Una delle ossessioni più grandi dell’essere umano è sicuramente quella per il tempo. Quante volte ci si sente dire frasi del tipo “il tempo passa”, “il tempo vola”, “da quanto tempo” e così via. Il tempo è come un fiume che si trascina via tutto – ricordi, vite, oggetti – e una volta che passa lascia le tracce della nostra esistenza sulla terra quasi a voler dire che, anche se le cose vanno e vengono, lasciano comunque un segno indelebile.
Un regista che parla spesso di questa tematica è Robert Zemeckis, noto per la trilogia di Ritorno al futuro, ma anche per film come Forrest Gump, Cast Away e film animati come Polar Express e A Christmas Carol. Recentemente nelle sale italiane è uscito Here, sua ultima fatica da regista, di cui è anche produttore e sceneggiatore (insieme ad Eric Roth) e che vede il ritorno di Tom Hanks e Robin Wright fra i protagonisti.
Here, di che cosa parla?
Here inizia com’è iniziata la nostra vita sul pianeta Terra, con il Big Bang. A esso segue poi il disgelo e successivamente l’emergere di nuove forme di vita. Gli anni passano e arrivano i nativi americani, la guerra d’indipendenza, le due guerre mondiali, la guerra del Vietnam, l’ottimismo degli anni Ottanta sotto Ronald Reagan e in tempi più recenti la pandemia da COVID-19.
In un angolo del New Jersey vicino alla casa di William Franklin, figlio di Benjamin Franklin e ultimo governatore del New Jersey coloniale britannico, è stata costruita una casa che sembra essere l’aleph borgesiano, un piccolo buco nell’universo e nello spazio-tempo per il quale passa ed è passato chiunque: i coniugi John e Pauline Harter, la coppia di bohemien Leo e Stella Beekman, lui inventore di una poltrona reclinabile e lei modella pin-up, i coniugi Al e Rose Young, rispettivamente veterano di guerra e venditore porta a porta e casalinga, e la famiglia di Devon e Helen Harris.
La cinepresa di Zemeckis, però, si focalizza soprattutto su Richard e Margaret Young, figlio e nuora di Al e Rose interpretati rispettivamente da Tom Hanks e Robin Wright. In un’ora e quaranta minuti di film vediamo la vita dei due prendere forma: la nascita della figlia Vanessa, interpretata da ragazza da Zsa Zsa Zemeckis (figlia del regista), le prime occasioni di lavoro, le occasioni perse e mancate, la vecchiaia e soprattutto il rapporto conflittuale con la propria casa, un luogo che da un lato si vuole lasciare, ma che dall’altro si vuole mantenere.
Here, il confronto tra il film e la graphic novel di Richard McGuire
Here è liberamente ispirato a Qui, romanzo grafico di Richard McGuire edito in Italia da Rizzoli Lizard che originariamente debuttò come storia di sei pagine a pannelli nel 1989 su Raw, rivista di Art Spiegelman, Will Eisner, padre della graphic novel americana e autore del celebre Maus, e sua moglie Françoise Mouly. McGuire ha avuto l’ispirazione nel realizzare il suo fumetto dall’interfaccia grafica dell’allora neonato Windows con finestre pop-up che appaiono sullo schermo e si sovrappongono le une sulle altre.
All’interno di ogni pannello vi sono riquadri ambientati in diversi periodi di tempo che, come le finestre di Windows, si sommano le une sulle altre, indicando che, sebbene il setting resti lo stesso, le tracce del tempo che scorre si sovrappongono e si susseguono in quanto la vita è mutevole, sempre in movimento e rinnovamento. Ciò che è accaduto prima può accadere nel presente e anche nel futuro.
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Se si considerano certi aspetti, sembra che Zemeckis abbia voluto prestare omaggio al fumettista del New Jersey; anche lui sovrappone diversi quadri che corrispondono a diverse epoche e situazioni mantenendo sullo sfondo il salotto della casa. A differenza di McGuire, però, il regista si focalizza maggiormente su due personaggi in particolare: Richard e Margaret. Aspetto più che interessante lo si ritrova proprio nel personaggio di Richard, che ha delle caratteristiche in comune con McGuire, quasi ne fosse un tributo: sono entrambi artisti interessanti al disegno e del New Jersey.
Ma ci sono delle novità. Ciò che Zemeckis aggiunge di nuovo rispetto al modello originario sono la trattazione del COVID-19 e l’uso dell’intelligenza artificiale per invecchiare e ringiovanire i volti di Tom Hanks e Robin Wright. Usando questa tecnica di de-aging digitale, Zemeckis da ancora più vigore al passare del tempo a cui sono soggetti i suoi personaggi che, come i luoghi da loro vissuti fanno esperienza dello scorrere del tempo diventando, così, specchio dei mutamenti della vita.
Dove si colloca Here nella produzione cinematografica di Zemeckis?
Here ha un aspetto in comune importante con il resto della cinematografia di Robert Zemeckis: il tempo. Citando Doc Brown (Ritorno al futuro), è come se con i film in cui viene trattata questa tematica Zemeckis avesse voluto inventare la macchina del tempo “non per motivi di lucro”, bensì per “acquistare una più chiara percezione sull’umanità: dove siamo stati, dove andiamo, le trappole, le possibilità, i rischi e le promesse. Forse una risposta alla più universale delle domande: perché?”. In sostanza, Zemeckis è interessato al tempo per capire come mai sono accadute certe cose, se possono di nuovo accadere e se vi si può eventualmente porre rimedio.
