Un patchwork di idee confuse e mal sviluppate il cui unico aspetto positivo è la breve durata
BrokenLore: Low è il primo gioco della serie BrokenLore, pubblicato il 20 febbraio e sviluppato da Serafini Production, uno studio specializzato nella realizzazione di videogiochi horror con sede a Tokyo. Racconta la storia di Naomi, un’aspirante cantante che accetta di incontrare il suo potenziale produttore nel remoto e a quanto pare abbandonato villaggio di Kirisame Mura. Da sola. Specifico questo dettaglio perché non è la prima volta che, in un horror, mi capita di impersonare personaggi per i quali fin dall’inizio è impossibile anche solo pensare di fare il tifo. La stupidità intrinseca di uno o più di essi in un horror, soprattutto nei film, è un grande classico ma questo non significa che debba essere seguita sempre, o almeno, se lo si deve fare si dovrebbe almeno provare a formare un contesto che lasci un piccolissimo spiraglio di gradimento nei loro confronti. Prendendo il caso del gioco in questione, se un produttore musicale ti invita a un incontro solitario in un villaggio simile, la percentuale che le cose vadano malissimo rasenta il 100% anche senza la componente horror.
Poche idee e tutte molto confuse
Naomi però è così legata al proprio sogno di diventare pop star che accetta e fin da subito è chiaro come ci sia qualcosa di losco dietro. Kirisame Mura è immerso nella nebbia, non c’è un’anima per le strade e il produttore stesso sembra mettere in scena un gioco del gatto con il topo dove prima invita Naomi al ristorante per parlare dell’offerta – senza farlo davvero – e infine, mentre questa poveretta si raccapezza con la strana struttura circolare e ripetitiva del villaggio, a un karaoke dove finalmente si potrà decidere se lei è quella giusta. Qui siamo costretti ad assistere a un provino in cui Naomi canta una canzone al produttore, apparentemente estasiato dal suo talento, salvo poi perdere i sensi e risvegliarsi a notte fonda, di nuovo sola, senza alcuna idea di cosa sia successo: io onestamente ce l’avrei ma, come dicevo, il gradimento verso Naomi è inesistente perciò è difficile considerare la cosa con la serietà che meriterebbe.
Da qui è una discesa nell’assurdo ancora più di quanto sia stato fino a quel momento, poiché pare che la storia di cui siamo venuti a conoscenza all’inizio del gioco, tramite cinque fogli appiccicati a bella posta lungo il percorso mentre la protagonista “esplora” il villaggio, stia avverandosi anche per Naomi. In tutto questo dobbiamo anche affrontare Erika, una cosiddetta rivale che probabilmente ambiva a sua volta alla stessa carriera di Naomi. La rilevanza di questo personaggio è inesistente, tanto che la si incontra un paio di volte e poi ce ne si dimentica del tutto mentre cerchiamo di tirare le fila di un incubo che non è nemmeno chiaro perché sia iniziato.
Il finale poi, compreso quello segreto se troveremo tutti i frammenti di un particolare dispositivo, è talmente senza senso da coronare un breve viaggio che risulta essere un patchwork di idee tenute su con lo scotch nel tentativo di creare tensione e forse soffermarsi su un tema come quello delle idol in Giappone – o più in generale dello star-system e il possibile prezzo da pagare per entrare a farne parte. Onestamente spero non fosse questa l’idea perché, qualora così fosse, è tanto abbozzata e mal scritta da essere offensiva nella sua pochezza verso una tematica che meriterebbe altro trattamento.
La parte segreta strizza l’occhio a un altro capitolo della serie, Unfollow, ma il fatto che i capitoli di BrokenLore siano potenzialmente tutti collegati tra loro non è un buon motivo per mettere in scena una storia così lacunosa e priva di qualunque attrattiva: non c’è mistero, perché ogni cosa ci viene spiegata impedendoci eventualmente di mettere assieme i pezzi e capire; non c’è tensione, perché la trama è scollegata nelle sue singole parti e in generale troppo sbrigativa (si parla di un’ora e mezza circa) per lasciare che la sensazione si sedimenti nel giocatore; non c’è orrore, perché se davvero si è voluto trattare il tema dello star-system e del “prezzo” da pagare, il risultato rende impossibile provare anche solo un minimo di trasporto verso quanto raccontato per via della pochezza narrativa.
