Bulgaria, proteste anti-euro e la strategia della minimizzazione: chi decide cosa vale la pena raccontare? – Quasimezzogiorno

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Mentre in Occidente le manifestazioni contro politiche economiche e sociali spesso guadagnano titoli di apertura e approfondimenti accorati, in Bulgaria migliaia di cittadini che protestano contro l’adozione dell’euro vengono trattati con il distacco tipico riservato a episodi marginali o, peggio, a fenomeni di ordine pubblico. È accaduto ieri 22 febbraio 2025, quando la protesta organizzata dal partito ultranazionalista “Revival” è sfociata in violenza, con il lancio di molotov e l’assalto alla missione UE di Sofia. Ma, al netto di questi episodi, è lecito chiedersi se il dissenso bulgaro venga riportato per ciò che è – ovvero una legittima preoccupazione su scelte economiche che condizioneranno il paese per decenni – o se venga semplicemente liquidato come un rigurgito populista.

Il precedente croato: il caro-euro e le promesse non mantenute

Uno dei punti chiave della protesta riguarda il timore che l’introduzione dell’euro possa causare un’impennata dei prezzi senza un corrispettivo aumento del potere d’acquisto. La Croazia, che ha adottato la moneta unica nel gennaio 2023, ha vissuto una transizione economica tutt’altro che indolore. Nonostante le rassicurazioni governative, i prezzi di molti beni di consumo hanno registrato aumenti consistenti, portando a un diffuso malcontento. Le autorità croate hanno cercato di attribuire tali rincari a fattori esterni, ma il dato di fatto resta: il passaggio all’euro ha inasprito le difficoltà economiche per una fetta consistente della popolazione. I bulgari, già colpiti da un alto tasso di inflazione negli ultimi anni, temono di dover affrontare un destino simile.

L’Unione Europea come vincolo e la questione della sicurezza

Un altro aspetto sottovalutato del dibattito riguarda il posizionamento geopolitico degli stati orientali dell’UE. Se l’Unione spinge per un’integrazione economica sempre più profonda, i paesi dell’est si trovano spesso a fare i conti con un dilemma irrisolto: l’assenza di una reale difesa comune. L’adozione dell’euro è spesso venduta come un rafforzamento della sovranità economica, ma senza una corrispondente protezione militare congiunta, i paesi al confine con le grandi potenze mondiali (Russia in primis) potrebbero trovarsi costretti a subire decisioni imposte da Bruxelles, senza garanzie reali di sicurezza.

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È legittimo chiedersi: se domani la Bulgaria dovesse trovarsi in una crisi geopolitica, l’UE sarebbe in grado di tutelarla o il paese si scoprirebbe solo un ingranaggio minore in una macchina sovranazionale incapace di proteggerlo?

Manipolazione dell’informazione o semplice distrazione?

Sebbene sia naturale che i media occidentali preferiscano narrazioni che rafforzano il progetto europeo, la scarsa attenzione riservata alle preoccupazioni della popolazione bulgara solleva interrogativi sul modo in cui l’informazione viene filtrata. La protesta di Sofia non è stata ignorata del tutto, ma i principali media internazionali si sono soffermati sugli episodi di violenza, riducendo il fenomeno a una questione di ordine pubblico e non di sostanza economica e politica.

Ci troviamo di fronte a una strategia deliberata di minimizzazione o si tratta di un semplice riflesso condizionato, un’abitudine a dare spazio solo alle narrazioni che confermano la direzione desiderata? Qualunque sia la risposta, una cosa è certa: ignorare le voci di dissenso o ridurle a mere espressioni di estremismo significa perdere di vista un pezzo importante della realtà. E se la Bulgaria dovesse pagare un prezzo alto per il passaggio all’euro, sarebbe ipocrita fingere di non aver visto arrivare il problema.

Un’Europa davvero unita: il grande sogno ancora possibile?

Di fronte a queste criticità, il vero problema non è solo l’euro, ma il fatto che l’Unione Europea sia ancora un’entità incompleta, priva di una fiscalità comune, di una difesa realmente condivisa e di una politica estera unitaria. Se l’Europa fosse davvero unita, con una strategia economica e militare coesa, molte delle paure che oggi attanagliano la Bulgaria e altri paesi membri sarebbero superflue. Forse, invece di insistere su un’integrazione economica forzata, l’UE dovrebbe concentrarsi sulla costruzione di un’unione politica solida e condivisa, capace di garantire equità tra gli stati membri. Solo allora, forse, i cittadini di tutta Europa potranno guardare con fiducia al futuro, senza sentirsi vincolati da decisioni calate dall’alto.

Resta la speranza che sia ancora possibile realizzare quel grande e meraviglioso sogno, ormai dall’aspetto così effimero, di avere un’Europa finalmente unita e quindi libera.

Per alcune riflessioni sull’Europa e sulla geopolitica attuale, è possibile recuperare la nostra intervista esclusiva al Prof. Romano Prodi.



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