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Se in Ritorno al futuro passato, presente e futuro si incontrano tutti nello stesso giorno, ovvero il 21 ottobre, in Here, invece, si ritrovano tutti nella stessa stanza. Se la storia individuale di Forrest Gump si intreccia con la grande Storia della guerra in Vietnam, del Watergate, di Elvis Presley e delle Pantere nere, le storie dei personaggi di Here hanno uno stretto contatto con la storia della casa di William Franklin e la guerra Vietnam. Se Chuck Noland (Tom Hanks in Cast Away) cerca di fermare il tempo imprimendo tracce della sua presenza su un’isola, gli inquilini della casa di Here cercano di farlo proprio su quest’ultima.
Si può dire che Here continua in maniera originale le riflessioni del suo regista mostrandoci come lo scorrere del tempo sia determinato da chi lo vive: i luoghi restano uguali, quasi immutabili, a cambiare, invece, è chi ne fa esperienza, che con il suo vissuto determina a sua volta un modo per misurare il tempo.
La concezione del tempo in Here
Sono proprio Richard e Margaret che ci danno le parole chiave per capire questa concezione del tempo che traspare da Here. Le parole e le espressioni infatti che ricorrono molto sono “qui” e “il tempo vola”. Recitando queste parole, i due protagonisti stabiliscono i tempi della loro vita, ma allo stesso tempo sembrano determinare anche i tempi del mondo di fuori. Non per niente si è citato l‘aleph di Borges, perché la stanza in cui è ambientato Here è un luogo immobile nell’universo all’interno del quale si svolgono infinite storie in infiniti periodi di tempo.
Emblematici in questo senso sono il ritrovamento nella casa della collana di una popolazione nativa americana – le cui vicissitudini sono spesso trattate all’interno di Here –, il commento relativo al fatto che nella loro nuova casa ci vivesse un artista famoso – Richard, appunto – e soprattutto una scena in cui, nello specchio di un mobile, si sovrappongono le immagini della famiglia Young con quelle della famiglia Harris, seduti allo stesso tavolo, ma divisi in due. Così come la loro casa, anche Richard e Margaret diventano punto d’incontro di tante storie individuali che procedono di pari passo con il mondo esterno con cui condividono lo stesso destino.
Il qui come convergenza di gioie e dolori universali
Questi esempi ci fanno capire come la stanza sia sempre il qui e ora, il passato, il presente e il futuro assieme: gioie, dolori, perdite, sofferenze, frustrazioni e occasioni mancate di tutte le famiglie che vediamo susseguirsi sullo schermo sono uguali nonostante le epoche siano diverse, a riprova del fatto che i loro valori, i loro ideali e le loro esperienze sono universali. È il mix di queste due cose che rende il tempo presente, passato e futuro: ciò che viviamo, abbiamo vissuto e vivremo si ripete, ma con sfumature leggermente diverse, ed è questo che fa scorrere il tempo da un lato e che sotto certi aspetti lo rende sempre immutato dall’altro.
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Anche se il tempo scorre, la vita si rinnova e lascia le sue tracce. Il personaggio di Margaret in questo senso è significativo, ed è quello che mostra un’evoluzione maggiore sulla consapevolezza del tempo. La donna, infatti, passa da un iniziale odio e amore per la casa dei genitori di Richard, in cui sembra destinata a vivere per l’eternità, a una finale nostalgia. Margaret, e gli spettatori con lei, comprende che i luoghi ci difendono dallo scorrere del tempo, riescono a trattenere tracce della vita e della Storia e a sottrarre dall’oblio tutto ciò che diventa passato.
In questo modo, i luoghi fanno vivere passato, presente e futuro, e nel momento in cui noi interagiamo con loro, contemporaneamente riusciamo a governare il tempo, ad anticipare gli errori commessi in passato, a creare le condizioni per un futuro migliore, influenzando nel nostro piccolo la Storia. In fondo non è la casa di William Franklin a rendere quella piccola stanza importante, ma è quest’ultima a rendere la casa coloniale rilevante, in quanto centro dell’universo che permette l’evolversi della Storia e del tempo.
Here, in breve
Scriveva Marcel Proust, “il tempo di cui disponiamo ogni giorno è elastico, le passioni che proviamo lo dilatano, quelle che ispiriamo lo restringono e l’abitudine lo colma“. Non c’è bisogno di costruire una macchina del tempo: basta una stanza. Here sembra dire che il tempo è tale perché è plasmato dal nostro passaggio sulla terra e dalla vita che si evolve.
Una volta deciso cosa si fa della propria vita, il tempo si adatta di conseguenza: può essere la nostalgia di un passato di cui non vogliamo disfarci, un futuro che vuole eliminare qualsiasi cosa, oppure un presente che fa i conti col passato per capire come può diventare il proprio futuro. Alla fine, siamo noi padroni del nostro tempo, siamo noi a decidere cosa resta e cosa no.
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