Da Trump a Meloni, la controrivoluzione del potere dei ricchi e degli impuniti

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Nel mondo stanno accadendo cose terribili, ma l’immagine che se ne dà è il rovesciamento di ciò che accade. Le vittime vengono cancellate dalla scena, non hanno nemmeno il diritto di far sentire la loro voce; le diseguaglianze diventano sempre più acute e più profonde; qualunque diversità è vista come un male da sradicare; i ricchi sono sempre più ricchi, i poveri sempre più poveri; le società sono sempre più bloccate, i governi si presentano some restauratori dell’ordine, dei veri valori, coincidenti con quelli dei ceti proprietari; ogni dissenso è respinto; è messo in questione il primato della legge; l’impunità è diventata una regola; il rispetto delle regole un’eccezione, a stento tollerata; il potere esecutivo travolge quello legislativo e vuole mettere fuori gioco quello giudiziario.

Rispetto al passato, anche vicino, è una trasformazione profonda – non userei il termine rivoluzione – potenziata anche da un consenso elettorale che non viene meno, resta stabile, quando non aumenta.
Come è perché si è arrivati a questo punto di crisi, di decadenza delle idee che hanno sostenuto il progresso del mondo dopo la fine della seconda guerra mondiale? Pretendere di spiegarlo sarebbe difficile. Qui vorrei limitarmi a sostenere tre punti.

La controrivoluzione

È caduta – ed è il fatto più grave – la visione di un mondo diverso, capace di ridurre le diseguaglianze, di rendere fluidi gli spazi sociali, consentendo a nuove individualità e a nuovi ceti di far sentire la loro voce e di imporsi, di guardare alle diversità come realtà da riconoscere, non da calpestare… Ci sono state iniziative che hanno affrontato alcuni di questi problemi, ma non in modo organico, senza una visione capace di coinvolgere, oltre le idee, passioni ed emozioni, affetti.

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E con l’assenza della visione di un presente e di un futuro diverso è mancata una critica dell’esistente, della situazione concreta, e soprattutto non c’è stata una critica dell’ideologia, cioè della rappresentazione rovesciata, rispetto a quanto accade-della realtà. Si vive in una sorta di spettacolo permanente , di cui si è spettatori passivi, senza alcuno spirito critico, ma anzi, spesso, con l’ambizione di salire addirittura sul palco e diventare parte dello spettacolo.

È un rovesciamento costante, programmatico, quotidiano, potenziato dai mezzi di comunicazione, che è, in altra forma, la continuazione della politica oggi. Si è imposta la visione di un mondo nella mani solo dei potenti, liberi di fare quello che vogliono, inscalfibili nella loro arroganza e impunità, contro cui non c’è niente da fare.

Un ministro è condannato, resta al suo posto; una ministra si serve per affari propri di soldi pubblici, non si tocca: l’impunità è diventata un metodo di governo, per ribadire sempre e senza mai cedere che questa è la realtà: chi ha i mezzi per nuotare nuoti, chi non ha una tavola alla quale aggrapparsi affoghi: nessuno lo salverà: bellum contra omnes. E tutto questo viene fatto rivendicando il primato della Nazione, che diventa in questo quadro un’entità astratta, una sorta di feticcio al quale tutto deve essere sacrificato, anche la propria dignità, nel nome di un machiavellismo che è diventata la cifra universale della politica. Machiavellismo, non Machiavelli, che sapeva distinguere fra il popolo fiorentino e il potere dei Medici. Bisogna saperlo: è in corso una vera e propria “controrivoluzione”, in Italia e nel mondo. È questo il carattere costitutivo di questa nostra epoca.

Attacco ai valori europei

Questo atteggiamento ha contribuito a generare anche nel popolo che era schierato a sinistra – e che resta maggioranza nel paese – una sorta di stagnazione, un senso di impotenza, uno smarrimento, che lo spinge a rinchiudersi nella propria particolarità, senza riuscire a riconoscersi più in una visione condivisa di cambiamento. Prevale la rassegnazione, mentre gli intellettuali di sinistra dichiarano a loro volta che tutto è cambiato, che l’Europa è finita, che non ci sono più speranze. La storia è altrove, gli europei non hanno più un ruolo, devono capire che la loro storia è finita, concordando paradossalmente con chi sostiene, a destra, che c’è una sola chance: attaccarsi al carro di Trump.

È un errore grave, un peccato mortale. C’è un enorme spazio, a saperlo usare, in primo luogo per l’Europa, e proprio per l’attacco che i valori europei stanno subendo. Si è arrivati al punto che i distruttori della libertà di stampa si presentano come i suoi difensori, accusando gli europei di averla tradita. Appunto: un rovesciamento radicale, totale della realtà.

Dicevano gli astrologi che è quando si arriva al punto più basso della ruota, che si può cominciare a risalire. E oggi è a quel punto che siamo arrivati. Non è il momento di lasciare i principi della civiltà europea, costruiti in secoli di storia anche con il sacrificio della vita di eretici, ribelli, riformatori, e di uomini comuni che si sono battuti per la loro affermazione.

il candidato vicepresidente J.D. Vance designato da Donald Trump alla convention repubblicana di Milwaukee, 2024
Il vicepresidente J.D. Vance  Foto Shutterstock / ipa-agency.net / Agenzia Fotogramma

Nel mondo attuale, quei principi, una volta considerati acquisiti, senso comune, vanno rivendicati oggi più di ieri: libertà di coscienza, libertà di stampa, libertà religiosa, tolleranza, riconoscimento dell’altro, rifiuto della tortura, rifiuto della pena di morte… Questa è l’Europa, questa è l’Italia che ha dato un contributo essenziale alla elaborazione di questi principi. Non sono morti, come è stato in dichiarazioni blasfeme, non contrastate con l’energia necessaria, ma vanno riproposti, riattivati in una nuova visione del presente e del futuro.

E per dare loro nuova energia, e nuova identità, occorre inserirli in una prospettiva politica che metta al suo centro anzitutto la lotta contro le diseguaglianze – di classe, di ceto, di razza, di religione – contro la povertà e la miseria, contro la sopraffazione diventata un esercizio quotidiano, contro la mistificazione della realtà, la violenza sulle persone, sugli individui ridotti a pura merce, senza valore. Una visione che deve tenere insieme principi ideali e lotte materiali, senza rifugiarsi nella astrattezza della pura protesta o solo nella difesa di piccoli interessi. Bisogna imparare a guardare ai problemi decisivi di un’epoca di trasformazioni radicali che toccano tutti i piani della realtà individuale, sociale, collettiva. Tutto è cambiato, ed è a questa altezza dei cambiamenti che bisogna porsi. E in questo “nuovo mondo” bisogna battersi sempre e ovunque per la libertà – anche qui, quello che sembrava un principio acquisito, oggi è contestato, su tutti i piani, nei regimi autoritari e illiberali che si stanno affermando nel mondo.

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Ma per fare questo occorre un’operazione fondamentale: bisogna smascherare il potere , e per questo è necessaria la critica della ideologia che deve diventare un lavoro quotidiano, sistematico; occorre lo smascheramento degli idoli e dei feticci, delle forme del potere attuale – quelle volgari e quelle più sottili e più raffinate – mostrandolo per quello che è: potere dei forti, dei ricchi, degli impuniti, di quelli che disprezzano le leggi, le regole, che governano cercando, con tutti i mezzi di cui dispongono, di riportarci nella caverna da cui siamo usciti con lotte dure e sanguinose, con enormi sacrifici. No, bisogna alzarsi in piedi, bisogna dire no.



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