I paesi che risultano essere i più ricchi riescono ad arricchirsi maggiormente rispetto agli altri proprio per la loro produzione interna e per il capitale investito all’estero, ciò gli permette di poter disporre di un reddito nazionale superiore alla produzione. Esiste inoltre un meccanismo per il quale i paesi ricchi possono trasferire la loro eccedenza di risparmi nei paesi più poveri attraverso l’investimento.
In questo modo i paesi ricchi potranno ottenere un tasso di rendimento migliore per il loro investimento, mentre i paesi poveri riusciranno a recuperare il loro rallentamento della produttività. Attraverso questo meccanismo i paesi più ricchi sono costantemente finanziati in capitale fisico e in capitale umano, che gli permette di poter accrescere la propria economia a lungo termine, mentre i paesi più poveri, sono ovviamente penalizzati, a causa delle competenze poco sviluppate e una costante instabilità politica[1].
Innanzitutto, per stimare e calcolare al meglio la disuguaglianza che può essere debole/media/forte, oltre che a suddividere i risultati in base alle aree geografiche è possibile anche una divisione della popolazione in tre categorie in base ai redditi da lavoro ed i redditi da capitale percepiti:
- i più ricchi ossia le classi superiori che rappresentano il 10% della popolazione adulta equivalente a 51 milioni di cittadini;
- la fascia intermedia ossia le classi medie che rappresentano il 40% della popolazione adulta equivalente a 2 miliardi di persone;
- i più poveri ossia le classi popolari che rappresentano il 50% della popolazione equivalenti a 2,5 miliardi di persone.
Grazie al World Inequality Report 2022[2], possiamo avere delle evidenze empiriche sulla distribuzione disuguale del reddito e del capitale nel 2021.
Per quanto riguarda il reddito in ordine decrescente:
- le classi superiori possiedono il 52% del reddito globale e le classi dominanti il 19%;
- le classi medie possiedono il 39% del reddito globale;
- le classi popolari possiedono solamente l’8% del reddito globale. Per quanto riguarda il capitale in ordine decrescente:
- le classi superiori possiedono il 76% del patrimonio globale e le classi dominanti il 38%;
- le classi medie possiedono il 22% del patrimonio globale;
- le classi popolari possiedono solamente il 2% del patrimonio globale.
La disuguaglianza nella distribuzione si evince soprattutto perché una piccolissima parte della popolazione globale ha a disposizione la maggioranza della ricchezza sia in forma di reddito che di capitale. Al contrario, la maggioranza della popolazione ha a disposizione una piccolissima parte della ricchezza. Questa distribuzione così disuguale crea un divario notevole tra i gruppi sociali e tra gli stessi individui, tanto da far aumentare la povertà e diminuire l’accesso ai settori fondamentali della vita come la sanità, l’istruzione o semplicemente gli acquisti dei beni primari.
Per quanto riguarda le disuguaglianze, è possibile analizzare l’andamento della distribuzione del reddito nazionale globale, in base alla divisione dei gruppi nella società, dal 1820 al 2020. Innanzitutto, la distribuzione del reddito globale è notevolmente disuguale ed il World Inequality Report 2022[3] stima che questa tendenza possa continuare a verificarsi anche nei prossimi decenni:
- il 10% più ricco della popolazione mondiale ha sempre avuto a disposizione più del 50% del reddito globale, fino ad arrivare nel 2020 al 55%;
- la classe media che corrisponde al 40% della popolazione mondiale ha sempre avuto a disposizione circa il 35% del reddito globale fino ad arrivare nel 2020 a circa il 40%;
- mentre la classe popolare che corrisponde al 50% della popolazione mondiale, nel 1820 aveva a disposizione circa il 15% del reddito mondiale. Nel corso degli anni questa quota è diminuita drasticamente fino al 5%.
Secondo una stima dell’andamento della disuguaglianza globale dei redditi da capitale suddivisa per classi, dal 2000 al 2100:
- le classi superiori dominanti sono destinate a veder aumentare il loro reddito da capitale dal 19% del 2021, fino a superare la soglia del 30% di reddito da capitale pro-capite nel 2100;
- le classi medie sono destinate ad un aumento, dal 22% al 30% del 2100;
- le classi popolari invece saranno quelle destinate ad un aumento minimo.
