Non pagare l’affitto è reato? Ecco i rischi — idealista/news

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Il pagamento dell’affitto è uno dei doveri che gravano sul futuro inquilino una volta firmato un regolare contratto di locazione. A stabilire questo e a regolare il rapporto con il locatore è proprio il Codice Civile e, nello specifico, l’art. 1587, in cui vengono elencati i doveri dell’affittuario tra cui il versamento mensile di un canone. Considerato questo e il modo in cui la legge tutela entrambe le parti, cosa accade se la mensilità non viene pagata? Non pagare l’affitto può ritenersi un reato che può creare delle conseguenze di una certa importanza come ad esempio la denuncia dai Carabinieri per mancato pagamento? Per rispondere a questi interrogativi è opportuno partire proprio dal Codice Civile e da quanto enunciato nei suoi articoli. 

Cosa si rischia a non pagare l’affitto?

Come preannunciato, i rapporti tra inquilino e locatore sono regolati dal Codice Civile italiano, in particolare dal Libro Quarto – Delle Obbligazioni, Titolo III – Dei Singoli Contratti, Capo VI – Della Locazione (articoli 1571-1614). E proprio da questo insieme normativo si evince che non pagare l’affitto porta a conseguenze di ordine civile, ma non costituisce reato penale. Sebbene esista una certa tolleranza nel ritardo del pagamento dell’affitto, dopo averla superata l’inquilino può dunque andare incontro a conseguenze come:

  • sfratto per morosità: il proprietario può avviare una procedura di sfratto se il mancato pagamento si protrae per un certo periodo di tempo;
  • rimborso del debito: l’inquilino moroso è tenuto a saldare le mensilità arretrate, eventualmente con interessi;
  • iscrizione nei registri dei cattivi pagatori: se il proprietario ottiene un decreto ingiuntivo e l’inquilino non paga, il suo nominativo potrebbe essere segnalato;
  • pignoramento dei beni: in caso di debito ingente, il locatore può chiedere il pignoramento di stipendi o altri beni dell’inquilino.

Dal punto di vista penale, il mancato pagamento dell’affitto non configura un reato, sempre che, però, questo non sia accompagnato da atti fraudolenti, come la falsificazione di documenti o la sottrazione dolosa dal pagamento stesso. I proprietari di una casa da affittare possono tutelarsi da possibili situazioni del genere accedendo alla banca dati di morosità immobiliare, che segnala gli inquilini morosi.

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Cosa succede se una persona non paga l’affitto?

Quando un inquilino smette di pagare l’affitto, cosa può fare il proprietario? Può intraprendere un’azione legale per recuperare il credito e ottenere lo sfratto dell’inquilino. 

Perché questa procedura abbia inizio, però, devono trascorrere dei tempi tecnici. Nello specifico, all’affittuario di un immobile ad uso abitativo sono concessi venti giorni di tempo dallo scadere della data concordata per il pagamento. Passato questo tempo, il proprietario può agire in giudizio contro l’inquilino moroso. 

E cosa succede se non si paga l’affitto per un mese? Si va ugualmente incontro a delle responsabilità o si gode ancora di un margine di attesa? Molto dipende dal rapporto stretto con il proprietario e dalle condizioni che hanno portato alla momentanea morosità dopo, magari, anni di pagamenti puntuali. Dal punto di vista strettamente giuridico, però, la procedura può essere avviata anche per il mancato pagamento di una sola rata, purché dopo 20 giorni dalla scadenza. Se non si viene ad un accordo o all’estinzione del debito, dunque, questo è quanto accade ad un inquilino colpevole di morosità: 

  • invio di un sollecito di pagamento: il locatore può inviare una lettera formale intimando il pagamento entro un termine stabilito;
  • notifica dello sfratto: se il debito non viene saldato, il proprietario può rivolgersi al tribunale per avviare la procedura di sfratto per morosità;
  • udienza in tribunale: l’inquilino deve presentarsi all’udienza fissata dal tribunale di competenza nel luogo in cui si trova l’immobile. Se la parte interessata decide di non comparire all’udienza o, comunque, non presenta opposizione, il giudice provvede a pronunciare lo sfratto esecutivo. L’affittuario, però, può richiedere al giudice 90 giorni di tempo per reperire il denaro. Si tratta del cosiddetto termine di grazia. Oltre questo periodo avviene una seconda udienza volta ad accertare l’adempimento o, in caso contrario, dichiarare sempre lo sfratto esecutivo;
  • l’atto di precetto: si tratta di un atto emesso nel caso in cui l’inquilino non abbia sgomberato l’immobile dopo la sentenza. In questo modo il giudice concede ancora il termine di dieci giorni prima della data ultima per liberare l’appartamento. Da quel momento in poi, termina la procedura bonaria;
  • esecuzione dello sfratto: se l’inquilino non paga e non libera l’appartamento, il giudice autorizza l’ufficiale giudiziario a eseguire lo sfratto con l’ausilio della forza pubblica, se necessario. 

La procedura di sfratto, dunque, può durare da pochi mesi a oltre un anno, a seconda dei tempi della giustizia e di eventuali proroghe concesse al conduttore. Una casistica particolare, infatti, è rappresentata dalla presenza di minori o disabili. Per quanto riguarda i primi, infatti, spesso subentra l’intervento dei servizi sociali per evitare che rimangano scossi dall’accaduto. Per le categorie fragili, invece, prima di effettuare lo sfratto ci si deve accertare che la persona abbia trovato un altro alloggio dignitoso. 

