Contro la donna e i nostri princìpi

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In una scuola di Monfalcone le ragazze con il niqab sul volto si devono identificare. Questione di sicurezza, ma soprattutto di civiltà.


Non può essere che in Italia ci siano ragazze che vanno a scuola con il velo integrale. È un problema di sicurezza, innanzitutto (tanto che nell’istituto di Monfalcone dove ciò avviene si sono inventati la stanza del controllo: si tira su ilniqab per verificare chi ci sta sotto). Ma soprattutto è un problema di offesa alla dignità della donna, e dunque di offesa alle regole su cui è costruita la nostra Repubblica e la nostra civiltà. Non è una questione di religione: è una questione di sottomissione. Accettare quel velo, così contrario ai principi del nostro Stato, infatti, significa fare un altro passo in avanti verso l’islamizzazione delle nostra società.

Guardate che cosa sta succedendo in tutta Europa. Si tirano giù le statue della Madonna e si innalzano (Birmingham) statue alla donna velata. Si sostituiscono le chiese con le moschee, le croci con i muezzin. L’Ue dice che non è il caso di festeggiare il Natale, perché non è inclusivo: meglio sostituirlo con la Festa d’Inverno. Ma intanto le scuole si fermano per il Ramadan. I professori che si battono per la libertà d’espressione, come Samuel Paty, vengono decapitati davanti alle scuole. Colonia, che era una delle città sacre del cristianesimo, è diventata ormai una piccola Mecca. In Francia ci sono interi quartieri dove vige la legge islamica: le donne non possono circolare se non hanno il velo (una inviata del programma tv Fuori dal coro è stata aggredita in una pubblica via perché faceva domande senza essersi coperta il capo) e i negozianti che vendono prosciutti vengono minacciati. Lì non comanda lo Stato, comanda l’imam. E infatti la polizia in questi quartieri non osa nemmeno entrare.

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Diciamoci la verità: i musulmani che vivono a casa nostra pensano che la legge del Corano valga più della legge della Repubblica. Infatti applicano la prima. E se è in contrasto con la seconda, pazienza per la seconda. Hanno i loro tribunali, le corti islamiche, che decidono al posto dei tribunali dello Stato. Hanno l’infibulazione, la mutilazione genitale. Hanno i loro matrimoni, che prevedono poligamia, sottomissione della donna e ripudio. Le mogli possono uscire solo se sono accompagnate dal marito, non possono lavorare, non possono mostrarsi a capo scoperto. Il più delle volte non hanno nemmeno la possibilità di imparare l’italiano. Se vogliono vivere all’occidentale vengono picchiate senza pietà. E se un uomo si stanca le può lasciare con la formula islamica: basta pronunciare tre volte la parola talaq. Proprio così: tre volte talaq davanti a un imam e il divorzio è effettivo. La donna viene ripudiata senza aver nemmeno diritto di replica.

La cosa incredibile è che questi orrori vengono regolarmente recepiti anche dai Comuni italiani. Il caso è esploso, poco tempo fa, proprio a Monfalcone: è emerso che le anagrafi registrano i matrimoni islamici così come sono, al massimo con qualche pavido omissis. Ma sotto gli omissis ci sono pratiche contrarie alle nostre leggi e alla nostra civiltà. Com’è possibile che le istituzioni le registrino? Com’è possibile che chiudano gli occhi davanti a queste palesi violazioni del diritto? Com’è possibile che, a volte, se ne rendano addirittura complici? Il comune di Ancona ha persino annotato, come se fosse una cosa normale, un ripudio eseguito secondo le leggi islamiche, tre volte talaq. Pochi giorni fa il tribunale ha condannato ilsindaco acancellare l’annotazione, chiaramente fuori legge e discriminatoria. Ma in quanti altri comuni accadrà lo stesso?

Ma sì, lo sappiamo: le istituzioni chiudono gli occhi, la stampa chiude gli occhi, tutti noi chiudiamo gli occhi. È il buonismo imperante che impone di chiuderli: siamo per il multiculturalismo, no? Siamo per l’accoglienza, l’integrazione. Dunque bisogna integrare anche chi sottomette le donne, anche chi le ripudia, anche chi manda le ragazze a scuole con il velo integrale. Vorremo mica passare per islamofobi? Dobbiamo accettare le regole di chi non accetta le nostre regole, dobbiamo calare le brache di fronte a chi non conosce il concetto di reciprocità (provate ad andare in minigonna a Teheran o a mostrare una croce davanti alla Mecca). Ma soprattutto dobbiamo arrenderci di fronte a chi non ha nessuna intenzione di integrarsi.Di fronte a chi vuole solo sottometterci. Alla fine ci riusciranno. Riusciranno in quello che Maometto aveva promesso: «Conquisteremo Costantinopoli, poi Roma». Riusciranno in quello che hanno provato a fare più volte nella storia, senza successo. Ci riusciranno non con le armi della guerra, ma con le armi dell’immigrazione e della demografia. Ci riusciranno sfruttando la nostra debolezza.

Un tempo abbiamo sconfitto l’esercito ottomano. Ora non riusciamo a sconfiggere nemmeno un velo. n

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