La Cina scommette sulla “nuova frontiera” sottomarina

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Nel Mar Cinese Meridionale sarà realizzata una stazione a 2 mila metri di profondità in grado di ospitare sei scienziati. L’obiettivo ufficiale è lo studio dell’ecosistema degli abissi. Ma in realtà sarà una base strategica anche per lo sfruttamento di idrocarburi e minerali rari – fondamentali per l’industria green – e per il controllo dell’intera area.

La Cina scommette sulla “nuova frontiera” sottomarina

La chiamano già “stazione spaziale sottomarina“. Come a sottolineare le ambizioni del progetto, destinato a cambiare le regole del gioco della ricerca in acque profonde. Dopo anni di dibattiti e revisioni tecniche, Pechino ha dato il via libera al primo impianto di ricerca sottomarino nel Mar Cinese Meridionale, un’area del Pacifico a dir poco strategica. Essendo una delle rotte marittime più trafficate al mondo, funge da arteria vitale per il commercio internazionale, facilitando il flusso del 64 per cento del totale delle merci a livello mondiale. Il Mar Cinese Meridionale, che copre un’area di circa 3,5 milioni di Km quadrati, è uno snodo cruciale anche per le sue risorse naturali. Nei suoi fondali si trovano abbondanti riserve di petrolio e gas naturale, stimate in miliardi di barili, senza contare le vaste riserve ittiche che sostengono l’industria della pesca di molti Paesi costieri. Proprio il controllo di queste risorse è una delle principali ragioni delle dispute territoriali nella regione, che vedono coinvolte (oltre la Cina) anche Vietnam, Filippine, Malaysia, Brunei e Taiwan.

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Il porto di Beiwan (Getty Images).

La stazione sottomarina, a 2 mila metri di profondità, sarà operativa intorno al 2030

La “stazione spaziale sottomarina” ufficialmente si dedicherà allo studio dell’ecosistema cold seep, cioè le infiltrazioni fredde di un’area di fondale in cui si verifica la fuoriuscita di fluidi ricchi di idrogeno solforato e altri idrocarburi che creano specifiche formazioni rocciose e barriere coralline. In quelle acque ci sono anche vasti depositi di idrati di metano, noti anche come ghiaccio infiammabile. L’impianto sarà ancorato a 2 mila metri di profondità e sarà operativo intorno al 2030. Ospiterà sei scienziati impegnati in missioni della durata di un mese. Tra le caratteristiche pionieristiche, rivelate nelle scorse settimane sulla rivista di settore Manufacturing and Upgrading Today, c’è un sistema di supporto vitale a lungo termine, necessario per costruire e gestire una rete di monitoraggio permanente per i flussi di metano, i cambiamenti ecologici e l’attività tettonica. «La costruzione inizierà presto», assicura Yin Jianping, ricercatore presso l’Istituto di Oceanologia del Mar Cinese Meridionale dell’Accademia delle Scienze cinese, aggiungendo che l’intenzione è far lavorare la stazione a stretto contatto con sommergibili senza equipaggio, navi di superficie e osservatori del fondo marino per creare una griglia di sorveglianza «quadridimensionale». La stazione sarà dunque il punto di riferimento anche per la massiccia rete cinese di fibre ottiche sul fondo marino e la nave di perforazione Mengxiang, che punta a essere la prima a raggiungere il mantello terrestre. Sebbene la fonte di energia che alimenterà la struttura sia segreta, il South China Morning Post sottolinea come in passato, Stati Uniti e Urss per raggiungere con i propri sottomarini (Il NR-1 e L’AS-12 Losharik) profondità simili utilizzarono reattori nucleari. Gli scienziati a bordo della struttura cinese saranno inoltre grado di condurre esperimenti in tempo reale e di regolare i protocolli in condizioni estreme, attività che attualmente non sono alla portata di intelligenza artificiale o sistemi robotici.

La Cina scommette sulla
Il progetto della stazione sottomarina (da Youtube).