La morosità incolpevole: quando non pagare l’affitto non è reato

Nonostante quanto detto fino a questo punto, la legge prevede una particolare situazione in cui l’inquilino moroso può beneficiare di particolari tutele. Si tratta della morosità incolpevole, una condizione in cui il mancato pagamento dell’affitto non dipende dalla volontà dell’inquilino, ma da circostanze impreviste come: 

  • perdita del lavoro: nello specifico licenziamento, cassa integrazione, riduzione orario di lavoro, mancato rinnovo del contratto, cessazione attività come libero professionista;
  • grave malattia: infortunio o decesso di un componente del nucleo familiare che abbia determinato una consistente riduzione del reddito complessivo della famiglia;
  • disastri naturali: terremoti o alluvioni che possono aver inciso sulla sopravvivenza di un’attività lavorativa comportando un improvviso calo del reddito.

Se rientra in queste categorie, dunque, l’inquilino può accedere a specifici fondi pubblici per evitare lo sfratto.

Chi può accedere al fondo per morosità incolpevole

A livello strettamente pratico, quando si fa riferimento al fondo per la morosità incolpevole s’intende un aiuto economico destinato agli inquilini che non riescono a pagare l’affitto per cause di forza maggiore. Questo vuol dire che, per accedere a questo diritto, la persona interessata deve rispettare alcuni requisiti fondamentali:

  • essere titolare di un contratto di locazione regolarmente registrato;
  • risiedere da almeno un anno nell’immobile per il quale si chiede il contributo;
  • dimostrare la perdita o riduzione significativa del reddito familiare;
  • avere un ISEE inferiore alla soglia stabilita annualmente dal governo. Nello specifico si tratta di cifre inferiori a 35mila euro oppure un reddito da regolare attività lavorativa con valore ISEE non superiore a 26mila euro;
  • dimostrare di avere la cittadinanza nel Paese dove si risiede o essere in possesso di regolare permesso di soggiorno. 

L’ammontare dell’aiuto economico varia ovviamente in base alla disponibilità dei fondi stanziati e alla situazione dell’inquilino, ma comunque è concesso fino a un massimo di ottomila euro.

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Chi ha la priorità all’accesso del fondo per morosità incolpevole

Non tutti gli inquilini morosi, però, possono beneficiare immediatamente del fondo. La legge prevede una scala di priorità per l’accesso ai contributi, dando precedenza soprattutto a famiglie con minori, persone disabili, over 65 e soggetti con gravi problemi di salute. A questi si aggiungono anche: 

  • inquilini nei cui confronti sia stato emesso un provvedimento di rilascio esecutivo per morosità incolpevole, disposti a sottoscrivere con il proprietario dell’alloggio un nuovo contratto a canone concordato;
  • inquilini la cui ridotta capacità economica non permette il versamento di un deposito cauzionale per stipulare un nuovo contratto di locazione; 
  • inquilini che, ai fini del ristoro, dimostrino la disponibilità del proprietario dell’immobile a consentire il differimento dell’esecuzione del provvedimento di rilascio.

Le domande vengono valutate dai comuni, che assegnano i contributi in base alle risorse disponibili e, ovviamente, vengono sottoposte a dei controlli. Una delle verifiche effettuate riguarda la condizione del richiedente, o di un componente del nucleo familiare. Nessuno, infatti, deve essere titolare di diritto di proprietà, usufrutto, uso o abitazione nella provincia di residenza di un altro immobile fruibile e idoneo alle esigenze del nucleo familiare.

Come fare richiesta per accedere al fondo per morosità incolpevole

A questo punto, però, quale procedura è necessario seguire per accedere al fondo per morosità incolpevole? Ecco, nello specifico, l’iter burocratico che deve seguire l’inquilino: 

  • raccolta della documentazione necessaria: si deve presentare il contratto di affitto, la documentazione reddituale e una dichiarazione che attesti la situazione di difficoltà economica;
  • fare domanda presso il Comune: la richiesta va presentata agli uffici comunali competenti o ai centri di assistenza sociale;
  • il Comune esaminerà la domanda e deciderà quindi se concedere il contributo;
  • erogazione del contributo: se la richiesta viene accolta, l’inquilino riceve il contributo direttamente o attraverso il pagamento del canone al proprietario.

I tempi per l’erogazione possono variare a secondo del comune di riferimento rispetto alla disponibilità economica che varia a seconda dei fondi stabiliti.

Quanti mesi si può stare senza pagare l’affitto?

Stabilito che non pagare l’affitto non comporta un reato penale, quanto tempo si può evitare di versare il canone previsto senza incorrere nello sfratto? La legge stabilisce che, in caso di mancato pagamento di almeno due mensilità, il proprietario può avviare la procedura di sfratto per morosità. Di fatto, però, può agire anche dopo una sola mensilità, purché abbia atteso i venti giorni dalla scadenza del termine prefissato. In alcune situazioni, poi, il giudice può concedere un periodo all’inquilino utile per regolarizzare la propria posizione. Se, però, il debito continua ad accumularsi, lo sfratto diventa inevitabile. Peraltro il proprietario dovrà verificare se le utenze dell’inquilino moroso sono state pagate, altrimenti si ritroverà in una situazione ancora più complicata.



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