Un gameplay piatto e poco coinvolgente
Tutto questo solo parlando della storia. Se passiamo al gameplay la situazione non migliora: l’ambientazione riguarda il solo villaggio Kirisame Mura, la cui struttura circolare e ripetitiva fa sì che l’unica cosa da fare sia correre costantemente in tondo fino ad arrivare dove vogliamo. Nessun vero senso di smarrimento, nessuna tensione nemmeno quando la colonna sonora prova a remare in quella direzione, niente; solo noiose camminate da un punto all’altro di questo cerchio, con qualche intermezzo nei locali dove siamo chiamati ad andare (nulla che duri più di una manciata di minuti). L’unico momento in cui c’è un cambiamento è quando si finisce in un tempo non meglio specificato, all’interno di una residenza dove, passando attraverso uno specchio rotto per raggiungere una sorta di dimensione oscura della stessa, dobbiamo trovare dieci frammenti di specchio mentre siamo inseguiti da un demone che ricorda la Teke Teke, il tutto in grafica low-poly senza una particolare ragione – a meno che non fosse quella di distinguere tra presente e passato.
Anche in questo caso, passati i primi secondi in cui facciamo la conoscenza con questo spirito, la potenziale tensione va in pezzi per diverse ragioni: anzitutto la ricerca si fa, alla lunga, frustrante per la difficoltà nel vedere i frammenti di specchio; c’è poi il fatto che lo spirito sa sempre bene o male dove siamo, quindi pur non inseguendoci davvero (lo fa solo se ci vede) ce lo troviamo sempre nei paraggi anche quando lo abbiamo seminato in silenzio; proseguendo, la Teke Teke è più lenta di noi per cui possiamo correre tutto il tempo cercando i frammenti senza pericolo tranne quando ci incastriamo in un angolo, ma anche in questo caso servono diversi colpi da parte dello spirito prima di morire; il suono emesso da questa entità è fastidioso come pochi, per cui anche in questo caso a furia di sentirlo cresce la voglia di uscire dall’incubo e trovare un po’ di pace; infine, anche se dovessimo morire i pezzi trovati sono salvati e possiamo applicarli allo specchio rotto quando riprendiamo il gioco dalla nostra stanza nella versione buona della residenza.
Nel complesso, questa sezione rappresenta la parte più lunga del gioco non per una supposta complessità quanto per una gestione caotica del tutto, a partire dalla scelta di adottare uno stile low-poly simil PS1 fin proprio alla messa in scena in sé poiché non è chiaro cosa stia narrando. Posso ipotizzarlo ma questo continua a essere il problema di BrokenLore: Low, il suo passare da un’eccessiva sovraesposizione al criptico più assoluto, tanto da lasciare il dubbio se le parti più misteriose abbiano davvero qualcosa da raccontare o siano lì tanto per fare. A parte questo excursus nel passato, il resto dell’esperienza è correre in cerchio, raggiungere certi luoghi, interagire con oggetti messi a bella posta fino all’ultima sezione in cui permane la struttura circolare del villaggio ma se non altro dobbiamo raccogliere specifici elementi e portarli al sicuro verso un altro punto, l’unico peraltro in cui il loop del cerchio si spezza per farci muovere verso un punto più interno della mappa. In tutto questo, Naomi perviene pochissimo e, quando lo fa, non riesce comunque a rendersi un personaggio per il quale tifare; semmai, di cui sbarazzarsi in fretta.
Dal punto di vista estetico, BrokenLore: Low è mediocre. La struttura circolare e ripetitiva del villaggio fa sì che i modelli tendano a essere sempre uguali dopo pochi passi e i pochi interni che visitiamo non catturano comunque l’interesse. I personaggi umani sono invece terribili, tanto da rendere quelli della sezione low-poly molto più gradevoli al confronto. Non si può neppure parlare di effetto uncanny valley, come ad esempio si è visto in un capitolo dell’antologia Dark Pictures di Supermassive Games, perché i lineamenti degli unici due esseri umani che incontriamo sono troppo distorti per dare la sensazione di star parlando con una persona (complice anche il doppiaggio).
Tirando le somme, BrokenLore: Low è un progetto privo di tutto. Storia, gameplay e stile artistico: in questo disastro, l’unico aspetto positivo è la sua durata molto contenuta. Non so come saranno i capitoli successivi ma, vedendo che Unfollow mette il bullismo come tema centrale, e dato il modo in cui potenziali temi sono stati trattati in questo primo capitolo, non c’è molto per cui stare sereni.
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