Intelligenza artificiale e transizione digitale

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Intervista al prof. Sergio Bellucci, direttore accademico della sede italiana dell’Università per la Pace dell’Onu (Upeace)

Stiamo vivendo una difficile transizione dall’era industriale alla nascita di una nuova civiltà caratterizzata dal rapido e continuo sviluppo delle grandi innovazioni scientifiche e tecnologiche che stanno portando a una visione del Mondo totalmente nuova. Lo sviluppo di queste innovazioni ha subito in questi ultimi decenni una fortissima accelerazione in particolare nel settore dell’intelligenza artificiale (Ia) e delle sue applicazioni, con impressionanti progressi che stanno ridefinendo radicalmente il nostro modo di vivere, lavorare e comunicare. Si tratta di applicazioni super-tecnologiche di grandissima utilità che, se usate a fini benefici, possono determinare grandi passi in avanti nella risoluzione di molti problemi, ma che possono essere altrettanto pericolose e nocive se gestite senza rispetto dei principi etici e dei diritti fondamentali. Pericolose al punto che si potrebbe controllare e condizionare la vita dei cittadini contro ogni principio di libertà e di democrazia.

Non vi è dubbio che siamo di fronte a cambiamenti radicali, al manifestarsi di una nuova cultura, di una nuova società per l’avvento della quale ci si deve preparare con molto scrupolo e determinazione. Non si deve dimenticare che la transizione dalla civiltà agricola a quella industriale determinò una successione impressionante di guerre, rivolte, carestie, migrazioni forzate, colpi di Stato e calamità. Oggi i cambiamenti in atto e soprattutto quelli preannunciati in seguito all’avvento della Ia sono ancora più drastici, i tempi di reazione minori, la velocità maggiore, i pericoli ancora più grandi. Bisogna quindi mobilitarsi al più presto e comunque prima che si arrivi a dei punti di rottura irreversibili.

Per approfondire questi temi, abbiamo intervistato il professor Sergio Bellucci, esperto di fisica e innovazioni tecnologiche, direttore accademico e membro del Comitato promotore della facoltà dell’Intelligenza artificiale della sede italiana dell’Università per la Pace dell’Onu (Upeace), autore del libro “A.I. Un viaggio nel cuore della tecnologia del futuro – da principiante a esperto in un Baleno”.

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Professor Bellucci, come possiamo preparare i cittadini, specialmente i giovani, a questa rivoluzione tecnologica?

«Il passaggio, e se si vuole la preparazione, alla transizione attivata dalle tecnologie del digitale richiede un approccio multidimensionale. È fondamentale, in questo contesto, sviluppare competenze tecniche specifiche ma ancora più importante è coltivare un pensiero critico e sistemico. Il passaggio di una transizione, infatti, riscrive l’intera forma delle relazioni e del fare umano. I giovani devono comprendere non solo il funzionamento delle tecnologie, ma anche le loro implicazioni sociali, etiche ed economiche. Suggerisco di investire nell’alfabetizzazione digitale critica, che significa imparare a navigare consapevolmente nell’ecosistema digitale, comprendendo i meccanismi degli algoritmi e i loro impatti sulla società».

Quali trasformazioni possiamo attenderci nel mondo del lavoro e dell’economia?

«Le intelligenze artificiali generative stanno ridefinendo profondamente i processi produttivi e il mercato del lavoro. Ci sono studi di gruppi, come il World Economic Forum, che annunciano impatti significativi su oltre l’80% delle professioni attualmente esistenti nel periodo di un sola legislatura parlamentare. Assistiamo all’automazione di molte mansioni routinarie sia negli ambiti impiegatizi che in quelli professionali per annunciare un salto nella stessa robotica che assume, definitivamente, la forma antropomorfa. A questo si affianca, sicuramente, anche l’emergere di nuove professioni legate alla gestione delle tecnologie digitali e in particolare delle intelligenze artificiali».

«Avremo bisogno che il sistema del welfare evolva per affrontare queste trasformazioni, considerando strumenti come il reddito di base universale e nuove forme di protezione sociale. D’altronde è lo stesso fondatore di OpenAI, Sam Altman, che annuncia la necessità di forme totalmente innovative di distribuzione del reddito e lo fa lanciando una sua criptovaluta destinata a coprire il fabbisogno di un reddito universale di cittadinanza. La sfida principale sarà gestire la transizione evitando la polarizzazione sociale e garantendo una distribuzione equa dei benefici dell’innovazione tecnologica».

Come valuta la risposta della politica a questi cambiamenti epocali?

«Il mondo politico mostra ancora una comprensione limitata della portata di questa transizione. D’altronde l’essere umano stenta a comprendere i processi quando assumono caratteristiche “esponenziali”. Le iniziative normative, per quanto necessarie, spesso seguono un approccio frammentario e reattivo. Serve una visione strategica di lungo periodo che affronti le sfide della digitalizzazione in modo sistemico, considerando aspetti come la sovranità digitale, la regolamentazione delle piattaforme e la protezione dei diritti fondamentali nell’era digitale. L’Europa e l’Italia, inoltre, non possono pensare di affrontare tale transizione attraverso la produzione di regole che valgono sul proprio territorio, mentre in Usa e in Cina si sviluppano i nuovi sistemi e le nuove aziende di questi settori».

Quali sono i rischi legati all’utilizzo militare dell’Ia e alla possibile perdita di controllo umano?

«La militarizzazione dell’Ia rappresenta una preoccupazione concreta. È essenziale stabilire principi etici e limiti chiari per lo sviluppo e l’applicazione di queste tecnologie. Ma altrettanto grave è il rischio di perdita del controllo umano che richiede l’implementazione di robusti sistemi di governance e supervisione. La comunità internazionale deve collaborare per creare framework normativi condivisi e meccanismi di controllo efficaci. La sfida principale consiste nel governare questa transizione tecnologica orientandola verso obiettivi di progresso sociale e sviluppo sostenibile. L’istituzione di una Authority internazionale sotto l’egida dell’Onu potrebbe rappresentare un passo significativo per garantire il rispetto dei principi di precauzione e prevenzione a livello globale».

 

Orazio Parisotto

Foto © Starmag, Wired, Byoblu

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