Intelligenza artificiale e lavoro, quali sono le attività per cui si usa più spesso

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Ma ci sono delle sorprese nell’adozione dell’AI. Il dato più rivelatore è che circa il 36% delle occupazioni utilizza già l’AI per almeno un quarto delle proprie mansioni. Un terzo di chi usa l’AI automatizza una attività su quattro. Questo suggerisce una diffusione orizzontale più ampia di quanto comunemente percepito. Tuttavia, solo il 4% delle professioni impiega l’intelligenza artificiale per tre quarti o più delle proprie attività, confermando che la sostituzione completa dei lavoratori non è ancora all’orizzonte. “L’AI non sta sostituendo interamente i lavoratori, ma sta cambiando il modo in cui svolgono il proprio lavoro,” sottolinea lo studio.

Potenziamento contro automazione

Contrariamente ai timori diffusi, la collaborazione prevale sull’automazione. Il 57% delle interazioni con l’AI è orientato all’incremento delle capacità umane: apprendimento, iterazione su risultati, perfezionamento di output già prodotti. Solo il restante 43% rappresenta compiti automatizzati, in cui l’AI esegue direttamente una richiesta con minimo intervento umano. La differenza tra questi due approcci vuol dire mantenere o no “l’elemento umano nel loop“. Questo equilibrio varia significativamente tra diverse professioni, ma conferma che Claude viene utilizzato più come partner (o “stagista”, come molti informalmente dicono) che come sostituto. “L’equilibrio tra automazione e collaborazione è una delle sfide chiave per il futuro del lavoro,” evidenzia il rapporto.

La geografia economica dell’intelligenza artificiale è una mappa molto interessante da disegnare. Infatti, l’adozione dell’AI segue un pattern economico preciso ma sorprendente. L’utilizzo è più intenso nelle occupazioni a reddito medio-alto, con un picco nell’ultimo quartile salariale. I lavori che richiedono una laurea o preparazione avanzata mostrano maggiore integrazione dell’intelligenza artificiale. Curiosamente, nota lo studio, sia le professioni più pagate (come medici specialisti) che quelle meno retribuite presentano tassi di adozione inferiori, per motivi opposti: barriere regolatorie e competenze non facilmente replicabili nei primi, requisiti di manipolazione fisica negli altri.

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Distribuzione delle abilità professionali esibite da Claude nelle conversazioni

Anthropic

Le implicazioni per il futuro

Lo studio di Anthropic suggerisce che l’AI stia seguendo un modello di complementarità piuttosto che di sostituzione. Gli strumenti di intelligenza artificiale, almeno nella percezione di quello che è per diffusione attualmente il quarto o quinto modello utilizzato dal grande pubblico, vengono integrati nei flussi di lavoro esistenti, potenziando specifiche attività senza sostituire intere professioni. Questo non significa che l’impatto sul mercato del lavoro sarà trascurabile, ma piuttosto che assisteremo a una trasformazione graduale delle competenze richieste. “L’adozione dell’AI sembra seguire un modello di complementarità piuttosto che di sostituzione diretta,” conclude l’analisi.

Da questo punto di vista, alla luce anche del dibattito che si sta allargando sempre più, fomentato anche dalle dichiarazioni dei big dell’AI come Google, Microsoft e soprattutto OpenAi, i timori di una evoluzione tecnologica che azzeri l’occupazione in interi settori sembrano per adesso almeno prematuri. Lo studio di Anthropic offre invece un’istantanea preziosa di un fenomeno in rapida evoluzione. Con il miglioramento delle capacità dell’AI e la crescente familiarità degli utenti, i pattern di utilizzo potrebbero cambiare significativamente nei prossimi anni.

Come scrivono i ricercatori di Anthropic: “Nonostante la diffusa speculazione sull’impatto dell’intelligenza artificiale sul futuro del lavoro, ci mancano prove empiriche sistematiche su come questi sistemi siano effettivamente utilizzati per diverse attività“. L’analisi empirica, basata sull’uso reale di Claude piuttosto che su previsioni speculative, fornisce un punto di riferimento fondamentale in questa fase, perché dà quantomeno una base di dati sui quali discutere e costruire delle strategie di utilizzo e normative. Per comprendere davvero l’impatto dell’AI sul lavoro, sarà essenziale continuare a monitorare questi dati nel tempo, tracciando non solo dove l’automazione avanza, ma anche dove emergono nuove forme di collaborazione uomo-macchina.



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