La sanità è il cuore del problema. Basta un solo dato: il 70% del bilancio della Regione Calabria è destinato alla sanità. Un flusso di denaro senza soluzione di continuità. Per la sanità privata si parla di 6 miliardi di euro all’anno e il settore della salute mentale è uno dei più remunerativi. Dopo la tragica morte di Salvatore Iaccino a Villa degli Oleandri è doveroso cercare di capire come funziona questo sistema per arrivare alla verità sulle cause che hanno portato alla morte dello storico ultrà cosentino.
È importante sottolineare che molte delle strutture di salute mentale nella provincia di Cosenza, comprese le cliniche psichiatriche private e le R.E.M.S (Residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza), hanno enormi finanziamenti pubblici per la gestione dei pazienti psichiatrici. Questo sistema, purtroppo, ha permesso la creazione di un modello che, sebbene non sia formalmente un Ospedale Psichiatrico Giudiziario (OPG), presenta molte analogie con essi, in particolare per quanto riguarda le condizioni di reclusione e il trattamento violento dei pazienti. Violenza che il sistema psichiatrico utilizza per trattarti farmacologicamente obbligatoriamente.
Queste strutture hanno funzionato da sostituti indiretti degli ex OPG, con la conseguenza che i pazienti, alcuni dei quali provenivano da questi ex ospedali psichiatrici, sono stati trasferiti in queste cliniche private e in altre strutture, dove continuano ad essere trattati con un accanimento farmacologico e in condizioni disumane. I finanziamenti pubblici ricevuti da queste strutture non vengono impiegati per un’adeguata riabilitazione psico-sociale, ma piuttosto per alimentare un sistema che continua a mantenere i pazienti in una condizione di isolamento e privazione dei diritti fondamentali.
Le morti sospette di Villa degli Oleandri non sono solo quelle di Salvatore Iaccino e di Gianmatteo Broccolo ma sono molte ma molte di più. Recentemente la procura di Cosenza ha assolto il titolare Giorgio Crispino da un procedimento scaturito dalla denuncia dei familiari di una paziente deceduta in circostanze non chiare. Si chiamava Angelina Marotta. Un altro paziente, Francesco Staglianò, è deceduto in questi anni e non osiamo pensare quante altri morti sospette ci siano state ancora.
Tutto viene subordinato al meccanismo finanziario che sostiene queste strutture: il famigerato business. Le cliniche stanno in piedi esclusivamente per intascare la mole di finanziamenti pubblici che vengono concessi per la spesa farmaceutica e non solo. La spesa farmacologica totale, che include farmaci sedativi e psichiatrici, è chiaramente una delle principali fonti di reddito per queste strutture. Questo sistema consente loro di continuare a operare nonostante le gravi violazioni dei diritti umani, mentre i pazienti vengono mantenuti in condizioni di accanimento terapeutico senza alcun beneficio terapeutico reale.
Per non parlare dell’assoluta mancanza di una cura adeguata per la persona. Queste strutture sembrano concentrarsi più sul risparmio che sull’effettiva riabilitazione dei pazienti, riducendo drasticamente il personale riabilitativo e sociale. Di fatto, i pazienti vengono privati di relazioni sociali significative e di un percorso terapeutico volto alla loro riabilitazione psicologica e sociale.
Non è finita qui. Bisogna spiegare a chi ci legge quanto sia grave anche la mancanza di stanze di contenimento e uso di pratiche violente:
- È noto che in strutture psichiatriche che rispettano i principi della Legge Basaglia esistono stanze di contenimento adeguate, progettate per calmare persone in stato di agitazione senza che possano nuocere a sé stessi o ad altri. Tuttavia, nelle strutture della provincia di Cosenza, queste stanze di contenimento non esistono o sono del tutto inadeguate.
- Al contrario, viene usato ancora l’accanimento farmacologico, con iniezioni forzate e legature fisiche (cinghie di contenimento) per immobilizzare i pazienti, in un chiaro contrasto con i principi della Legge Basaglia, che sancisce il diritto alla cura senza l’uso di pratiche violente.
- Questi metodi, che non solo sono inutili ma anche dannosi per il benessere psicologico e fisico dei pazienti, continuano a essere impiegati in strutture pubbliche e private, come risulta dalle testimonianze e dalle esperienze dirette di molti pazienti, creando una condizione di trattamenti inumani e degradanti.
- E che dire dell’ideologia medica basata sulla terapia farmacologica a vita?
- È evidente che in molte di queste strutture psichiatriche, la cura del paziente è ridotta a una terapia farmacologica a vita, con iniezioni mensili di antipsicotici, senza una valutazione individualizzata delle necessità del paziente.
- L’uso di antipsicotici a lunga durata d’azione viene imposto come unica forma di cura, senza che venga mai intrapreso un percorso di riabilitazione psichica e sociale volto a reintegrare il paziente nella società. Questa ideologia medica riduce il paziente a un corpo da gestire farmacologicamente, senza alcuna considerazione per la sua autonomia e dignità.
- Questo approccio terapeutico non solo è inadeguato, ma viola il diritto alla cura personalizzata e alla libertà di scelta terapeutica, costringendo i pazienti a vivere sotto un trattamento obbligatorio, senza la possibilità di un’alternativa terapeutica.
- Le pratiche descritte sono in violazione della Costituzione Italiana, che garantisce il diritto alla salute (articolo 32) e alla dignità della persona, e sono in contrasto con la Legge 180/1978 (Legge Basaglia), che ha sancito l’abolizione degli ospedali psichiatrici e il diritto alla cura in strutture che rispettino i diritti fondamentali degli individui. Inoltre, queste pratiche violano la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, in particolare l’articolo 3, che proibisce trattamenti inumani e degradanti.
Davanti a tutto questo scenario desolante, i vertici della sanità, poi, sono completamente conniventi con le pratiche dei signori delle cliniche. Per chi dovesse lamentarsi, insomma, c’è davanti una sorta di muro di gomma inespugnabile: procura, finanza, Asp e Regione. Niente da fare.
Per onestà intellettuale è necessario sottolineare come anche i lavoratori delle cliniche siano vittime del sistema e finiscano per eseguire i terribili ordini dei medici-imprenditori che fanno affari per non perdere il lavoro. Mentre ci sono pochi privilegiati, la maggior parte della forza lavoro viene trattata alla meno peggio. Sempre più lavoro sempre meno soldi. Rubano ai poveri per diventare sempre più ricchi. E’ questa la logica che accomuna chiesa e cliniche psichiatriche. E’ un vecchio “cult” del clero cosentino: dagli orrori dell’Istituto Papa Giovanni di Serra d’Aiello a quelli di Villa degli Oleandri il passo è brevissimo. Lavoratori licenziati da anni che ancora oggi attendono i loro soldi, altri che lavorano senza contratto e in balia delle onde. Una situazione comune a quella di altre cliniche cosentine. Qui si “alzano” soldi. Costi quel che costi. E muoia chi deve morire. E nessuno deve parlare. Ordine del muro di gomma.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link