Arriva la “pagella” anche per i presidi (e fa già discutere)

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Anche i presidi avranno una pagella – ICP

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Anche i presidi saranno valutati e avranno una sorta di “pagella”. Lo prevede il nuovo Sistema nazionale di valutazione dei risultati dei dirigenti scolastici, che entrerà in vigore già da quest’anno scolastico, dopo che il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, ha firmato il decreto di adozione. La valutazione dei dirigenti scolastici, spiega una nota del Mim, «avverrà tenuto conto della specificità delle funzioni e sulla base degli strumenti e dei dati a disposizione del sistema informativo del Ministero e del Sistema nazionale di valutazione dei risultati dei dirigenti scolastici. Il procedimento sarà articolato in una fase di assegnazione degli obiettivi, anche di rilevanza regionale, e in una di valutazione, a cura dei direttori degli Uffici Scolastici Regionali, garantendo altresì un eventuale momento di contraddittorio con gli interessati e il ruolo di un organismo di garanzia. Agli esiti della valutazione sarà collegata la retribuzione di risultato».

«Momento storico per la scuola»

«Si tratta di un momento storico per il comparto scuola – sottolinea il ministro Valditara – perché il sistema di valutazione ora introdotto, che partirà già da quest’anno, arriva dopo 25 anni di assenza normativa, segnalata più volte a livello istituzionale e dovuta anche ad una forte ostilità culturale. Il nuovo sistema di valutazione consentirà di verificare e accompagnare il raggiungimento dei risultati, al servizio degli studenti e delle famiglie, anche nella prospettiva di una crescita professionale dei dirigenti scolastici, che svolgono una funzione fondamentale per un sistema scolastico sempre più efficiente». Su «merito ed efficienza» pone l’accento la sottosegretaria Paola Frassinetti, che sottolinea, con favore, «l’ingresso dei dirigenti scolastici nella dirigenza pubblica».

«Adesso adeguateci lo stipendio»

Aspetto, quest’ultimo, su cui le associazioni dei presidi pongono l’accento, chiedendo che, alla valutazione del loro operato, si affianchi anche una rivalutazione del loro stipendio, oggi non in linea con le retribuizioni dei dirigenti pari grado della pubblica amministrazione. «Non ci sono più ragioni per procrastinare ulteriormente la definitiva armonizzazione della retribuzione della dirigenza delle scuole con quella dei dirigenti della medesima area contrattuale – ricorda il presidente dell’Associazione nazionale presidi, Antonello Giannelli -. So che il Ministro è molto sensibile alla questione e gli chiederò un incontro specificatamente destinato a questo aspetto». Anche per Dirigentiscuola «con l’introduzione della valutazione, non esistono più alibi per rimandare la perequazione retributiva: il divario di circa 23mila euro tra i dirigenti scolastici e quelli del Ministero dell’Istruzione e del merito di pari fascia – nonostante questi ultimi abbiano minori responsabilità – deve essere colmato». Soddisfazione è espressa anche dal presidente di Udir, Marcello Pacifico, che chiede di «stanziare specifiche risorse per disciplinare nel contratto l’equiparazione esterna alle altre aree della dirigenza che partono dallo stesso stipendio tabellare per arrivare al doppio dello stipendio con il salario accessorio legato alla valutazione dei risultati».

«Così il preside è subordinato alla politica»

Ferma contrarietà alla valutazione del lavoro dei dirigenti scolastici è espressa dalla Uil Scuola e dalla Flc-Cgil. «Siamo contrari, nel metodo e nel merito – tuona Giuseppe D’Aprile, segretario generale della Uil Scuola -. Si tratta di una procedura che non supporta il lavoro dei presidi, ma li mette in competizione tra loro, come se fossero top manager di un’azienda e non figure fondamentali per la crescita e l’organizzazione della scuola». Ma, aggiunge D’Aprile «la scuola non è un’azienda e chi la dirige non può essere valutato come un amministratore d’impresa». E di «operazione molto grave» parla la segretaria generale della Flc-Cgil, Gianna Fracassi, che chiede il ritiro del provvedimento. «L’eliminazione dei nuclei di valutazione regionali, che assicuravano la collegialità del procedimento e l’attribuzione ai capi Dipartimento del compito di individuare annualmente gli obiettivi della valutazione – spiega – rendono la dirigenza scolastica subalterna agli obiettivi politici del ministro pro tempore, condizionando pesantemente anche l’autonomia delle istituzioni scolastiche».





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