Il patto politico mafioso dietro le elezioni del 2021 a Misterbianco e Ramacca

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Sconto crediti fiscali

Finanziamenti e contributi

 


Le figure di Matteo Marchese, Nunzio Vitale e Salvatore Fornaro – arrestati nel blitz antimafia scattato questa mattina ad opera dei carabinieri del Ros, coordinati dalla procura di Catania – aprono lo scenario “Mercurio” anche su due comuni della provincia etnea: Misterbianco e Ramacca. Da un lato, infatti, Marchese consigliere comunale di Misterbianco, eletto con Italia Futura e poi passato all’Mpa, arrestato con l’accusa di scambio elettorale politico mafioso in occasione delle elezioni amministrative per il rinnovo del consiglio comunale del comune di Misterbianco del 2021. Dall’altro, a Ramacca, l’elezione di Vitale a sindaco e Fornaro a consigliere comunale sempre con l’infiltrazione della mafia. Sia a Misterbianco che a Ramacca, infatti, il patto sarebbe stato stilato con la famiglia più potente, quella dei Santapaola-Ercolano. Uno scambio voti-interessi che, da sempre, è protagonista di campagne elettorali e, nel blitz denominato “Mercurio”, ha scoperchiato ancora una volta il legame, quasi indissolubile, che c’è tra politica e mafia. 

Mafia e politica, tra i 19 arrestati anche il deputato regionale dell’Mpa Giuseppe Castiglione

Misterbianco, dallo scioglimento per mafia alle nuove elezioni

Matteo Marchese era titolare del patronato Caf centro servizi di Misterbianco e responsabile di un centro per assistenza agli anziani. Ed era anche componente della giunta Di Guardo, quando, l’1 ottobre 2019 a seguito di un decreto del Presidente della Repubblica, il consiglio comunale era stato sciolto per infiltrazioni mafiose. Tali legami erano emersi a conclusione dell’indagine denominata “Revolution Bet” che aveva coinvolto il vicesindaco ed assessore alla manutenzione, verde pubblico, sport ed attività produttive del comune, Carmelo Santapaola. Quest’ultimo era stato posto agli arresti domiciliari con l’accusa di intestazione fittizia di beni e sospeso dalle sue funzioni dal prefetto Claudio Sammartino. Il giorno stesso Santapaola aveva rassegnato le sue dimissioni.

Assistenza per i sovraindebitati

Saldo e stralcio

 

Furono giorni particolarmente movimentati quelli a Misterbianco. Il leader dell’opposizione, il consigliere comunale Marco Corsaro, chiamò la città alla mobilitazione chiedendo le dimissioni dell’allora sindaco Di Guardo che, di tutta risposta, annunciò la sua volontà a rimanere. Qualche mese dopo arrivò la delibera di scioglimento del comune. Così scriveva l’allora Ministro degli Interni a conclusione degli accertamenti disposti dal Prefetto di Catania: “Le circostanze analiticamente esaminate e dettagliatamente riferite nella relazione del Prefetto hanno rivelato una serie di condizionamenti nell’amministrazione comunale di Misterbianco, volti a perseguire fini diversi da quelli istituzionali, che hanno determinato lo svilimento e la perdita di credibilità dell’istituzione locale, nonché il pregiudizio degli interessi della collettività, rendendo necessario l’intervento dello Stato per assicurare la riconduzione dell’ente alla legalità”.

Voti in cambio del “controllo sulla pubblica amministrazione”

Il 24 ottobre 2021, dopo 18 mesi di amministrazione commissariale, si tenevano le elezioni amministrative per il rinnovo del consiglio comunale e l’elezione del sindaco di Misterbianco. In questa tornata elettorale, Marchese era candidato nella lista Sicilia Futura, in appoggio al candidato sindaco Antonino Di Guardo e quale assessore designato. “La scelta dell’associazione mafiosa di appoggiare la candidatura di Marchese, anche incidendo nella formazione delle liste, era il risultato di un percorso portato avanti da Domenico Colombo ed iniziato nel mese di maggio 2021, con la volontà di acquisire, in caso di vittoria di Marchese, il controllo sulla pubblica amministrazione”, scrivono gli inquirenti nella ricostruzione del legame politica-mafia durante le elezioni del 2021 a Misterbianco. 

Il matrimonio con invitati “scomodi”

Un primo riferimento all’ascesa di Marchese si ricava dalle intercettazioni di una conversazione telefonica nella quale Domenico Colombo, tra gli arrestati del blitz, puntualizza la promessa di una candidatura a consigliere comunale e il reperimento di voti. Il legame tra i due era forte tanto che Colombo voleva che Marchese officiasse il suo imminente matrimonio, il 16 settembre. Ma le elezioni sarebbero state dopo e, quindi, Marchese rifiuta: “Eh, o frati, le elezioni sono a ottobre!… che ti posso fare io?…Non vi posso dare aiuto. Ci sono, non ci sono problemi, sono accanto a voi, però se mi parli di sposarvi con la fascia se ne parla dopo”. 

