Oggi apriremo un nuovo fronte nella mobilitazione contro il disegno di legge «Sicurezza»: quello delle città e dei territori. Siamo partiti da Roma lo scorso 14 dicembre, con una imponente manifestazione nazionale, e dopo due mesi di mobilitazione siamo arrivati a Bruxelles dove, con un’assemblea all’interno del parlamento europeo. Abbiamo chiesto che l’Italia diventi paese «osservato speciale» da parte delle istituzioni comunitarie a causa della svolta autoritaria che si profila all’orizzonte.
Adesso è ora di radicare la mobilitazione a livello regionale e metropolitano. Manifestazioni regionali si terranno a Napoli, Bologna e Milano, mentre a Roma il corteo antifascista in memoria di Valerio Verbano terminerà con un grande concerto e sarà declinato anche contro il disegno di legge «sicurezza». Iniziative e presidi si terranno anche a Lecce, Brescia, Genova, Trento, Schio, Padova, Vicenza, Udine, Campobasso, Isernia e altre città italiane.
Si tratta di un passaggio necessario, utile a farci trovare ancora più pronti quando l’iter parlamentare della legge arriverà in fondo, e torneremo a mobilitarci attorno ai palazzi del governo. Una mobilitazione necessaria soprattutto perché sono proprio le città lo spazio in cui già si misurano le politiche autoritarie che colpiscono per via amministrativa e con provvedimenti di polizia i settori sociali più deboli e marginali. L’ossessione per il «decoro» e per la sicurezza, si è trasformata da diversi anni nel tentativo di anestetizzare lo spazio pubblico e sociale. Architettura ostile, Daspo, persecuzione di chi vive in strada, militarizzazione delle periferie, profilazione razziale, riduzione di problemi come la casa a ordine pubblico. Il cosiddetto «modello Caivano» espropria chi vi abita di ogni potere sul futuro delle periferie, riproducendo lo stigma contro cittadini e cittadine considerati di serie B, non portatori di diritti ma classi pericolose da reprimere e controllare. Anche in questo caso l’opposizione ai provvedimenti governativi si sta costruendo da Quarticciolo a Scampia, passando per Corvetto e altri quartieri delle nostre città, intessendo relazioni e alleanze.
Dalla stagione dei sindaci «sceriffi», delle ordinanze razziste contro i poveri e i senza casa, le città sono state il terreno più visibile delle politiche razziste e violentemente securitarie. Non ci stupiamo che con l’istituzione per via amministrative delle «zone rosse» questi processi trovino oggi con il governo di Giorgia Meloni (e troppo spesso con l’assenso di sindaci di centro sinistra) il loro pieno compimento, anticipando in parte quello che è il provvedimento in discussione al senato.
L’aspetto che crediamo vada maggiormente letto e valorizzato nella mobilitazione di oggi è che la battaglia contro il disegno di legge «Sicurezza» non si sta presentando solo come una battaglia contro la repressione. Non una lotta di retroguardia dunque, ma un movimento che prefigura e costruisce un campo di opposizione al governo a partire da un minimo comune denominatore: la legittimità e l’esercizio del conflitto sociale. La stessa composizione della rete, fatta di un arco che va dai centri sociali alle forze politiche, dalla Cgil alla rete intersindacale di base, dai movimenti antirazzisti agli attivisti per la giustizia climatica, dai collettivi studenteschi alle associazioni garantiste e per i diritti umani, ce lo racconta in maniera plastica. È la stessa coalizione che si mobiliterà in tante città, riproducendo in maniera diffusa quanto costruito a livello nazionale.
Non si tratta solo di resistere quindi, di difendere l’esistente, ma di cominciare a scrivere l’agenda diritti, giustizia sociale e climatica, incompatibile con il progetto autoritario di Meloni e dei suoi amici oligarchi. Per farlo dobbiamo rifuggire i recinti identitari e abbandonare ognuno le nostre comfort zone, come abbiamo imparato a fare in questi mesi, ma non avere nessuna ambiguità rispetto a un dibattito sulla sicurezza come tema da declinare a sinistra. L’unica sicurezza che ci interessa discutere è quella della libertà di movimento per chi migra, dei diritti sociali, di un reddito e una casa per tutti, di un’antimafia che parli di antiproibizionismo e che sostituisca al welfare della criminalità organizzata un reddito di base universale, investimenti in istruzione e formazione.
L’autore è coportavoce della Rete No Ddl Sicurezza – A Pieno Regime
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