Conciliare vita e lavoro: quanto influisce sulla disparità di genere?

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La conciliazione vita lavoro influisce ancora sulla disparità di genere. Sono necessari interventi più strutturali

Conciliazione vita e lavoro, disparità di genere e occupazione

Gli obiettivi di conciliazione vita e lavoro non riguardano solo le donne. Tuttavia, i dati sull’occupazione e sulla disparità di genere mostrano come il tema della conciliazione sia ancora strettamente legato alla narrativa sul lavoro femminile.

Secondo i dati ISTAT aggiornati a gennaio 2025, l’occupazione femminile ha registrato un aumento lieve e poco significativo, mentre il numero di donne in cerca di lavoro è rimasto stabile. Di conseguenza, il tasso di disoccupazione femminile è fermo all’8,2%. Rispetto a dicembre 2023, l’occupazione femminile è cresciuta del +1,9% su base annua, ma la crescita più consistente riguarda ancora gli uomini. 

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Conciliazione vita e lavoro: compiti di cura e abbandono del lavoro

Questo porta a una riflessione più ampia: la lenta crescita dell’occupazione femminile non è sufficiente per garantire un reale cambiamento in termini di equità di genere. Come già evidenziato più volte, esistono fattori esterni che influenzano questi dati.

I compiti di cura ricadono ancora in gran parte sulle donne e spesso le portano ad abbandonare il lavoro alla nascita dei figli. Nel 2022 (ultimo anno con dati disponibili), sono state 44.669 le donne che hanno dato le dimissioni nei primi tre anni di vita del figlio.

Questi numeri provengono dalle richieste di convalida delle dimissioni registrate dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro: 61.391 richieste in totale, di cui il 72,8% presentate da donne.

La motivazione principale resta la stessa: la difficoltà nel conciliare gli orari lavorativi con la gestione familiare. A questo si aggiungono i costi elevati dell’assistenza, come asili nido e baby-sitter, e le caratteristiche del mercato del lavoro italiano, dominato da piccole e micro-imprese.

Le misure a sostegno della conciliazione vita lavoro

Negli ultimi anni, alcuni interventi normativi hanno dato un contributo concreto sostegno della conciliazione vita lavoro, ma un cambiamento strutturale su questi temi richiede una maggiore consapevolezza da parte delle istituzioni, con misure più mirate e nuovi investimenti.

Alcuni provvedimenti sperimentali sono poi diventati strutturali: dal congedo di paternità obbligatorio, all’aumento del sostegno economico per il congedo parentale fino alle molte e diversificate misure di welfare pubblico

Negli ultimi anni sono state introdotte anche alcune forme di esonero contributivo, pensate per garantire la permanenza nel lavoro e favorire il rientro dopo un’assenza, anche per motivi di cura.

Le misure più specifiche sulla Conciliazione vita e lavoro

Tra le misure più specifiche per incentivare la permanenza nel lavoro, c’è l’esonero contributivo per le madri, previsto dalla Legge di Bilancio 2025 (già introdotto con la Legge di Bilancio 2024). Questo beneficio è destinato a chi ha due o più figli e, dal 2027, sarà riservato alle madri con tre o più figli, fino al diciottesimo anno di età del più piccolo.

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Sul fronte opposto, per favorire la ri-occupazione, la Commissione Europea ha approvato il finanziamento per la decontribuzione a favore dell’assunzione a tempo indeterminato di donne di qualsiasi età che non hanno un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi e risiedono nelle regioni della ZES unica per il Mezzogiorno (art. 23 D.L. n. 60/2024 – L. n. 95/2024).

Conciliazione vita e lavoro: il Gender Equality Index 2024

Oltre agli interventi normativi, che rispondono a esigenze specifiche, è fondamentale prendere consapevolezza di un fenomeno che continua ad avere un forte impatto sull’occupazione femminile, con caratteristiche particolarmente evidenti in Italia.

Il Gender Equality Index 2024, pubblicato dall’Istituto Europeo per l’Uguaglianza di Genere (EIGE), misura i progressi sull’uguaglianza di genere nei Paesi dell’Unione Europea. Ogni Stato riceve un punteggio da 1 a 100, basato su sei indicatori: potere decisionale, partecipazione al mercato del lavoro, salute, tempo dedicato alla cura e alla vita privata, educazione e ricchezza.

Il rapporto mostra grandi differenze tra i Paesi europei. Il punteggio medio è 71 su 100, segno di un progresso lento ma costante verso l’uguaglianza di genere. La Svezia mantiene il punteggio più alto con 82 punti, mentre la Romania si colloca all’ultimo posto con 57,5 punti.

Conciliazione vita familiare e lavorativa: dove si trova l’Italia?

In termini di Conciliazione vita familiare e lavorativa l’Italia ha migliorato la sua posizione rispetto alle edizioni precedenti del rapporto, ma si colloca ancora al quattordicesimo posto nell’UE, con un punteggio di 69,2, leggermente al di sotto della media europea. Il rapporto evidenzia la necessità di azioni concrete per affrontare le disuguaglianze strutturali ancora presenti in molti Paesi.

L’indicatore relativo al mercato del lavoro non è l’unico elemento da considerare. Il punteggio complessivo è influenzato anche da fattori come educazione e ricchezza, con particolare attenzione al rischio di povertà che colpisce uomini e donne a causa delle disuguaglianze retributive di genere, spesso legate al livello di scolarizzazione.

Tutto questo porta a una riflessione più ampia: in alcuni paesi, tra cui l’Italia, esistono ancora sfide culturali profonde che condizionano questi dati. Per affrontarle, è necessario continuare a investire non solo in incentivi, ma anche in formazione e welfare aziendale, con particolare attenzione al contesto imprenditoriale italiano, caratterizzato da piccole imprese, e alla necessità di un welfare pubblico più strutturato.

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Proprio per sfruttare al meglio il welfare pubblico, laborability ha creato Dritto, la piattaforma che grazie all’intelligenza artificiale seleziona bonus e incentivi pubblici adatti a ogni persona, così da evitare lo spreco di risorse e permettere alle aziende di dare di più alle proprie persone senza pesare sul costo del lavoro.

 

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