I nomi degli arrestati nel blitz “Mercurio”

C’è poi un altro momento della conversazione nella quale si capisce come Marchese fosse “perfettamente a conoscenza anche dell’appartenenza di Antonino Bergamo” all’associazione mafiosa. Il candidato di Sicilia Futura non vuole che Bergamo venga invitato alla cerimonia “proprio per evitare, visto l’avvio della sua campagna elettorale, di rendere pubblica la sua frequentazione con soggetti condannati per associazione mafiosa”. Nelle intercettazioni, Marchese: “Ora mi ascolti Domenico. Tu a Nino, per ora, non lo devi invitare, devi capire certe cose tu. Io in questo momento sono all’opera no?”.

Un’ammissione involontaria, quindi, della paura di cosa avrebbe comportato la notizia della loro frequentazione. Ma come mai Marchese, invece, non nutriva lo stesso timore per l’appoggio di Colombo, la cui contiguità alla famiglia gli era ben nota? Alla base, una differenza sostanziale: Colombo, a differenza di Bergamo, fino a quel momento non era stato mai colpito da alcun provvedimento che potesse disvelare una sua appartenenza mafiosa. Per questa ragione, Marchese non riteneva pericoloso farsi vedere in sua compagnia. Al matrimonio, alla fine, sarebbero però stati tutti presenti nonostante i timori di Marchese. L’ultimatum di Colombo era stato chiaro: cambiare atteggiamento verso gli appartenenti all’associazione altrimenti non gli avrebbe procurato i voti.

Il timore di un insuccesso

Dopo qualche giorno, la pressione si fa sentire e Colombo teme di non poter raggiungere l’obiettivo che si era prefissato, cioè consentire a Marchese di assumere la carica di vicesindaco. Un fallimento che, però, non riteneva addebitabile al suo operato, ma legato al fatto che il candidato sindaco Di Guardo non era gradito alla maggioranza dei cittadini, comportando un calo di consensi per lo stesso Marchese. “‘Mbare, purtroppo, il sindaco Nino Di Guardo non lo vuole nessuno… io gliel’ho fatto presente a Matteo, però Matteo, purtroppo, non lo capisce, ma siccome, ‘mbare, il voto glielo dobbiamo dare a Matteo…”, si legge nelle intercettazioni.

L’ottimo risultato di Marchese alle elezioni

Marchese, dal punto di vista personale, otteneva però un ottimo risultato con 481 voti, che però lo collocavano al secondo posto. Non esitava, quindi, a lamentarsi con Colombo per la mancanza di voti che invece si sarebbe aspettato da alcune sezioni. Nonostante il positivo risultato raggiunto, infatti, era sfumata la possibilità di influire sulle scelte ed ingerirsi nella pubblica amministrazione. I piani erano falliti e a Colombo non restava altro che prenderne atto. Rimaneva una timida speranza: essere nell’opposizione. “Voti ne sono mancati assai…poi ci dobbiamo fare una chiacchierata”, dichiarava Marchese a Colombo.

La famiglia di Ramacca e il condizionamento delle elezioni

L’attività investigativa dietro il blitz “Mercurio” ha accertato anche la capacità della famiglia mafiosa di Ramacca – sempre collegata a quella catanese dei Santapaola-Ercolano – di condizionare l’esito delle consultazioni elettorali amministrative per il comune etneo, avvenute lo scorso 11 ottobre 2021. Alla base un patto tra gli affiliati, Antonio Di Benedetto e Salvatore Mendolia, e i candidati a sindaco Nunzio Vitale e a consigliere Salvatore Fornaro, con la lista “Ramacca costruiamo una bella storia”. L’accordo avrebbe previsto l’impegno da parte degli affiliati di procurare voti a favore dei due politici in cambio dell’affidamento di lavori pubblici a ditte segnalate dalla stessa associazione mafiosa. Non solo. L’accordo avrebbe riguardato, spiega la Dda, anche “la carriera politica” di Fornaro che, in quanto strettamente legato a Di Benedetto, doveva avere garantito un ruolo strategico all’interno dell’amministrazione comunale. Vitale e Fornaro, tra i 19 arrestati del blitz, risulteranno poi eletti rispettivamente a sindaco e consigliere. Fornaro poi ricoprirà il ruolo di vicepresidente del consiglio comunale.

Conto e carta

difficile da pignorare

 



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link