L’amministrazione repubblicana vuole annullare le protezioni marine per espandere le trivellazioni offshore. Greenpeace, Sierra Club e altre associazioni intentano cause legali per bloccare il piano, difendendo oceani e comunità costiere. Il braccio di ferro per l’ambiente continua
Gli oceani sono di nuovo nel mirino del presidente USA, Donald Trump, ma gli ambientalisti non restano a guardare.
Greenpeace, Sierra Club e altre associazioni hanno lanciato la prima causa legale per fermare i piani di Donald Trump, che vuole espandere le trivellazioni offshore e cancellare alcune importanti protezioni marine. Una mossa che mette a rischio interi ecosistemi e le comunità costiere. La battaglia è appena iniziata, e la domanda è una sola: riusciranno gli attivisti a fermarlo prima che sia troppo tardi?
Appena insediatosi per il suo secondo mandato, il presidente degli Stati Uniti ha firmato un ordine esecutivo che revoca le misure adottate dall’ex presidente Joe Biden per proteggere vaste aree costiere dalle trivellazioni offshore. Una decisione che ha scatenato una risposta immediata da parte delle organizzazioni ambientaliste.
Il 19 febbraio, i gruppi ambientalisti hanno presentato la prima causa ambientale contro l’amministrazione Trump per proteggere gli oceani dalle trivellazioni.
Trivelle nei mari: il ritorno della vecchia battaglia
L’industria petrolifera statunitense già produce più petrolio di qualsiasi altra nazione, ma Trump intende ampliare ulteriormente l’estrazione offshore. Lo slogan “Trivella, baby, trivella!” torna a echeggiare nei palazzi del potere, mentre gruppi ecologisti corrono ai ripari per salvaguardare le acque protette.
President-elect Trump say he plans to reverse President Biden’s executive order that protected more than 625 million acres of the ocean from offshore drilling.
“It will be done immediately and we will, ‘Drill, baby, drill.’” pic.twitter.com/VeUs7Sh6dB
— CBS News (@CBSNews) January 7, 2025
“Abbiamo già visto gli effetti devastanti delle trivellazioni offshore sui nostri oceani e sulle comunità costiere”, ha dichiarato Devorah Ancel, avvocato senior di Sierra Club. “Non possiamo permettere che si ripeta lo stesso disastro”.
Le due cause per difendere l’oceano
Le azioni legali presentate nell’ultima settimana si concentrano su due fronti:
- Revoca delle protezioni di Biden: il primo ricorso, presentato da Greenpeace, Oceana e altre associazioni, contesta la legittimità dell’ordine esecutivo di Trump, che cancella milioni di ettari di oceano precedentemente esclusi dalle concessioni petrolifere. Secondo Earthjustice, l’organizzazione che rappresenta molti gruppi coinvolti, l’Outer Continental Shelf Lands Act non concede ai presidenti il potere di revocare le protezioni stabilite dai loro predecessori;
- Protezione dell’Artico e dell’Atlantico: la seconda causa mira a ripristinare una sentenza federale del 2021, che impedì a Trump di rimuovere le restrizioni introdotte dall’amministrazione Obama sulle trivellazioni nell’Artico e nell’Atlantico. Secondo Sierra Weaver, avvocato senior di Defenders of Wildlife, “l’oceano Artico è stato protetto per anni e la legge lo ha confermato. Trump non può semplicemente ignorare questa realtà”.
Le comunità costiere si mobilitano
Oltre agli attivisti, anche le comunità costiere degli Stati Uniti sono sul piede di guerra. Circa il 40% degli americani vive in contee che dipendono da un oceano sano per la loro economia, dal turismo alla pesca. “Trump dimostra ancora una volta di non preoccuparsi di chi vive vicino al mare”, ha dichiarato Joseph Gordon, direttore della campagna Oceana.
In gioco non ci sono solo gli ecosistemi marini, ma anche il futuro economico di intere regioni. L’inquinamento da fuoriuscite petrolifere e l’impatto sul turismo e sulla pesca commerciale potrebbero causare danni irreparabili.
Il precedente del 2019 e la sfida legale
Non è la prima volta che Trump tenta di ridurre le protezioni ambientali per favorire l’industria del petrolio e del gas. Nel 2019, durante il suo primo mandato, cercò già di cancellare i divieti di trivellazione imposti da Obama, senza però riuscirci.
“Abbiamo già vinto una volta, e lo faremo di nuovo”, ha ribadito Gene Karpinski, presidente della League of Conservation Voters, uno dei gruppi che guidò la battaglia legale precedente.
Mentre i tribunali statunitensi si preparano a decidere il destino di milioni di acri di oceano, la lotta tra ambientalisti e amministrazione Trump si fa sempre più accesa. Gli attivisti sperano in una nuova vittoria legale che possa salvaguardare le acque protette e inviare un messaggio chiaro: la tutela dell’ambiente non è negoziabile.
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