Nelle piazze della città la presenza dei colombi (Columbus livia) è una costante.
Sovente raccolti in colonie talmente numerose da trasformare questi animali in una sgradita presenza.
La stessa cosa accade con frequenza anche nelle aziende zootecniche, dove la disponibilità di alimenti per il bestiame attrae un cospicuo numero di questi volatili.
Molto prolifici, potendo riprodursi molte volte l’anno, la loro presenza può divenire invasiva.
Un problema diffuso e complesso, tanto da mobilitare l’attenzione delle rappresentanze agricole, come accaduto in Campania, dove Coldiretti ha lanciato un allarme per il grande numero di colombi che assedia gli allevamenti, in questo caso di bufale.
Possibili rimedi
Trattandosi di fauna selvatica e come tale soggetta alle protezioni previste dalla Legge numero 157 dell’11 febbraio 1992, convincere questi “ospiti” indesiderati ad allontanarsi è tutt’altro che semplice.
I rimedi sono quelli suggeriti dal buon senso: evitare che granaglie e altri alimenti destinati al bestiame siano a disposizione dei piccioni (non sempre è possibile), installare reti che ostacolino l’accesso alle zone dove gli uccelli si posano (costoso e poco praticabile).
Da scartare i sistemi sonori che spaventerebbero i colombi, ma anche gli animali allevati.
C’è chi suggerisce di favorire la nidificazione di gufi, che i colombi temono. Ipotesi non priva di difficoltà pratiche.
Un aiuto viene anche dalla tecnologia che propone puntatori laser che avrebbero la capacità di allontanare gli “invasori”.
I rimedi sembrerebbero molti, ma per nessuno di questi è nota la reale efficacia nei diversi contesti.
Igiene compromessa
Mettere un freno alla presenza dei colombi nelle aziende di allevamento è dunque un’operazione che può rivelarsi complessa, ma necessaria.
Intuibili le conseguenze per le grandi quantità di guano che si accumulano nelle zone dove questi uccelli sono soliti posarsi.
Con danneggiamenti quando ad essere interessate sono attrezzature o componenti elettriche e meccaniche. Anche l’efficienza dei pannelli fotovoltaici potrebbe risultarne compromessa.
Guano che può rappresentare un vulnus di carattere igienico sanitario se contamina alimenti destinati agli animali.
Questi uccelli possono inoltre veicolare una lunga serie di patologie che possono essere trasmesse agli animali e anche all’uomo.
Patologie in agguato
Un elenco sintetico e incompleto di queste malattie comprende la salmonellosi, infezione batterica che coinvolge in particolare il tratto intestinale, la cui trasmissione avviene prevalentemente attraverso le feci.
Altra patologia su base batterica è la ornitosi (o psittacosi), che colpisce l’apparato respiratorio e, pur se infrequente, rappresenta un pericolo soprattutto per l’uomo e altri uccelli, comprese le specie avicole, ma che può presentarsi anche nei bovini.
Poi i batteri del vasto gruppo dei coliformi, che possono causare seri problemi negli animali come nell’uomo.
C’è anche un fungo, il Cryptococcus neoformans che si riscontra nel guano dei piccioni, responsabile dell’insorgenza della criptoococcosi, patologia che aggredisce l’apparato respiratorio.
È un fungo anche l’Histoplasma capsulatum che nei bovini causa l’istoplasmosi, patologia a carico dell’apparato respiratorio.
Altri pericoli possono derivare da alcuni parassiti dei piccioni, fra questi le zecche, a loro volta veicolo di patologie che possono aggredire persone e animali.
Responsabilità pubblica
Di fronte a questi rischi, l’allontanamento delle colonie di piccioni che albergano sulle strutture degli allevamenti diviene una necessità inderogabile.
Di fronte a una fauna selvatica protetta e tenendo conto degli aspetti di salute pubblica che ne derivano, il coinvolgimento delle amministrazioni sanitarie locali è indispensabile.
Dovrebbe essere delegato a loro, e non ricadere sulle spalle (e sul portafoglio) degli allevatori, ogni intervento di allontanamento di queste indesiderate colonie di uccelli.
Procedure che dovrebbero inoltre svolgersi nel rispetto del benessere di questi uccelli (e del bestiame suo malgrado coinvolto) e che richiedono anche per questo il coinvolgimento delle strutture pubbliche.
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