Le disuguaglianze dei redditi da lavoro e dei redditi da capitale non riguardano solamente i gruppi sociali, è presente anche una notevole disparità di genere: dal 1990 al 2020 le donne hanno ricevuto solamente dal 20% al 35% di reddito da lavoro a differenza degli uomini che ricevono il restante 65% di reddito da lavoro a livello globale.
Per quanto riguarda il reddito medio, il Nord America e l’Europa possiedono le quote più elevate del reddito medio globale con il 315% ed il 215% mentre tutte le altre aree non raggiungono il 200% come la Russia e l’Asia Centrale/Est o addirittura il 100% come il Sud Asia ed il Sud America ed il 50% come l’Africa Sub Sahariana. In tutte le aree del pianeta le classi superiori posseggono la quantità maggiore del reddito globale tranne l’Europa in cui la quantità maggiore è posseduta dalle classi medie.
Ci si chiede quindi perché la disuguaglianza dei redditi da lavoro, soprattutto la disuguaglianza dei salari, sia più o meno forte in società differenti e in epoche differenti? La teoria più diffusa è quella di una gara tra competenza e tecnologia. Ma questa spiegazione non aiuta a dar conto in modo soddisfacente delle disuguaglianze salariali americane a partire dagli anni ‘70. Tuttavia, offre elementi interessanti, in grado di spiegare determinati sviluppi storici, ed è giusto esporla nei dettagli. La teoria si fonda su due ipotesi:
- la prima è che il salario di un determinato lavoratore è pari alla sua produttività marginale, vale a dire al suo contributo individuale al prodotto dell’impresa o dell’amministrazione nella quale lavora.
- La seconda è che tale produttività dipende innanzitutto dalla sua qualifica, oltre che dallo stato della domanda e dell’offerta di determinate competenze nella società considerata.
Allo stesso tempo, le disuguaglianze dei redditi da lavoro sono aumentate poiché le imprese leader nei paesi centrali hanno spostato la produzione industriale verso il Sud globale per sfruttare direttamente salari e costi di produzione più bassi, mentre utilizzano il loro dominio nelle catene globali del valore per ridurre i salari e i profitti dei produttori del Sud. Questi interventi hanno ulteriormente aumentato il potere d’acquisto relativo del Nord rispetto al lavoro e ai beni del Sud. Infatti, il contributo del Sud alla produzione globale totale è aumentato costantemente nel periodo dal 1995, in tutte le categorie di competenze.
L’aumento maggiore si è verificato nella categoria delle competenze elevate, con il contributo del Sud alla produzione ad alta competenza che è passato dal 66% del totale mondiale nel 1995 al 76% nel 2021. Nonostante abbia contribuito al 90-91% del lavoro totale che entra nella produzione globale e nella produzione di beni commerciati nel 2021, inclusa la maggior parte del lavoro ad alta competenza, il Sud globale ha ricevuto meno della metà del reddito globale, e i lavoratori del Sud hanno ricevuto solo il 21% del reddito globale in quell’anno.
L’analisi conferma un modello sostanziale e persistente di scambio ineguale tra il Nord e il Sud globale. Nel 2021, il Nord globale ha importato 906 miliardi di ore di lavoro incorporato dal Sud, esportandone solo 80 miliardi in cambio, è evidente che il Nord si appropria in modo netto di grandi quantità di lavoro dal Sud.
Da queste lunghe ed approfondite analisi è possibile constatare come i leader del commercio, del PIL, della finanza e della tecnologia possiedano la maggior parte delle risorse e sono localizzati soprattutto in Cina e nei blocchi settentrionali dell’America, dell’Europa, del Giappone e dell’Australia da decenni.
Infatti, la medesima situazione di disuguaglianza a livello globale avviene nella distribuzione della ricchezza media (patrimonio) anche nel 2021:
- anche in questo caso l’America e l’Europa dispongono della ricchezza media più alta con il 390% ed il 230% del patrimonio globale. Solamente l’Asia dell’Est raggiunge il 142% mentre tutte le altre aree faticano a raggiungere anche il 50% come l’Africa Subsahariana e l’Asia Centrale/del Sud che dispongono solamente del 17% e del 40% del patrimonio medio globale.
