Finanziamenti per biodiversità: cosa aspettarsi dalla COP16 di Roma

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Riparte oggi, 25 febbraio, a Roma la Conferenza mondiale sulla Biodiversità delle Nazioni Unite, dopo una prima sessione a Cali in Colombia a fine ottobre scorso. La nuova COP16 sarà l’occasione per trovare finalmente un accordo sulle azioni per invertire la perdita di biodiversità entro il 2030 e per sciogliere il nodo dei finanziamenti globali riservati al settore.

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Nel dettaglio, la COP16 di Roma mira a raggiungere quanto ancora non ottenuto durante il precedente appuntamento in Colombia in cui i 196 Paesi coinvolti non sono riusciti a trovare un accordo definitivo per raggiungere i target sulla biodiversità

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In occasione della ripresa dei negoziati globali per la tutela della biodiversità ospitati nella capitale presso la FAO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura), l’UE ha già dichiarato che si adopererà per raggiungere un accordo sulle decisioni in sospeso, tra cui la mobilitazione di risorse finanziarie indispensabili per garantire la tutela della biodiversità. 

“L’UE e i suoi Stati membri restano fermamente impegnati a favore dell’attuazione del quadro globale sulla biodiversità, incluso degli obiettivi relativi ai finanziamenti da tutte le fonti. In questa nuova fase dei negoziati, insieme, dobbiamo trovare un modo per garantire il proseguimento di un finanziamento efficace e coerente a favore della biodiversità dopo il 2030. Siamo pronti a collaborare con tutte le parti per andare avanti e sfruttare i progressi compiuti a Cali”, ha dichiarato a tal proposito Jessika Roswall, Commissaria per l’Ambiente, la resilienza idrica e un’economia circolare competitiva. 

Cosa è emerso dalla COP16 di Cali

La COP16 di Cali è stato il primo incontro tra i rappresentanti dei 196 Paesi firmatari del Quadro Globale per la Biodiversità (Global Biodiversity Framework – GBF) siglato nel 2022 in occasione della COP15 (Kumming-Montreal). Si tratta di una roadmap con obiettivi ben definiti per proteggere e ripristinare la biodiversità a livello globale. 

Durante la conferenza colombiana, le parti hanno raggiunto progressi significativi nell’attuazione del GBF, adottando una posizione comune su questioni rilevanti. Ne è un esempio il meccanismo multilaterale per l’uso delle informazioni di sequenziamento digitale (DSI) delle risorse genetiche, con l’istituzione di un nuovo fondo, chiamato Cali Fund.

Tuttavia, nonostante gli importanti risultati, non è stato possibile raggiungere un accordo per attuare pienamente il Quadro Globale per la Biodiversità, soprattutto a causa di profonde divisioni tra Paesi sviluppati e in via di sviluppo in merito alla questione della mobilitazione delle risorse finanziarie.

Rispetto al tema dei finanziamenti, infatti, il GBF prevede che siano destinati almeno 200 miliardi di dollari all’anno entro il 2030 per la conservazione della biodiversità. In particolare, ai Paesi più ricchi è richiesto di aumentare progressivamente il proprio contributo ai flussi finanziari internazionali per la biodiversità, portandolo ad almeno 20 miliardi di dollari all’anno entro il 2025 e a 30 miliardi di dollari entro il 2030. L’obiettivo è di colmare un divario di finanziamento per la biodiversità pari (in base alle stime del GBF) a 700 miliardi di dollari da qui al 2030. 

Proprio l’apporto richiesto ai Paesi sviluppati nell’ambito del Quadro Globale per la Biodiversità ha rappresentato uno dei punti di maggiore tensione alla prima parte della COP16: secondo gli ultimi dati dell’OCSE, infatti, i Paesi sviluppati sono ben al di sotto della quota che dovrebbero garantire. Per tale ragione, alla conferenza di Cali 20 ministri di nazioni meno sviluppate hanno rilasciato una dichiarazione esortando i governi del nord globale a rispettare l’obiettivo dei 20 miliardi al 2025, suggerendo anche la creazione di un gruppo di lavoro congiunto tra ministri delle finanze e dell’ambiente per garantire il rispetto di tale scadenza. 