Le risorse dei fondali tra idrati di metano e minerali rari come cobalto e nichel

Il luogo scelto per l’impianto cinese non è casuale. Come si diceva, il fondale del Mar Cinese Meridionale contiene 70 miliardi di tonnellate di idrati di metano, pari alla metà delle riserve accertate di petrolio e gas della Cina. Vi si trovano anche depositi di minerali rari, tra cui concentrazioni di cobalto e nichel tre volte superiori a quelle delle miniere terrestri. Tutto questo rende queste acque cruciali alla transizione energetica ma anche allo sviluppo dell‘industria tecnologica verde. Settore in cui la Cina vuole primeggiare. Le nuove risorse sottomarine si aggiungeranno a quelle di cui Pechino dispone non solo in patria ma anche all’estero. Le società cinesi hanno una posizione dominante nell’estrazione del nichel in Indonesia e del cobalto nella Repubblica Democratica del Congo.. Attenzione anche all’importanza per la ricerca scientifica. In quei fondali vivono più di 600 specie in grado di sopravvivere in condizioni estreme, alcune con enzimi fondamentali per la cura del cancro.

La Cina scommette sulla
Il progetto della stazione (da Youtube).

Le rivendicazioni di Pechino sul Mar Cinese Meridionale e la disputa con Manila e Hanoi

Poi, c’è ovviamente una componente strategica, visto che il Mar Cinese Meridionale è diventato una frontiera in cui biologia e ingegneria convivono con la geopolitica. La stazione è infatti destinata a rafforzare le rivendicazioni territoriali della Cina contrapposte a quelle di diversi Paesi del Sudest asiatico. Dominando queste acque, Pechino sarebbe in grado potenzialmente di bloccare il commercio e le spedizioni verso il Giappone, controllare l’accesso a tecnologie cruciali per le attività economiche statunitensi (in particolare i microchip) e proiettare la propria potenza nelle profondità del Pacifico. E questo nonostante nel 2016, la Corte Permanente di Arbitrato dell’Aia abbia respinto la «linea dei nove tratti» sulla cui base la Cina rivendica ampia parte del Mar Cinese Meridionale. Pechino non ha mai riconosciuto il verdetto, proseguendo le sue attività nella regione e anzi intensificandole visto che gli Stati Uniti sono a loro volta più presenti a sostegno di Paesi come le Filippine, pur non avendo interessi territoriali diretti. Da ormai quasi due anni, sono diventati frequenti gli incidenti in particolare tra le navi di Pechino e quelle di Manila. Soprattutto in corrispondenza di Second Thomas, una minuscola secca all’interno dell’arcipelago delle Spratly. Il presidente filippino Ferdinand Marcos Junior ha persino paventato la possibilità di invocare l’accordo di mutua difesa con gli Stati Uniti, qualora dovessero esserci delle vittime.

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Il presidente delle Filippine Ferdinand Romualdez Marcos Jr (Getty).

Molto accesa la contesa anche sulle isole Paracelso tra la Cina e il Vietnam, che negli ultimi mesi ha accelerato con decisione le costruzioni in prossimità delle acque contese. A conferma di interessi incrociati e non sempre allineati, l’anno scorso il presidente russo Vladimir Putin ha siglato con Hanoi un accordo di partnership nell’estrazione delle risorse marine, non lontano dalle acque contese con la Cina. Sono stati fatti vari tentativi diplomatici per ridurre le tensioni, inclusi negoziati tra l’Asean (Associazione delle Nazioni del Sudest Asiatico) e la Cina per un codice di condotta nel Mar Cinese Meridionale. Risultato finora mai raggiunto. Con la sua stazione spaziale sottomarina, Pechino conta tra le altre cose di guadagnare una posizione negoziale migliore. Nell’era della seconda presidenza di Donald Trump, con il diritto sembra lasciare posto a un’imperante logica transattiva, male non può fare.



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