il boom di investimenti dell’Italia ignora il calo della domanda

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L’Italia sta investendo significativamente nel potenziamento delle sue infrastrutture per il gas naturale liquefatto (Gnl). Nel primo trimestre del 2025, il Paese vedrà un incremento del 22% nella capacità di importazione del Gnl, grazie all’apertura del nuovo rigassificatore galleggiante (Fsru, Floating storage and regasification units) di Ravenna, che avrà una capacità di cinque miliardi di metri cubi. Si tratta, però, di un potenziamento che va in contrasto con le tendenze di mercato che, negli ultimi anni, registrano un calo della domanda per il gas naturale. La situazione è stata analizzata dallo studio dell’Institute for energy economics and financial analysis (Ieefa) dal titolo “L’impennata degli investimenti italiani nel gas ignora il calo della domanda”, diffuso a gennaio. 

L’Italia punta a rigassificare, ma cala la domanda

Il Rapporto dell’Ieefa ricorda che tra il 2021 e il 2024 la domanda di gas in Italia è diminuita del 19%, con le importazioni di Gnl che hanno fatto segnare un meno 12% nel 2024. Le analisi dell’Arera, l’Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente, mettono inoltre in evidenza una ulteriore contraddizione: sebbene il Gnl abbia avuto un ruolo cruciale nel compensare la carenza di gas russo, il continuo sviluppo di infrastrutture per il gas naturale liquefatto in un contesto di domanda in declino rischia di generare un eccesso di capacità, con conseguente abbassamento dei tassi di utilizzo. In altre parole, la decisione italiana di diventare un hub energetico del gas per tutta l’Europa rischia di non essere sostenibile neanche dal punto di vista economico.

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Dal 2022 la capacità nazionale di rigassificazione è aumentata di 7,5 miliardi di metri cubi grazie sia agli interventi effettuati sugli impianti esistenti (come Fsru Toscana e Adriatic Lng) sia alla costruzione di nuovi terminali, come quello di Piombino e il nuovo terminale di Porto Empedocle (che sarà operativo entro il 2026). L’Italia sta inoltre vagliando lo sviluppo del terminale di Gioia Tauro. Se tutti questi impianti vedessero la luce, l’Italia triplicherebbe la propria capacità di rigassificazione, arrivando a 47,5 miliardi di metri cubi entro il 2026 (dai 16,1 miliardi di metri cubi del 2022).

Riguardo all’utilizzo dei terminali, sebbene quelli di Adriatic Lng e Piombino abbiano visto tassi di utilizzo relativamente alti, rispettivamente del 90% e del 67%, altri impianti, come quello di Panigaglia e Toscana, stanno affrontando un “sottoutilizzo preoccupante”, con tassi medi di utilizzo che non giustificano l’espansione della capacità. Il terminale Fsru Toscana, per esempio, è stato fermo dalla fine di febbraio 2024, mentre quello di Panigaglia ha visto tassi di utilizzo molto contenuti (28%).

La continua riduzione dei consumi di gas, che viene prevista anche per il futuro, solleva quindi parecchi dubbi sull’efficacia di queste scelte, dice il Rapporto. “Se i consumi italiani di gas continueranno a diminuire, nel 2030 la domanda nazionale per il Gnl sarà pari a meno di un terzo della capacità di rigassificazione del Paese”, si legge infatti nello studio, che aggiunge: la sfida per l’Italia sarà orientare gli investimenti verso soluzioni energetiche più sostenibili (rinnovabili), tenendo conto delle esigenze reali del mercato e delle evoluzioni dei consumi a livello europeo. La capacità di adattarsi a un mercato in cambiamento sarà cruciale per evitare che l’Italia diventi una “terra di infrastrutture inutilizzate”.

Prezzi elevati in un mercato concentrato

Per quanto riguarda il costo dell’energia nel nostro Paese, l’Ieefa ricorda che nel secondo semestre del 2023 le tariffe del gas naturale per le forniture domestiche in Italia hanno superato la media dell’Unione europea, confermando una “tendenza consolidata nel tempo”. Il costo elevato dell’energia nel Paese è il risultato di diversi fattori, tra cui la forte dipendenza dalle importazioni, l’imposizione fiscale sui consumi energetici e la struttura del mercato nazionale.

Uno degli elementi chiave che incide sui prezzi è l’alto livello di tassazione. Per esempio, nel primo semestre del 2022, l’Iva rappresentava il 22% del costo finale del gas per i consumatori domestici. A questa imposta si aggiungono una tassa regionale e un’ulteriore imposta basata sui consumi effettivi, aggravando il peso sulle bollette (che continueranno a salire nell’inverno 2025). La crisi energetica del 2022, scatenata dall’invasione russa dell’Ucraina, ha contribuito a un’impennata senza precedenti dei prezzi del gas in Europa, basti pensare che in Italia il costo del gas per le famiglie ha toccato il record di 13,5 euro per 100 kWh.

Oltre al peso della tassazione, il mercato del gas italiano è caratterizzato da una forte concentrazione. A dominare il settore c’è Snam rete gas, che copre circa il 95% della domanda nazionale. La presenza di un operatore dominante, sottolinea lo studio, si traduce in un controllo significativo sulle infrastrutture di trasporto. Ma l’influenza di Snam si estende ben oltre la rete di trasporto. L’azienda controlla per esempio anche Infrastrutture trasporto gas, che gestisce il metanodotto Cavarzere-Minerbio, un’infrastruttura chiave per il collegamento del terminale Adriatic Lng alla rete nazionale. Inoltre, detiene una quota del 13,5% in Italgas, il principale operatore della distribuzione del gas in Italia, che gestisce il 28% della rete distributiva nazionale. Complessivamente, la rete di Snam copre circa 38mila chilometri tra Italia (oltre 32.800 km) ed estero, rendendola la maggiore proprietaria di gasdotti nell’Ue.

Questa concentrazione del mercato “solleva interrogativi sull’effettiva concorrenza e sulla capacità di garantire prezzi più competitivi per i consumatori”, evidenzia l’Ieefa che, infine, aggiunge: con il crescente spostamento verso la transizione energetica e la riduzione del consumo di gas, l’Italia è chiamata a riequilibrare il suo mix energetico, a rendere il mercato del gas più efficiente, e a ridurre il peso economico che grava sulle famiglie.

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Copertina: Ansa



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