Al centro del conflitto tra Paesi sviluppati e in via di sviluppo, anche il Global Biodiversity Framework Fund (GBFF), pacchetto finanziario approvato alla COP15, ospitato presso il Global Environmental Facility (GEF), fondo multilaterale istituito al summit di Rio nel 1992 con l’obiettivo di finanziare progetti legati alla biodiversità e al contrasto al climate change. Tale soluzione, infatti, ha suscitato un certo scontento tra i Paesi in via di sviluppo che, sotto la guida del Brasile, hanno chiesto la creazione di un nuovo fondo ad hoc dedicato alla natura, gestito direttamente dalla governance della COP. A tale richiesta, rinnovata dai Paesi in via di sviluppo alla COP16 di Cali, le nazioni più ricche hanno risposto annunciando 163 milioni di dollari aggiuntivi per il GBFF, portando la dotazione del fondo a 396 milioni di dollari. Una cifra comunque considerata molto esigua dagli Stati meno sviluppati.  

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Per superare l’impasse, la presidente della COP16, Susanna Muhamad, ha presentato ai delegati un nuovo testo, non approvato a causa della mancanza di un quorum, che proponeva la creazione di un fondo globale per la biodiversità sotto la governance della COP entro il 2030. Ed è probabilmente proprio da questa proposta che partiranno i negoziati della COP16-bis di Roma. 

Biodiversità: l’agenda finanziaria della COp16 di Roma

Come anticipato, al centro dell’agenda della COP16 romana, che si è aperta oggi e si concluderà il 27 febbraio, spicca la questione dei finanziamenti.

Tra i nodi da sciogliere, infatti, il primo riguarda la “mobilitazione delle risorse” – un tema che ha segnato la conclusione del primo tempo della COP16 senza raggiungere un accordo.

In secondo luogo, una tematica fondamentale che genera divisione tra Paesi sviluppati e in via di sviluppo riguarda la decisione su quali strumenti finanziari dovranno gestire la raccolta e la distribuzione delle risorse pubbliche e private destinate alla protezione della biodiversità: a tal fine, le parti discuteranno il ruolo del GEF (Global Environmental Facility), strumento a cui attualmente fa capo il Global Biodiversity Framework Fund, ma che secondo molti rappresentanti dei Paesi meno sviluppati necessiterebbe di una riforma significativa.

Infine, relativamente a tematiche che esulano dalla questione dei finanziamenti, alla COP16 dovrebbe essere definito un sistema per monitorare e valutare i progressi verso il raggiungimento degli obiettivi di biodiversità stabiliti nel Global Biodiversity Framework. Sempre in tema di attuazione degli obiettivi di biodiversità, sarà necessario prendere una decisione riguardo al funzionamento del Meccanismo di Pianificazione, Monitoraggio, Rendicontazione e Revisione (Planning, Monitoring, Reporting, and Review Mechanism), che dovrà entrare in funzione alla prossima COP17 (che si terrà in Armenia nel 2026).

Il contributo dell’UE ai finanziamenti per la biodiversità

In questo contesto, l’Unione Europea ha già rilasciato una dichiarazione nella quale conferma il suo impegno a sostegno degli obiettivi del Global Biodiversity Framework tramite lo stanziamento di risorse finanziarie per la tutela della biodiversità. 

In particolare, Bruxelles si impegnerà nel corso dell’evento, affinché venga raggiunto un accordo su tutti i punti irrisolti, in primis quelli legati alla questione finanziaria. L’UE e i suoi Stati membri, infatti, sono già tra i principali finanziatori internazionali della biodiversità: basti pensare che la Commissione ha raddoppiato le risorse dedicate al settore, portando lo stanziamento a 7 miliardi di euro per il periodo 2021-2027. Inoltre, dal 2026 in poi, il 10% del bilancio dell’Unione verrà destinato ad attività legate alla biodiversità e la Commissione integrerà la biodiversità in altri programmi di finanziamento, massimizzando le sinergie con l’agenda climatica.

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Al momento, in Europa la maggior parte del sostegno viene fornito nell’ambito della cooperazione bilaterale per aiutare i partner nell’attuazione del Quadro Globale per la Biodiversità (GBF), ma l’UE punta a mobilitare risorse aggiuntive da fonti nazionali o private, utilizzando un’ampia gamma di strumenti finanziari, tra cui blending (finanza mista), garanzie e green bond. Risorse che saranno necessarie per assicurare il contributo finanziario richiesto nell’ambito del GBF ai Paesi sviluppati (categoria a cui appartengono i 27).



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