Viaggiare sì, ma a che prezzo? La sfida dell’overtourism tra libertà e sostenibilità

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Viaggiare è oggi alla portata di tutti. C’è chi può concedersi il privilegio di scoprire mete lontane, chi sceglie città d’arte e chi preferisce immergersi nella natura. Bastano pochi click per prenotare voli, alloggi e attività, rendendo il viaggio un’esperienza accessibile e di tendenza. I social, come Instagram e TikTok, sono invasi da video dai titoli come “Le tre cose da fare a…”, “Posti insoliti da vedere a…” o Sette posti dove mangiare a…”. Questo costante bombardamento visivo alimenta un’ansia da prestazione tra i viaggiatori, che vogliono dimostrare di non essere da meno. 

Si potrebbe dire che ‘Tutti insieme appassionatamente’ non sia solo il titolo di un celebre musical, ma anche un’ironica descrizione del fenomeno dell’overtourism. Questo anglicismo identifica il turismo di massa che provoca il sovraffollamento di famose località con conseguenze negative. Una dinamica che, oggi più che mai, sta mettendo a dura prova città e paesaggi naturali. Tale problema è talmente evidente che molte amministrazioni stanno cercando di correre ai ripari, prima che il deterioramento del territorio diventi irreversibile. Tuttavia è essenziale sottolineare che tutti noi, almeno una volta nella vita, siamo stati turisti. Difatti, il problema non è il viaggiatore in sé, ma il modo in cui il turismo viene gestito, con l’obiettivo di trasformarlo in qualcosa di più sostenibile.

Un concreto esempio arriva da Kyoto. L’antica capitale imperiale giapponese ha deciso di aumentare la tassa di soggiorno fino a un massimo di 62 euro a persona. Una cifra significativa, ma ritenuta necessaria per proteggere in primis gli storici templi dall’usura e per rimediare all’insofferenza crescente dei residenti, ormai sommersi quotidianamente da folle di turisti.

Conto e carta

difficile da pignorare

 

Anche Barcellona vive una situazione simile, con il turismo di massa che ne ha stravolto il suo tessuto sociale ed economico. Mentre il caro vita aumenta, i quartieri storici perdono la loro identità, modellandosi alle esigenze dei visitatori. Non è un caso che negli ultimi mesi siano diventati virali i video di proteste dei cittadini catalani che, armati di pistole ad acqua, invitano i malcapitati turisti a “tornare a casa”.

Ma cosa accadrebbe se davvero tutti i turisti smettessero di visitare Barcellona? Una domanda semplice quanto complessa nella sua risposta, perché la Spagna ha sempre fatto del turismo una delle sue principali risorse economiche. La sfida sta nel trovare un compromesso, ovvero limitare il sovraffollamento senza compromettere un settore così fondamentale. L’aumento della tassa di soggiorno sembra una strada percorribile, ma sicuramente va associata  a una regolamentazione più severa degli affitti brevi, come le case vacanze, che svuotano i centri urbani dai residenti, spingendoli altrove a causa di affitti proibitivi.

Anche in Italia il problema è evidente, e Venezia ne è l’esempio più lampante. E’ notizia di questi giorni, la presa d’assalto alla città durante il Carnevale: calli bloccate, traghetti sovraffollati, un continuo via vai di persone che rende impossibile muoversi. Con meno di 50.000 abitanti a fronte di milioni di turisti all’anno, il centro storico rischia di diventare sempre più invivibile: la vita quotidiana per anziani, persone con disabilità o genitori con bambini piccoli è sempre più sfidante. In aggiunta, gli storici palazzi veneziani richiedono una minuziosa manutenzione, ma purtroppo si stanno svuotando dei loro abitanti per lasciare spazio a strutture ricettive turistiche.

“A che ora chiude Venezia?” una domanda che potrebbe sembrare assurda, ma che ha un suo fondamento. Se il centro storico acquisisce le sembianze di in un parco a tema, con tornelli d’ingresso e tasse di soggiorno più alte, ma senza adeguate misure per limitare la vendita di appartamenti ai turisti, il rischio è quello di una città che esiste solo per essere visitata, non vissuta.

I veneziani sono spesso accusati di essere scontrosi, ma bisognerebbe chiedersi perché. Convivono con un turismo che, anziché arricchire la città, rischia di soffocarla. Inoltre, Venezia è una città fragile, con una struttura che non può reggere un flusso turistico così massiccio, oltre al rischio  di sprofondare per l’innalzamento delle acque, rischia di essere schiacciata sotto il peso dell’overtourism.

Non ci è tolta la libertà di viaggiare, ma è essenziale rispettare la libertà di chi vuole continuare a vivere nelle città d’arte. Soluzioni come tasse di soggiorno più alte e limitazioni agli affitti brevi potrebbero essere un primo passo verso un turismo più sostenibile, politica che deve essere attuata ora, evitando di ritrovarsi in scenari turistici irreversibili. 





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