- La distribuzione globale della ricchezza è profondamente disuguale in quanto le classi superiori in tutte le aree del pianeta possiedono dal 70% all’80% della ricchezza globale mentre le classi medie ne possiedono tra il 20% ed il 40%. Per ultime ci sono le classi popolari che non riescono a possederne nemmeno il 10%
Nel 2022 la situazione cambia leggermente in quanto iniziano a vedersi i primi effetti delle nuove economie emergenti della Cina, dell’India e dell’Asia che tentano di conquistare lo stesso livello di ricchezza del Nord America e dell’Europa che vedono invece la loro ricchezza notevolmente ridotta rispetto agli anni precedenti[4].
Piketty ha iniziato le sue indagini sulle disuguaglianze a partire dall’elaborazione di grafici della distribuzione mondiale della produzione dal 1700 al 2012. Nel primo grafico vengono messi a confronto le quote dei PIL di quattro continenti in %: Africa, Asia, America ed Europa. Si può notare che durante tutto l’arco temporale Asia, America ed Europa sono i tre continenti con la quota maggiore di PIL a livello globale mentre l’Africa rimane il continente con una quota di PIL bassissima. A partire dal 1820, il PIL americano ed europeo aumentano notevolmente, tra il 1900 e il 1980 infatti la produzione mondiale di beni e servizi era concentrata per il 70-80% nei due continenti. Nonostante questo, dal 1950 entrambi i PIL iniziano a calare costantemente, fino ad arrivare nel 2012 ad una quota del 50% sul PIL mondiale per l’America e ad una quota del 30% sul PIL mondiale per l’Europa.
Nel 2023 rispetto al 2012 l’andamento del PIL mondiale non risulta presentare particolari differenze: il PIL in America, in Africa ed in Europa è ancora stagnante. In Asia invece si registra un leggero aumento e si conferma come il continente con il PIL più alto rispetto a tutti gli altri continenti. Il mondo nel complesso presenta un incremento consistente mentre l’Africa rimane sempre in fondo alla lista.
Ciascuno dei continenti può essere suddiviso in due macroaree geografiche che nel corso degli anni ha generato un centro ipersviluppato ed una periferia mediamente sviluppata. Questa tendenza è possibile riscontrarla attraverso il grafico e la rappresentazione geografica sottostanti del PIL mondiale espresso in trilioni di euro e aggiornato al 2023.
Rispetto a quanto detto in precedenza grazie ai relativi grafici, è possibile constatare la netta differenza tra la parte settentrionale e meridionale del globo terrestre. In tutte le aree del mondo il patrimonio posseduto in ognuna delle diverse fasce risulta essere costante e abbastanza regolare:
- la fascia più povera (classe popolare) che rappresenta il 50% della popolazione in tutte le aree del mondo non arriva a possedere il 10% del patrimonio globale;
- la fascia intermedia (classe media) che rappresenta il 40% della popolazione non arriva a possedere il 30% della ricchezza tranne in Europa che supera la soglia ma non raggiunge il 40% della ricchezza;
- la fascia più ricca (classe superiore) che rappresenta il 10% della popolazione in tutte le aree del mondo supera la soglia del 50% della ricchezza posseduta fino a superare addirittura il 70% nell’area MENA e nell’America del Sud mentre l’Europa è l’unica in cui i cittadini non arrivano a possedere il 60% della ricchezza.
Il passo successivo nell’analisi di Piketty è stato quello di analizzare la distribuzione del reddito e constatare che fosse più disuguale rispetto a quella della produzione in quanto alcuni paesi detengono il prodotto pro-capite più elevato, una quota di capitale di altri paesi, un flusso positivo di redditi da capitale proveniente da altri paesi in cui la produzione pro-capite è più bassa.
[1] PIKETTY T. (2014), Il Capitale nel XXI secolo, Bompiani, Milano.
[2] Ibidem.
[3] Ibidem.
[4] CREDIT SUISSE AG, A UBS GROUP COMPANY (2023), Global Wealth Report 2023, https://thenextrecession.wordpress.com/wp-content/ uploads/2023/08/global-wealth-report-2023.pdf
[5] PIKETTY T. (2014), Il Capitale nel XXI secolo, Bompiani, Milano.
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