Candidato a tre Oscar (miglior film, miglior film internazionale e migliore attrice protagonista) racconta il dramma dei desaparecidos brasiliani dalla parte di chi resta, attraverso la storia (vera) di una famiglia esemplare animata dall’impegno civile.
Una donna nuota nell’oceano Atlantico, poco al largo della spiaggia di Copacabana, a Rio de Janeiro, Brasile. Interrompe le bracciate per il fragore delle pale di un elicottero che vola a pelo d’acqua: l’ombra di un presagio attraversa appena il suo sguardo, ma la vita è ancora felice, nonostante il paese sia in mano al regime militare già da qualche anno. È il 1970. Lei è Eunice Paiva, moglie di Rubens Paiva, ingegnere ed ex deputato del partito laburista brasiliano, esiliato dopo il colpo di Stato del 1964, poi rientrato nel paese e ritirato a vita civile. Insieme hanno cinque figli e un’esistenza agiata in un bell’appartamento a pochi metri dalla spiaggia. Sono molto uniti e alla dittatura dei militari oppongono una vita di famiglia intensa e appagata.
La casa è aperta agli amici, i figli crescono liberi di coltivare le loro passioni – gli sport sulla spiaggia, Blow-Up al cinema, Lennon, Gainsbourg e Veloso sul giradischi – ma guidati da genitori attenti e all’occorrenza autorevoli. Intanto il regime che ha preso il Paese, messo fuorilegge i partiti politici e fatto di arresti e sparizioni di civili la sua regola, si fa più aggressivo e molti cominciano a partire alla volta di Londra, o Parigi. Loro invece resistono: progettano la nuova casa e sullo schermo scorrono le riprese in Super8 che Veronica, la figlia più grande, fa dei familiari mentre ognuno di loro sceglie sul plastico quale sarà la propria camera. Ma “nessuno avrà una stanza per sé”, come annuncerà presto Eunice ai figli, perché una mattina Rubens viene prelevato in casa da militari in borghese e scompare.
Diversamente da altri film (La notte delle matite spezzate, Garage Olimpo) che hanno narrato le vicende dal punto di vista dei civili torturati e fatti sparire, spesso gettati in mare dagli elicotteri (come quello della scena iniziale?), Io sono ancora qui sceglie di raccontare le vite di chi resta. Cinematograficamente, il passaggio è segnato da un simbolico cambio di luce nell’inquadratura.
La casa, prima aperta e luminosa, piomba nella penombra: le tende chiuse, i militari a guardia di moglie e figli, le stanze svuotate della vita di cui traboccavano fino a poco prima. Se il prima è luce e il dopo, tenebra, è anche grazie al coraggio e alla resistenza dei singoli, fa intendere Salles, che l’umanità può guardare oltre l’abominio della dittatura. Rubens viene arrestato perché ha avuto il coraggio di contrastare il regime, ché “non si può stare solo a guardare, soprattutto noi che conosciamo tutti”, come spiega a Eunice il più caro amico del marito, dopo la scomparsa.
E anche Eunice farà il suo: nonostante sulle prime non sia sicura di poter comprendere la scelta di Rubens che, scegliendo di non rimanere inerte, ha messo a repentaglio la loro vita e la loro sicurezza, diventa dapprima punto di riferimento incrollabile per i figli ancora da crescere e poi, a sua volta, figura di rilievo pubblico. Si laureerà infatti in diritto e diventerà avvocato per i diritti umani.
Tratto da fatti reali e basato sul libro autobiografico di Marcelo Rubens Paiva, figlio minore dei cinque dell’ex deputato scomparso, è la storia di una famiglia esemplare che fa della gioia e del sorriso un atto di resistenza. Il racconto messo in scena da Salles è personale – anche in senso stretto, perché a Rio era vicino di casa dei Paiva e amico dei figli – e collettivo, perché è la storia di un Paese. Gli attori contribuiscono con le loro eccezionali interpretazioni (Selton Mello assomiglia a Rubens anche fisicamente) alla composizione così armonica di questa potente cronaca.
Fernanda Torres, che interpreta magistralmente la protagonista, ha già vinto un Golden Globe ed è candidata al premio Oscar. Esattamente com’era stato per sua madre, la grande attrice Fernanda Montenegro, personaggio principale di un altro famosissimo film di Salles, Central do Brasil, e che qui interpreta Eunice da anziana (sono molto somiglianti e sembrava la Torres stessa con il trucco).
Io sono ancora qui è cinema che risplende della vita che per Eunice, i suoi figli e i brasiliani tutti resiste sotto la marea nera delle dittature e degli assolutismi.
Sono venuto da lontano, canta Erasmo Carlos in uno dei bellissimi pezzi (É Preciso Dar Um Jeito, Meu Amigo) che Salles fa colonna (portante) del film, il viaggio è stato così lungo, ho incontrato ostacoli, ma comunque eccomi qui e con le cose che ho visto, non resterò in silenzio.
In sala
Titolo originale: Ainda estou aqui, Produzione: Brasile, Francia 2024, Regia: Walter Salles, Sceneggiatura: Murilo Hauser, Heitor Lorega, Marcelo Rubens Paiva, Montaggio: Affonso Gonçalves, Fotografia: Adrian Teijido, Interpreti principali: Fernanda Torres, Selton Mello, Valentina Herszage, Fernanda Montenegro, Durata: 137’.
Candidato a tre Oscar (miglior film, miglior film internazionale e migliore attrice protagonista) racconta il dramma dei desaparecidos brasiliani dalla parte di chi resta, attraverso la storia (vera) di una famiglia esemplare animata dall’impegno civile.
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