Il prezzo amaro del caffè – Alessandro Lubello

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Tra le novità portate dal 2025 c’è anche l’impennata dei prezzi del caffè. La bevanda segue la scia del cacao, che ormai da tre anni registra bruschi rincari a causa dei cattivi raccolti nei maggiori paesi produttori, soprattutto in quelli dell’Africa occidentale.

Bloomberg spiega che sui principali mercati mondiali il caffè sta registrando la striscia di rialzi più lunga dal 1980. I contratti futures (accordi per comprare o vendere una specifica quantità di caffè a un prezzo prefissato in una data futura) sull’arabica, varietà molto diffusa scambiata alla borsa Intercontinental exchange di New York, sono intorno alla quota record di quattro dollari alla libbra (453,59 grammi, l’unità di misura usata sul mercato statunitense), cioè circa nove dollari al chilo, più del doppio rispetto a un anno fa. Secondo gli esperti fino a cinque dollari alla libbra il caffè è ancora acquistabile; dopo diventa un prodotto di lusso.

Come per il cacao, anche nel caso del caffè l’origine dei rialzi è dovuta alla crisi climatica, in particolare alle condizioni meteorologiche fuori dalla norma che hanno danneggiato i raccolti. Non fa eccezione il Brasile, racconta il settimanale tedesco Die Zeit. Il paese sudamericano è il più grande produttore di caffè da 150 anni: la pianta è coltivata su due mil­io­ni di ettari di terreno, che in media garantiscono ogni anno circa 3,3 milioni di tonnellate di semi di caffè, due terzi dei quali sono destinati all’esportazione. Ma negli ultimi tempi i quasi trecentomila coltivatori brasiliani hanno subito drastici cali dei raccolti a causa di eventi meteo fuori dalla norma, come periodi di caldo e secchi senza precedenti.

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Nel 2024 alcune delle zone più importanti nella coltivazione del caffè hanno avuto i tassi di precipitazione più bassi degli ultimi quarant’anni. Miguel Erthal, proprietario di una grande piantagione nello stato di Rio de Janeiro, ha raccontato alla Zeit che invece dei soliti 23mila sacchi da sessanta chili di caffè all’anno, nel 2024 la sua azienda ne ha prodotti appena tremila, l’88 per cento in meno. Così il prezzo è passato in poco tempo da seicento reais (circa 95 euro) al sacco a duemila reais (310 eu­ro).

Il Brasile rappresenta il 35 per cento della produzione globale, ma non è l’unico protagonista del mercato ad avere problemi. L’altro è il Vietnam, il secondo produttore mondiale, specializzato nella varietà robusta. Anche i coltivatori del paese asiatico sono stati penalizzati dalla scarse precipitazioni e non guardano al futuro con ottimismo: le associazioni di categoria prevedono che entro il 2050 la produzione vietnamita possa addirittura dimezzarsi; entro il 2040, inoltre, nel mondo potrebbe esserci un deficit di robusta pari a 35 milioni di sacchi da sessanta chili.

Corre rischi anche il terzo produttore mondiale, la Colombia, ma non solo per il cambiamento climatico, visto che, come spiega il New York Times, sul paese incombe lo spettro della guerra commerciale. Lo dimostrano i dazi minacciati a gennaio dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump dopo che il governo di Bogotà aveva rifiutato di accogliere un gruppo di immigrati rimpatriati dalla Casa Bianca. Oltre al petrolio, tra i prodotti più penalizzati dall’eventuale imposizione di dazi c’era proprio il caffè: attualmente quello colombiano costituisce il 20 per cento del caffè importato negli Stati Uniti.

Le aziende, consapevoli che in molti paesi il costo della vita è aumentato bruscamente, stanno ricorrendo alle scorte di magazzino per impedire rialzi eccessivi sugli scaffali dei supermercati o al bar: per ora mettono in vendita i prodotti come se il costo di una libbra di caffè fosse intorno ai 2,5 dollari. Ma secondo il ministero dell’agricoltura degli Stati Uniti, entro il 2026 i chicchi di caffè in magazzino potrebbero raggiungere il secondo livello più basso del 1960, scrive Bloomberg.

Presto quindi non sarà più possibile tenere a freno i rincari, soprattutto se i coltivatori non saranno aiutati dal clima o non troveranno soluzioni per adattarsi alle nuove condizioni meteorologiche. Sono almeno quattro anni che la domanda mondiale supera l’offerta (170 milioni di sacchi da sessanta chili all’anno) in media di 15-20 milioni di sacchi. Considerando questa differenza, aggiunge Bloomberg, non sarebbe una sorpresa se nei prossimi mesi il prezzo di una tazzina di caffè salisse del 20-25 per cento.

Questo testo è tratto dalla newsletter Economica.

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