Faccia a faccia con Giovanni Preziosi, Giuseppe Nardiello, Carmine Tomeo e Silvia Di Iorio
Se la richiesta di confronto su aspetti delicati della gestione la liquidi con tre righe che si limitano a riportare l’avvenuta surroga, alle centinaia di iscritti all’Ordine hai di fatto negato gli strumenti per capire la verità. E se quattro consiglieri su dieci si dimettono dal Consiglio dell’Ordine degli Architetti di Avellino, a memoria mai accaduto, in qualche modo ne devi dar conto anche all’opinione pubblica. Anche questo è un segnale di isolamento. Una frattura scomposta su come maturano decisioni e procedure. Preso atto della riottosità “a dare risposte” da parte dell’Ordine, passiamo alle domande a questi quattro professionisti, Giovanni Preziosi, Giuseppe Nardiello, Carmine Tomeo e Silvia Di Iorio, i quattro consiglieri dimissionari, per comprendere meglio le ragioni della loro scelta e la loro visione sul futuro dell’Ordine.
Giovanni Preziosi: “Non siamo stati ascoltati”
Architetto Preziosi, le vostre dimissioni hanno sorpreso molti iscritti. «Non è stata una scelta presa a cuor leggero. Abbiamo sempre lavorato con impegno, ma nel tempo abbiamo percepito difficoltà nel favorire un confronto più ampio all’interno del Consiglio. In alcune occasioni, le risposte ricevute alle nostre domande non ci sono sembrate sufficienti per garantire una piena trasparenza nei processi decisionali. Abbiamo più volte chiesto chiarimenti su alcuni aspetti gestionali, tra cui le scelte economiche e organizzative, ma il dibattito non è stato sempre esaustivo. Per questo, con grande rammarico, abbiamo deciso di fare un passo indietro, nella speranza che questa scelta possa stimolare un confronto più ampio sugli strumenti per migliorare il funzionamento dell’Ordine».
La gestione collegiale, cosa manca?
«L’adozione del regolamento è stato un passo significativo verso una gestione più aperta. Tuttavia, affinché questi principi diventino effettivi, è necessario che tutti i consiglieri siano realmente coinvolti nei processi decisionali».
Qualcuno ha parlato di aspirazioni verticistiche. Legittime. Sta valutando questa possibilità?
«Al momento non ho preso una decisione. Ho ricevuto molte manifestazioni di sostegno da colleghi che condividono l’idea di un Ordine più partecipativo e aperto al dialogo. Questo mi spinge a riflettere su come poter contribuire al miglioramento della nostra istituzione. Non voglio prendere una decisione affrettata, ma credo che sia importante valutare se vi siano le condizioni per costruire un progetto condiviso e costruttivo. Se ci sarà una volontà concreta di lavorare per un Ordine più inclusivo e trasparente, potrei considerare di mettermi a disposizione».
Se decidesse di candidarsi, quali sarebbero i punti chiave del suo programma?
«Credo che i temi fondamentali siano trasparenza, partecipazione e qualità dei servizi agli iscritti. Bisogna garantire che le decisioni siano realmente condivise, che il bilancio e gli atti del Consiglio siano accessibili in tempo reale e che i professionisti possano sentirsi rappresentati dall’Ordine, non solo nei momenti elettorali ma durante tutto il mandato».
Giuseppe Nardiello: “Più condivisione nelle scelte”
Architetto Nardiello, qual è stato il punto di rottura che vi ha portato alle dimissioni?
«Abbiamo sempre creduto nella necessità di un’azione collegiale all’interno del Consiglio. Tuttavia, le decisioni più importanti venivano prese con poca condivisione, spesso senza il necessario dibattito interno. Abbiamo chiesto più volte maggiore trasparenza nella gestione dei fondi e delle attività, ma non abbiamo ricevuto risposte soddisfacenti. Questo ci ha portato a ritenere che fosse necessario un cambiamento».
Può spiegarsi meglio, fare qualche esempio?
«La formazione dovrebbe essere una priorità assoluta per un Ordine professionale. Invece, negli ultimi tempi ho avuto l’impressione che sia stata relegata a un ruolo secondario. Organizzare eventi di qualità, con relatori di livello, non è solo un obbligo per il conseguimento dei crediti formativi, ma un dovere verso i professionisti che si affidano all’Ordine per la loro crescita. Se il nuovo Consiglio vorrà davvero essere vicino agli iscritti, dovrà restituire alla formazione il posto che merita».
Carmine Tomeo: «Servono nuovi paradigma»
Architetto Tomeo, lei come si è ritrovato in questa vicenda?
«Abbiamo tentato di aprire un dibattito, di avviare un confronto costruttivo, ma le nostre richieste non sono state prese in considerazione come ci aspettavamo».
Perché è preoccupato per il futuro dell’Ordine?
«Il rischio più grande è la perdita di fiducia. Se gli iscritti percepiscono che il Consiglio non è un organo di rappresentanza ma una struttura chiusa in cui le decisioni vengono prese da pochi, il rapporto tra Ordine e professionisti si deteriora. Dobbiamo scongiurare questo rischio, perché un Ordine distante dai suoi iscritti è un Ordine inefficace».
Silvia Di Iorio: “Serve un Ordine aperto agli iscritti”
Architetto Di Iorio, secondo lei cosa deve cambiare?
«Serve un Ordine che abbia una comunicazione più chiara e accessibile agli iscritti, che renda note le decisioni importanti e che stimoli la partecipazione. Le dimissioni sono state un segnale, ma il vero cambiamento lo possono determinare gli iscritti con le loro scelte e con il loro coinvolgimento attivo.Le prossime elezioni non saranno una formalità, ma una scelta cruciale per il futuro della categoria. Gli iscritti hanno l’occasione di decidere».
Chiunque voglia intervenire su questo argomento, avrà tribuna libera. La libertà e la democrazia sono partecipazione.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link