo è noto. Nella nostra società, però, questo concetto viene portato all’estremo – prosegue Scappini – Oggi si richiede di più al genere femminile: la donna non deve più solo svolgere quel compito di accudimento della famiglia in casa, ma anche ci si aspetta anche abbia una carriera, per cui è affermata se è all’altezza dei compiti dentro e fuori casa. Quindi, occorre soddisfare le aspettative in più ambiti, con un maggiore carico di stress».

Le donne e lo sguardo periferico

Secondo la psicoanalista Anaïs Le Brun-Berry, su Le Figaro, le donne si trovano a dover gestire spesso troppe incombenze in ambiti diversi e per questo tendono alla “prevenzione permanente”: non aspettano più che i problemi si presentino, ma cercano di anticiparli e prevenirli, aumentando però il senso di ansia. «La donna ha il cosiddetto “sguardo periferico”, mentre l’uomo è rivolto al focus, allo scopo. Si tratta di una caratteristica che affonda le radici nelle origini del genere umano, quando l’uomo si concentrava sulla caccia e la donna gestiva invece anche la rete di relazioni all’interno del clan».

Le donne percepiscono (e subiscono) più minacce

«Questo ha comportato da sempre una maggior attenzione femminile a percepire stati emotivi, sia propri che del suo contesto – spiega la psicologa – Per questo le donne si prestano di più a intercettare eventuali pericoli, angosce, problemi e paure, per questo vive maggiormente l’ansia, per sé e per i figli, per esempio. A questo si aggiunga che quello femminile è anche il genere più esposto alle minacce, come nel campo lavorativo con il mobbing e altri fenomeni, per cui deve dare di più per ottenere quanto un uomo».

Da dove nasce la “pre-occupazione”

Vivere con maggiore ansia, quindi, è realmente una peculiarità femminile: «L’ansia, che in psicanalisi definiamo “ansia generalizzata” o “ansia senza oggetto”, nasce proprio dall’aspettativa del problema, non tanto dal problema imminente, che paradossalmente è risolvibile con un’azione concreta. La preoccupazione, invece, come dice la parola stessa, è dovuta al pre-occuparsi, cioè proprio occuparsi prima di qualcosa che non è ancora accaduto. Una donna tendenzialmente fa proprio questo». Oggi le richieste sociali hanno amplificato questo fenomeno.

Worry gap: dall’ansia alla rabbia

Quando si tratta di lavoro, invece, c’entrerebbero le disparità. Secondo le sociologhe Robin W. Simon e Kathryn Lively coautrici del paper Sex, Anger and Depression, le donne convogliano ansia, depressione e autolesionismo in un sentimento di rabbia, dovuto a disuguaglianze nelle norme di genere, discriminazioni e abusi, che generano stress. «Le disparità di genere sul lavoro portano le donne a impegnarsi di più, ma a fronte di meno conferme retributive, rispetto all’uomo. Questo può portare a stati di ansia, angoscia o persino depressivi, quando la rabbia insorge, che creano malesseri maggiori», conferma Scappini.

Meno educate a esprimere la frustrazione

«La donna, inoltre, non è educata ad arrabbiarsi, perché le viene insegnato che non dovrebbe esprimere questo tipo di sentimento, ma essere sorridente e calma – sottolinea l’esperta – La conseguenza è che ha meno dimestichezza e libertà nel gestire queste emozioni. Quando insorgono, quindi, si tende a reprimerle, aumentando però l’angoscia», conclude Scappini.

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